Il primo ministro albanese Edi Rama racconta la vacanza di Meloni in Albania e il mancato incontro con Blair: «Nessun summit a tre, lui è partito il giorno in cui lei è arrivata»
L’Albania, separata dall’Italia da un fazzoletto di mare Adriatico, è diventata per qualche giorno il centro del dibattito nostrano. Per il boom turistico sulle sue spiagge, più competitive a livello di prezzi, ma soprattutto per la presenza a sorpresa della premier Giorgia Meloni, che ha passato qualche giorno di vacanza top secret. E che per Edi Rama, primo ministro dell’Albania, è ormai l’amica Giorgia, partner di sfide europee e alleata affidabile.
In Italia l’estate turistica è stata piena di polemiche, si è invece parlato del boom Albania. In cosa siete più competitivi?
Si, finalmente gli enormi sforzi fatti in questi anni non facili stanno cominciando a ripagarci, soprattutto a livello d’immagine dopo essere stati perseguitati per decenni dallo stereotipo degli albanesi ladri e criminali, Albania criminalizzata e corrotta.
Abbiamo investito sulla bellezza e le infrastrutture, ricostruendo, restaurando il patrimonio culturale e rigenerando i vecchi immobili comunisti.
Ma c’è soprattutto l’ospitalità albanese, la nostra più forte religione. L’apertura dei negoziati con l’Unione Europea, fatta sulla base di tanti risultati ottenuti, ci ha aiutato molto sia internamente sia nella scena internazionale. Con l’Italia però eviterei paragoni. L’Italia è stata toccata da Dio, che l’ha fatta diventare il più bel paese del mondo, mentre l’Albania ha avuto una storia brutale, che ci ha fatto affogare nel buco della più ostinata tirannia d’Europa durante la Guerra Fredda. Adesso stiamo finalmente alzando la testa, ma guai a montarsela.
Nessuna concorrenza con l’Italia, quindi?
Macché concorrenza. Ma stiamo scherzando? È come parlare di concorrenza tra la Roma di Mourinho e il nostro Partizani, che hanno fatto una partita d’estate a Tirana e il grande Josè ha tolto un giocatore quando i nostri campioni avevano esaurito i cambi. L’Italia è la nostra amatissima vicina e il nostro partner e alleato più fidato da tempi non sospetti, quando non solo accolse centinaia di migliaia di albanesi che fuggivano dall’inferno, ma portò in Albania tanti aiuti per permetterci di camminare dopo mezzo secolo nel più buio comunismo d’Europa.
Lei, da socialista, ha sempre parlato molto bene di Giorgia Meloni, che è stata sua ospite qualche giorno. Si è scherzosamente definito un Fratello d’Italia, quali sono i punti di contatto con lei?
Non è uno scherzo, è la verità, non solo per me ma per tutti gli albanesi. Poi lei è stata svelta a battezzare il suo partito con questo nome, questo aggiunge un po’ di sorriso a questa seria definizione! Con Giorgia è facile trovare punti di contatto se sei abituato a guardare dritto le persone, a dire come la pensi e soprattutto a non dire una cosa, pensarne un’altra e farne un’altra ancora. Le ideologie sono importanti per capire la storia e certi valori che rimangono attuali, ma le sfide di oggi hanno bisogno di una tale lucidità che gli ideologismi possono solo sminuire.
Quindi Meloni le piace, a livello politico?
Giorgia è forse il più spettacolare esempio di come il passaggio dalla poesia dell’opposizione alla prosa del governare non cambi le persone vere, ma le loro prospettive per colmare la distanza tra il dire e il fare. Lei è una vera, dice quello che pensa e pensa quello che dice. Per quel che mi riguarda, cioè nelle relazioni internazionali, Giorgia non ne ha ancora sbagliata una. Mentre per quello che vi riguarda sta a voi italiani giudicarla, non a me e non ad altri.
Lei sa che il viaggio di Meloni è stato circondato da un alone di mistero. Pur trattandosi di una visita privata, avete affrontato alcuni dossier?
