Domenica prossima Elly Schlein e Stefano Bonaccini saranno in Umbria al fianco della candidata presidente Stefania Proietti. Per la segretaria non è la prima volta nella regione da quando la sindaca di Assisi si è lanciata nella corsa. Ma, dopo la sconfitta del centrosinistra in Liguria, qui la campagna elettorale ha ingranato un’altra marcia. E il Pd fa la chiamata alle urne.

Eppure la cifra degli ultimi giorni sarà quella di una competizione tutta regionale, non quella della rivincita nazionale. Circola un sondaggio che lascia ampi margini di speranza. Proietti non terrà a distanza i leader, ma la coalizione scommette tutto sul suo profilo civico.

Anche per fare da controcanto a quello che da queste parti i vecchi comunisti chiamano, con antica espressione, «ministerialismo». A sostegno della presidente uscente, la leghista Donatella Tesei, la destra ha convocato mezzo governo. Un viavai di ministri che recitano le più tradizionali promesse pre elettorali. Due giorni fa, a una platea di confindustriali riuniti a Orvieto, Matteo Salvini ha promesso nuove strabilianti infrastrutture. Così hanno fatto altri suoi colleghi, spesso finendo per rispolverare vecchie proposte della sinistra. Il risultato è che Tesei, personalità non trascinante, finisce in ombra.

Ma è un rischio che deve correre: i suoi cinque anni di governo non sono stati gloriosi. Secondo un sondaggio di Swg, oltre il 66 per cento dei cittadini chiede un cambiamento di rotta su, nell’ordine, trasporti, scuola, sicurezza, sostegno alle famiglie. E il 72 per cento considera l’operato della presidente poco o per niente efficace.

Con queste premesse, il punto per il centrosinistra resta portare i propri al voto. Per farlo, non deve andare in onda il film delle divisioni liguri. «Non succederà», promette Proietti, «qui la situazione è stata diversa da subito: la coalizione si è unita attorno al mio nome addirittura prima che accettassi la candidatura. Va aggiunto che quattro delle sette liste dell’alleanza che mi sostiene sono civiche che fanno da collante ai partiti, coesi pur con le loro sfaccettature in una coalizione plurale».

L’unica similitudine «è la candidatura di un sindaco, come sono anch’io: sindaca e unica candidata civica di questa tornata elettorale». «La partita è aperta, ma Stefania se la sta giocando molto bene, può vincerla», secondo Walter Verini, democratico umbro di peso, e amico della candidata.

Zero polemiche

La destra è unita, FdI ha digerito la conferma di Tesei, e ha imbarcato anche il sindaco di Terni Bandecchi. Il centrosinistra deve scegliere la modalità zero polemiche interne, dunque. È il patto non scritto delle forze politiche. Sperando che regga. La coordinatrice di Italia viva, Raffaella Paita, ha dato fiato a qualche malumore: «In Umbria i nostri candidati sono stati nascosti in una lista civica.

In Emilia-Romagna il candidato presidente de Pascale ha invece voluto la nostra presenza nella lista del presidente quindi faremo una partita a viso aperto. Ovviamente ci auguriamo che in entrambe le situazioni vinca il centrosinistra, ma confermo il fatto che dove il centro è più visibile e forte, dove Iv riesce a portare il valore aggiunto di un voto moderato, le vittorie sono più semplici».

Dall’altro lato dell’alleanza, la rossoverde Elisabetta Piccolotti, deputata e folignate, rassicura: «In Umbria la coalizione è larga e solida, lavora insieme da molto tempo, fin dalla scorsa tornata delle comunali in cui abbiamo ottenuto la straordinaria vittoria di Perugia. Proietti ha forti relazioni con la società civile umbra», mentre la destra ha ridotto la regione a una succursale della Lega.

Fa l’esempio della sanità: «La scelta di affidare l’assessorato ad un leghista veneto», il veronese Luca Coletto, «invece che a una persona che conosce il territorio ha provocato molti danni». Infine, di nuovo, la candidata civica: «Proietti è la persona giusta per vincere, ha un profilo civico apprezzato anche dagli elettori che votarono cinque anni fa per la Tesei e ha forti relazioni con la società civile umbra».

Anche la Cgil in campo

Mercoledì pomeriggio nella sala del Cral della Perugina c’erano almeno trecento persone, convocate dalla Cgil. Il segretario Maurizio Landini era invitato a spiegare lo sciopero generale lanciato proprio mercoledì, con la Uil, per il prossimo 29 novembre. Prima del 29, però, c’è il 17 e il 18, il giorno del voto. Landini non ci ha girato intorno: «Il mio invito è andare a votare» perché «quando la metà dei cittadini a votare non ci va più vuol dire che non si sentono più rappresentati da nessuno e finisce che in realtà quelli anche che vincono le elezioni rappresentano una minoranza perché la maggioranza è quella che non va a votare».

Poco prima, dal palco, la segretaria regionale Maria Rita Paggio l’aveva detto ancora più chiaro presentando il programma del sindacato «per cambiare il futuro della regione: l’Umbria è un paradigma del paese, siamo una regione piccola ma con una lunga e orgogliosa tradizione democratica».

La Cgil schiera uno dei suoi nelle liste rossoverdi, il giovane Fabrizio Ricci. Anche lui, come tutti, insiste sul tasto dell’affluenza: «La maggioranza assoluta di persone che non sono andate a votare in Liguria è composta soprattutto da chi è in difficoltà economica, dalle fasce più deboli della popolazione. Ed è proprio a quel pezzo, sempre più grande, della nostra società, che la politica e la sinistra in particolare, vogliono e devono parlare.

In Umbria, nelle ultime amministrative, quelle dello straordinario successo del centrosinistra e di Vittoria Ferdinandi a Perugia, questa operazione almeno in parte è riuscita. Ora c’è bisogno di alimentare quella partecipazione, di rinforzarla ed estenderla a tutti i territori».

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