A più di tre settimane dalla riapertura scattata il 26 aprile, i numeri dell’epidemia continuano a calare e da lunedì prossimo tutta Italia sarà in zona gialla. Il presidente del Consiglio Mario Draghi e il ministro della Salute Roberto Speranza avevano definito la decisione di allentare gradualmente le restrizioni un «rischio ragionato». Oggi quel rischio sembra aver pagato, almeno per il momento.

I dati

Tre settimane sono un tempo sufficiente per osservare i primi effetti delle riaperture. L’ultimo monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità, pubblicato ieri, mostra che l’indice Rt continua a calare ed è sceso ormai a 0,78. L’indice pubblicato ieri si riferisce a due settimane, il calo annunciato, quindi, mostra che la velocità di diffusione dell’epidemia si è ridotta proprio nella prima settimana di riapertura: un segnale molto positivo.

Anche l’incidenza dei nuovi casi settimanali continua scendere ed è arrivata a 66 ogni centomila abitanti, molto vicino alla soglia di 50 casi ogni centomila abitanti che permette di tornare a compiere il tracciamento. Il quadro dell’epidemia è quindi «in deciso miglioramento», ha detto Silvio Brusaferro, presidente dell'Iss durante la presentazione del monitoraggio settimanale.

I timori

Lo scorso 16 aprile, l’annuncio delle imminenti riaperture da parte di Draghi e Speranza aveva acceso molte speranza tra i cittadini stanchi delle restrizioni, ma aveva preoccupato parecchi esperti. In quel momento, l’epidemia sembrava ancora fuori controllo. I decessi erano in media oltre 400 al giorno e c’erano più di 3.600 persone ricoverate in terapia intensiva, una cifra già ben oltre la soglia di allarme. Cifre lontanissime dal maggio 2020, quando al momento della riapertura i decessi erano meno di 200 al giorno e le persone in terapia intensiva circa 800.

Il timore che le riaperture avrebbero favorito un terzo picco di contagi, dopo quelli di marzo e dell’autunno 2020, era accentuato dalla presenza delle varianti più contagiose del virus. La variante B117, la cosiddetta “inglese”, era divenuta prevalente nel nostro paese soltanto nel corso del mese di marzo e in molti sospettavano che insieme ad un allentamento delle restrizioni avrebbe potuto contribuire a un nuovo picco dei contagi.

Le riaperture e vaccini

Nonostante le paure iniziali, l’allentamento delle restrizioni è stato graduale. Il 26 aprile bar e ristoranti, considerati dagli epidemiologi tra i luoghi dove è più facile che il contagio si diffonda, hanno riaperto, ma facendo servizio solo all’esterno. Il mantenimento del coprifuoco alle 22 ha probabilmente contribuito a ridurre ulteriormente le possibilità di contagiarsi.

L’impatto delle riaperture è stato limitato anche dal sistema a colori. Un mese fa, quanto il resto d’Italia tornava a pranzare e cenare fuori, gran parte del Sud era ancora in zona arancione e la Sardegna addirittura in zona rossa.

I vaccini sono un altro fattore che contribuito a questo risultato. Ad oggi, un terzo della popolazione italiana ha ricevuto almeno una dose di vaccino, che contribuisce non solo ad evitare le conseguenze più serie della malattia, ma fornisce anche una barriera parziale al rischio di infezione e trasmissione.

Gli effetti si sono visti per primi tra i personale sanitario e successivamente tra la popolazione anziana più in generale. A fine aprile, l’Istituto superiore di sanità scriveva: «L’età mediana al decesso è in diminuzione e ha raggiunto i livelli più bassi da marzo 2020 (79 anni)». È ancora presto per dire in quale misura i vaccini abbiano contribuito all’abbattimento della pandemia, ma sembra chiaro che abbiano avuto un qualche tipo di ruolo.

I costi

Tutto questo non significa che la pandemia sia improvvisamente sparita senza lasciare conseguenze. Tra il 16 aprile, il giorno dell’annuncio delle riaperture, e questa settimana, oltre 8mila persone sono morte in Italia a causa del Covid-19.

Dallo scorso marzo, l’Italia resta il grande paese europeo con il numero più alto in rapporto alla popolazione di decessi Covid giornalieri, un record che l’Italia detiene dall’inizio della seconda ondata lo scorso autunno e che ha perso soltanto nei mesi di gennaio e febbraio, quando è stata superati da Regno Unito, Francia e Germania.

Oggi sembra che ci siamo lasciati le fasi più drammatiche dell’epidemia alle spalle, ma queste ultime settimane hanno contribuito a consolidare il nostro non invidiabile primato. Con oltre 2mila morti ogni milione di abitanti, l’Italia resta il grande paese europeo più colpito dal Covid.

 

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