Il Movimento tiene grazie al voto del sud, che gli regala diversi collegi uninominali. Umiliazione per Di Maio, battuto nel collegio uninominale di Fuorigrotta da Sergio Costa, ex ministro del governo Conte I.
«E adesso, un voto in più del Pd». A metà nottata, quando i dati iniziano a registrare la crescita del Movimento, un parlamentare Cinque stelle ricandidato arriva a sperare nell’obiettivo che a inizio campagna elettorale nessuno avrebbe neanche osato immaginare a via di Campo Marzio: essere prima forza d’opposizione e relegare a terza forza politica gli ex alleati dem.
Il risultato non arriverà a tanto, ma il M5s porta a casa una rimonta che lo porta da sotto il dieci per cento dei sondaggi di fine luglio a un 15 per cento di consensi abbondante. Giuseppe Conte, che si intesta la rimonta dopo una campagna elettorale piazza per piazza soprattutto al sud, si presenta ai giornalisti intorno alle 3 di notte e si gloria del risultato, che pure non raggiunge nemmeno la metà del 32 per cento delle politiche del 2018.
I Cinque stelle saranno «intransigenti» e sono il primo partito al sud, dice il presidente. Ed è vero, il Movimento si è portato a casa tutti gli uninominali di Napoli e dell’hinterland. Conte promette soprattutto a questo elettorato la salvaguardia delle misure di bandiera dei Cinque stelle approvate durante l’ultima legislatura, primo fra tutti il reddito di cittadinanza.
Il risultato della notte regala a Conte anche un’altra carta. Ora infatti può trattare con il Pd da pari. Nell’ultima parte della scorsa legislatura i rapporti di forza sfavorevoli avevano indebolito l’avvocato pugliese, ma la percentuale raccolta ieri gli permette di punzecchiare gli ex alleati: «Vedremo se verranno dietro alle nostre battaglie di opposizione» dice in conferenza stampa, sottolineando che però non ci sarà «nessun cartello». Ma restano i cocci di un’alleanza, e Conte non esita ad attribuire la responsabilità di rottura ai dem. «Hanno compromesso una offerta politica che potesse essere competitiva col centrodestra che si è presentato unito».
Nel discorso di Conte il ringraziamento a Beppe Grillo arriva soltanto in risposta a una delle ultime domande dei cronisti, quasi a dare una prova tangibile di quanto il fondatore e la sua creatura facciano ormai vite separate. Quasi assente nella campagna elettorale, il comico fondatore del Movimento non è intervenuto nemmeno in video alla serata conclusiva della campagna elettorale. Il presidente del Movimento sottolinea che i due si sono sentiti «spesso» e che i Cinque stelle in campagna l’hanno sentito «vicino», lui che «è anche un grande esperto di comunicazione», un incarico che nella gestione Conte gli vale 300mila euro l’anno.
Stamattina Grillo ha diffuso un video per festeggiare il risultato.
Il fallimento di Impegno civico
La buona tenuta dei voti Cinque stelle al sud consente all’ex premier di mostrarsi magnanimo con l’ex compagno di partito Luigi Di Maio, la cui débâcle è totale. «Preferisco ricordare le battaglie fatte insieme a Di Maio, preferisco lasciare questo ricordo» si limita a dire Conte.
Il progetto del ministro degli Esteri uscente, che aveva lasciato il Movimento a giugno con sessanta parlamentari, non va oltre lo 0,6 per cento, restando addirittura lontana dalla soglia dell’1 per cento che avrebbe permesso di ridistribuire i voti nella coalizione.
Il primo commento social in nottata è quello di Sergio Battelli, presidente uscente della commissione Affari europei e fedelissimo di Di Maio, che in una storia Instagram ispirata alla schermata di “Game over” di Super Mario inserisce un selfie accanto alla scritta che compare alla fine del gioco. Il messaggio è fin troppo chiaro.
Di Maio fallisce anche il suo progetto personale di rielezione, nonostante un seggio uninominale contendibile messo a disposizione dal centrosinistra: a Fuorigrotta il ministro perde di ampia misura contro l’ex ministro dell’Ambiente del governo Conte I, Sergio Costa. Fallite anche le altre candidature di Ic: fuori gli ex ministri Lucia Azzolina e Vincenzo Spadafora, mentre l’unico che potrebbe riuscire a rientrare in parlamento è Bruno Tabacci, alleato del ministro degli Esteri.
Nessuna speranza anche per Davide Crippa. L’ex capogruppo dei Cinque stelle alla Camera aveva lasciato il partito dopo la caduta del governo Draghi fondando la propria associazione e aveva ottenuto dal centrosinistra la candidatura per il Senato a Giugliano, in Campania, dove è stato più che doppiato da Mariolina Castellone, capogruppo uscente del M5s a palazzo Madama.
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