- Se Occhiuto vorrà cominciare bene dovrà liberarsi da Nino Spirlì, che pesa negativamente sull’immagine che gli italiani hanno della Calabria. Se Occhiuto darà un segnale del genere sarebbe un buon inizio, altrimenti vorrebbe dire che, nonostante i risultati, è prigioniero del passato.
- Una vittoria annunciata, quella di Occhiuto, anche al di sopra delle aspettative, favorita da tre fattori. Il primo, il soccorso al vincitore che spesso gli elettori fanno, una sorta di premio aggiuntivo, al candidato vincente. Il secondo fattore, è l’aiuto di Luigi De Magistris, prodotto anch’esso della deriva del Pd.
- Il terzo è l’aiuto fornito ad Occhiuto da Boccia e Graziano, i due dirigenti del Pd che hanno gestito le elezioni.
Roberto Occhiuto è il nuovo presidente di una Calabria che esce mutata dal voto confermando la tendenza alla vittoria delle destre. Dentro la coalizione cambiano i rapporti di forza perché la Lega perde consensi e Forza Italia è il partito vincente; forse questo dato potrà far rivedere gli accordi che prevedevano Antonino Spirlì alla vice presidenza. Se Occhiuto vorrà cominciare bene dovrà liberarsi da una presenza ingombrante e imbarazzante di un personaggio che pesa negativamente sull’immagine che gli italiani hanno della Calabria. Se Occhiuto darà un segnale del genere sarebbe un buon inizio, altrimenti vorrebbe dire che, nonostante i risultati, è prigioniero del passato.
Perché ha vinto
Una vittoria annunciata, quella di Occhiuto, anche al di sopra delle aspettative, favorita da tre fattori. Il primo, il soccorso al vincitore che spesso gli elettori fanno, una sorta di premio aggiuntivo, al candidato vincente. Il secondo fattore, è l’aiuto di Luigi De Magistris, prodotto anch’esso della deriva del Pd. Lui ha favorito le destre perché era evidente che una sua candidatura avrebbe impedito l’unità e frammentato il campo che si opponeva alla deriva di destra. E così è stato.
Un tentativo, il suo, definito da qualcuno generoso, ma che alla prova dei fatti s’è rivelato perdente: i tre personaggi simbolo del progetto non sono stati eletti, né lo stesso De Magistris, né Anna Falcone, né Mimmo Lucano nonostante l’ondata di affetto che lo ha travolto dopo la sbalorditiva sentenza del tribunale di Locri e le migliaia di voti ottenuti. È fallito, in sostanza, il progetto di aggregare una forza vincente a sinistra del Pd. E bisognerà capire i motivi del mancato voto e le ragioni profonde che hanno spinto intellettuali di varia provenienza a sostenere un uomo come De Magistris che nulla aveva a che fare con la storia e le lotte della Calabria progressista, sociale e di sinistra invece di scegliere, all’interno di una sinistra plurale che esiste in Calabria, una personalità in grado di aggregare forze e di competere.
Almeno due di quelle personalità, ne sono convinto, erano presenti nei firmatari dell’appello pro De Magistris e altre due fuori da quel perimetro. Adesso il problema è: cosa si farà di quei voti ottenuti, e sono tanti, che sono espressione di un pezzo importante di società che ha manifestato una propria soggettività? Ed è un problema di non poco conto.
Il terzo fattore è l’aiuto fornito ad Occhiuto da Boccia e Graziano, i due dirigenti del Pd che hanno gestito le elezioni, assieme ad altri 4-5 dirigenti calabresi che sin dall’inizio avevano impostato la battaglia elettorale per perdere pur di salvaguardare la possibilità di fare poi accordi trasversali. Chi un domani farà le liste elettorali si potrebbe rifare al metodo Boccia-Graziano e fare l’esatto contrario di quello che hanno fatto i due. Graziano è anche il protagonista della disfatta dell’anno scorso con la candidatura di Callipo. Hanno reso impossibile la candidatura di due personalità che, pur essendo diversi, avevano, il primo, l’idea di porre il PD al centro di una battaglia contro le destre senza fare coalizione e il secondo di lavorare per una coalizione larga che prosciugasse De Magistris e impedisse altre candidature. Non avendo la forza o il coraggio di fare una scelta, hanno trasformato il PD in un suk arabo dove si mettevano all’incanto le candidature con un casting di donne che avevano in comune solo il fatto di essere donne, ma non rispondevano a nessun disegno politico. La candidatura Ventura è nata così, e Boccia e Graziano hanno messo Letta, Conte e Speranza nella infelice posizione di sostenere una candidatura subito affossata da una interdittiva antimafia. Un autogol che ovunque avrebbe portato i due all’allontanamento dalla Calabria con l’obbligo di non farvi più ritorno. E invece sono rimasti lì a continuare ancora il casting fino alla scoperta di Amalia Bruni, persona rispettabilissima che la politica non aveva nulla a che fare.
I risultati elettorali sono figli di queste scelte. Se li raffrontiamo con quelli delle regionali di un anno fa la Bruni ha perso il 2,46% rispetto a Callipo. La sua coalizione ha eletto 8 consiglieri regionali a fronte dei 10 di Callipo, e la lista della candidata presidente non ha nessun consigliere mentre Callipo ne aveva eletti 3. E il PD perde 2 punti in percentuale e lo scettro di primo partito. I dirigenti hanno fatto peggio di un anno fa. Pagano un prezzo elevato alla incapacità di seguire la linea nazionale che ha puntato, vincendo, ad alleanze larghe. Nel PD calabrese è prevalsa la guerra civile fra le correnti, alimentata da un commissario regionale di parte che ha commissariato tutto, dalla federazione di Reggio a quella di Crotone. Eppure, bastava lavorare per l’inclusione, per la formazione di una coalizione davvero larga e competitiva per raggiungere un risultato davvero importante (il risultato di alcune liste mostra che erano liste fantasma). Gli elettori del PD hanno mostrato generosità e, nonostante i suoi dirigenti, hanno continuato a votare quel simbolo.
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