Ma quale mistero, lei voleva riposarsi qualche giorno con la sua famiglia lontano dagli occhi dei giornalisti e dei paparazzi. Ha voluto vivere pochi giorni da persona normale e non doveva mica fare una conferenza stampa per dire che veniva. È venuta con il traghetto con tanti altri italiani, che sono stati contentissimi di vedere la loro leader attraversare l’Otranto con loro.
Quando è scesa a Valona non ha avuto nessuna accoglienza particolare, io non sono nemmeno sceso dalla macchina, ma li ho accompagnati nella residenza statale dove li ho lasciati in pace.
Ci siamo visti due volte, per una cena inevitabile secondo il manuale sacro dell’ospitalità albanese e poi per un caffè prima che lei partisse per l’Italia con lo stesso traghetto. Abbiamo parlato delle nostre vite e abbiamo fatto qualche risata ricordando episodi e amici comuni, ma tutto qui. I problemi del mondo li tratteremo quando ci vedremo in veste ufficiale.
Anche l’ex premier Tony Blair era in Albania, è stata l’occasione di un incontro a tre?
Tony era il mio idolo quando entrai in politica alla fine degli anni ‘90 e il New Labour fu la mia fonte d’ispirazione quando diventai leader del Partito Socialista e lo riformai secondo il modello basato su una nuova concezione della sinistra. Vado molto fiero della nostra amicizia e lui ogni tanto viene in Albania, ma vorrei sottolineare che non lo ha mai fatto per soldi e per noi è una tradizione passare un giorno insieme ogni estate. Lui però è partito per il Medio Oriente la mattina del giorno che Giorgia è arrivata e così no, non c’è stato nessun incontro a tre.
Sono in corso i negoziati per l’ingresso dell’Albania in Ue, con che tempi se ne attende il completamento e l’Italia potrebbe essere una favorevole sponda per il suo paese?
L’Italia è da sempre il nostro grande avvocato a Bruxelles e Giorgia continua e certamente continuerà nella scia di tutti i suoi predecessori, che hanno alzato la voce per la piena integrazione dell’Albania e di tutti i Balcani Occidentali nell’Unione Europea. Lei la chiama riunificazione europea e io non ho dubbi che non si darà pace per arrivarci. Ma, conoscendo come funziona l’Ue, parlare di tempi non fa bene alla salute, mentre fa un gran bene al paese lavorare sodo per arrivare alla meta.
Come ha impattato la guerra in Ucraina in Albania?
Io credo fermamente che Putin non abbia scatenato quella maledetta guerra semplicemente per prendersi l’Ucraina, ma anche per costringere il mondo democratico a ripensare l’ordine mondiale sotto la pressione delle bollette d’energia e dell’inflazione rampante.
Penso però anche che la grande “caduta di stile” della nostra alleanza euro-atlantica in Afghanistan e le lacune che l’Ue ha mostrato in materia di pensiero strategico abbiano illuso Putin quando ha ordinato la marcia su Kiev. Non mi sembra che la guerra finirà presto, ma per ora i maggiori danni hanno riguardato il futuro della Russia. In tutto questo l’Albania sta dalla parte giusta, che è certamente la parte dell’Ucraina e del mondo democratico.
Complice la guerra in Ucraina, la questione energetica è al centro ed è un settore importante nei rapporti tra l’Albania e l’italiana Eni. Con quali prospettive di sviluppo?
Noi siamo molto ottimisti sul futuro del nostro settore energetico e stiamo lavorando senza sosta per trarre il meglio dal nostro potenziale. L’Albania ha ancora importanti riserve di gas e di petrolio on shore da sfruttare e, in Albania centrale, l’Eni insieme alla Shell stanno lavorando con grande ottimismo e rispetto.
Un futuro che sembra positivo, nonostante la situazione nei Balcani sia instabile.
I Balcani sono oggi più europei che mai, ma non ancora del tutto. L’Albania è un piccolo paese e deve ancora fare sforzi importanti per arrivare dove meritano le nuove generazioni. Io dico “testa bassa e pedalare”, senza darsi quelle arie che in passato ci hanno fatto tradire in modo osceno le generazioni future.
© Riproduzione riservata