La leader Pd benedice la candidata presidente M5s, il Sulcis avverte: da noi sono opposizione. Soru resta in campo: «I grillini cercano solo voti in vista delle europee. E Elly li lascia fare»
«Se sono in corsa? Non so più come dirlo, sì, sono assolutamente in corsa». L’ex presidente della regione Sardegna Renato Soru, in marcia longa verso le prossime regionali, si stupisce di ricevere ancora una volta la stessa domanda.
Che è: visto che il suo Pd ormai ha scelto la grillina Alessandra Todde come candidata presidente, lei che fa, si ritira? «No. Anche perché ho capito che da quella parte non desisteranno: non gliene importa nulla di dare alla Sardegna un buon governo, e neanche di perdere l’elezioni. Hanno obiettivi diversi».
Il disastro annunciato
La cronaca di questi giorni del centrosinistra sardo è quella di una morte annunciata. Da questa parte, in campo per il voto del 2024 – si celebrerà il 25 febbraio o più probabilmente il 3 marzo – ci sono due candidati, Todde e Soru. La prima ha voluto chiamare la sua coalizione (M5s, Pd e cespugli, «Hanno messo quattordici sigle, in molte dietro ci sono giusto alcune persone, in un caso ci sono marito e moglie», sciabola Soru) con un nome che, date le circostanze, sembra uno scherzo: «Sardegna unita».
Tanto «unita» non è, se non tiene dentro Soru e i suoi alleati Progressisti. Il secondo, appunto Soru, chiama il suo schieramento «Coalizione sarda» e il suo movimento «Rivoluzione Gentile». Per fare un passo indietro chiede le primarie, che però sono state escluse da tempo dal Pd e dal tavolo del centrosinistra. La scelta della candidata è arrivata formalmente da un tavolo dello schieramento, a maggioranza. Nei fatti è arrivata da Roma, con un accordo fra Pd e M5s.
Soru e i suoi hanno provato a rilanciare: se non volete fare le primarie, almeno accettate una qualche forma di consultazione popolare. La risposta è stata no. Mercoledì 29 novembre a Cagliari, in una stanza del consiglio regionale, i suoi ambasciatori hanno di nuovo offerto al Pd collaborazione. Ma ancora a patto di far svolgere le primarie: la risposta è la stessa, no.
E si capisce. La settimana scorsa la federazione di Cagliari ha convocato una festa dell’Unità fuori stagione per dare un palco alla segretaria Elly Schlein dal quale potesse benedire la corsa della grillina. Lei lo ha fatto. Ma di lì ha lanciato un appello al dialogo a «Renato», cioè Soru, e a «Massimo», cioè Zedda, ex sindaco di Cagliari e leader dei progressisti.Ha anche aggiunto una sottolineatura: «Siamo qui per ribadire l’unità del Pd».
Perché la lingua batte dove il dente duole: Schlein ormai sa che l’ex presidente e ex segretario del Pd sardo (peraltro suo sostenitore alle primarie) è può portarsi via una fetta degli elettori dem. E forse anche qualche dirigente.
I malumori sono forti: la federazione del Sulcis-Iglesiente ha scoccato un documento severo: «Le decisioni adottate ai fini di convergere su un unico candidato hanno sortito evidentemente l’effetto contrario rispetto all’auspicio di salvaguardare l’ampiezza e la tenuta della coalizione», dice, e chiede «che la direzione regionale valuti gli effetti conseguenti al mutamento delle condizioni politiche generali venutesi a creare all’interno della coalizione, in ragione della quale si ritiene necessario rafforzare, anche attraverso una vasta condivisione nei circoli e nelle federazioni, lo spirito unitario». Tradotto: i sindaci di Iglesias e Carbonia hanno i Cinque stelle all’opposizione. E come si fa trattarli come alleati alle regionali?
Il piano inclinato
Si balla sul Titanic, ma nessuno è in grado di cambiare la rotta. A Cagliari, a un compagno di partito che chiedeva a Schlein le ragioni di questa vocazione al martirio, e perché proprio la Sardegna debba essere immolata sull’altare del campo giallorosso, lei ha lasciato intendere di essere consapevole che Giuseppe Conte gioca con il Pd come il gatto con il topo: «Fa gli accordi solo dove ha il candidato presidente». È preoccupata per la rottura di Soru. Conte invece francamente se ne infischia. Anzi un parlamentare di rango ci ha spiegato che «Soru non toglie voti a Todde, li toglie alla destra, quindi tutto sommato se insiste con la sua corsa ci dà una mano».
Todde tira dritta: sabato scorso ha iniziato la sua campagna da Cagliari con i dipendenti comunali «in lotta per fermare l’esodo di personale dagli enti locali verso la regione». Nella stessa città Soru ha presentato un libro sulla violenza maschile contro le donne. Sui social qualcuno ha provato a dire che le femministe non possono che votare una donna: provocando un’insorgenza di commenti negativi.
I Progressisti provano ancora ostinatamente a lavorare per l’unità: stamattina in una conferenza stampa alla Regione presentano una proposta di legge attuativa dello Statuto e della legge statutaria che – rispettivamente all’art.15 e all’art.8 – prevedono le primariep per tutti. «Se non si fanno, si lede un diritto dei cittadini. E arriveranno contenziosi. Davvero i Cinque stelle, sempre pronti a parlare di legalità, vogliono violare la legge?», chiede Luciano Uras. Il 7 dicembre Graziano Milia, sindaco di Quartu, che è del Pd ma ha un profilo civico, presenterà un movimento tutto suo, «Rinascita sarda». Destinato a pesare. O di qua o di là.
Resta che Soru non fa passi indietro. Di nuovo a Domani risponde senza esitazioni: «Mi sono dato un obiettivo, battere il centrodestra e porre fine all’esperienza disastrosa della giunta Solinas. E lo sto facendo perché sono certo che la candidatura di Alessandra Todde, imposta da equilibri romani, è destinata a perdere. E a lasciare il governo al centrodestra».
Proprio ora che il centrodestra è spaccato: in questo week end Lega e Forza Italia hanno confermato che sosterranno Solinas, mentre Fdi (che sembrava essersi convinto) ha di nuovo fatto marcia indietro. Soru proprio non si capacita: «Forse qualcuno nel Pd vuole utilizzare la sconfitta per regolare qualche conto. Ma ai Cinque stelle interessa solo una cosa: prendere più voti alle europee, anche in Sardegna dove erano scomparsi. E perseguire l’unico vero obiettivo che hanno: proporsi come guida della sinistra dell’Italia. E il Pd li lascia fare».
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