- Storie di «impegno politico dal basso, di militanza sui temi e sui contenuti, che arrivano dal sud, dal centro e dal nord del Paese» oggi all’evento della possibile candidata al congresso Pd.
- Non vuole essere la candidata di una corrente, ma per farcela deve convincere, dopo Dario Franceschini, anche la sinistra Pd. E chiarire di non essere una che spinge gli avversari verso l’uscita, o verso una scissione.
- Intanto a Firenze Dario Nardella rinuncia alla corsa in proprio, guiderà la campagna di Stefano Bonaccini.
Domenica mattina a Roma, al Monk Club, prima di Elly Schlein parleranno Elvira Tarsitano, assessora a Mola di Bari, e Elisa Ferretti, di Arquata del Tronto. Testimonianze, fra le altre, di «impegno politico dal basso», viene spiegato, «storie di militanza sui temi e sui contenuti, che arrivano dal sud, dal centro e dal nord del paese». Alcune del Pd, altre no.
Sarà la cifra dell’evento che forse non è ancora l’ufficializzazione della candidatura di Schlein, ma l’assicurazione che al congresso ci sarà.
Ci saranno pochi quadri di partito, pochi volti noti. Non sono stati invitati. In generale, i dirigenti che l’hanno chiamata per sapere di più dell’appuntamento, si sono sentiti rivolgere un semplice: «Passi?». Non “passa” dunque Francesco Boccia, che ha un altro impegno. Simpatizza per lei ma non ha deciso: «Sto facendo le assemblee sui territori che servono a far crescere la fase costituente», risponde, «a facilitare gli ingressi e le mobilitazioni di queste settimane». E se si va subito alla conta sui candidati, «si rischia di trasformare il congresso in rodeo, mentre bisognerebbe ascoltarli tutti, proprio perché siamo nella prima fase di confronto».
Invece “passa” Peppe Provenzano, anche lui non ancora ufficialmente suo sostenitore. Anzi in precedenza si è fatto vedere anche a un’iniziativa di Dario Nardella, il sindaco di Firenze che sabato, nella sua città, si è unito alla corsa da segretario di Stefano Bonaccini. “Passano” Michela Di Biase, di Aredem, e Chiara Braga. Non ci sarà per impegni precedenti il deputato e capo dell’organizzazione Stefano Vaccari, ma è come se ci fosse perché simpatizza; ci sarà invece Marco Furfaro, deputato anche lui. Entrambi sono ex zingarettiani e vicini a Enrico Letta.
E qui va detto che c’è un filo rosso che lega Schlein a Nicola Zingaretti. Il Monk Club è il locale “rigenerato”, ex tempio del jazz, quartiere Casalbertone Portonaccio, dove l’ex presidente del Lazio ha convocato la prima «Agorà» con Enrico Letta. I simboli contano. Zingaretti simpatizza. Letta anche, ma non si schiererà in quanto «garante» del congresso: però in queste ore una parte dei suoi stanno virando su Bonaccini.
Assenti in ascolto
Dunque più che le presenze, domenica vanno tenute d’occhio le assenze. Il giovane europarlamentare Brando Benifei era partito in quarta, ma ora viene dato in ripensamento anche lui sulla strada di Bonaccini. Che lavora fitto a attirare dalla sua anche gli incerti franceschiniani.
Altri dell’area di sinistra si collegheranno alla diretta social per ascoltare. Anche quelli che, come l’ex ministro Andrea Orlando, hanno lasciato trasparire un’apertura di credito. Senza esagerare perché il punto è un altro, si è lamentato sabato: «L’attenzione è più rivolta alla tattica che al merito delle questioni discusse», ha spiegato. «Uno scambio di battute cordialissimo in un corridoio della Camera con Elly Schlein è diventato per alcuni giornali un sostegno alla sua candidatura, per altri un veto». E invece Orlando insiste «sul merito delle sfide che attendono il Pd». E cioè formulare proposte per andare in «una direzione diversa rispetto ad alcuni dei caratteri predatori dell’attuale capitalismo», insomma «per capire qual è il nodo irrisolto del Pd e della sua identità bisogna partire dalla mancata critica alla globalizzazione sregolata».
È la sfida che attende il Pd, certo, ma per il momento è quella che domenica attende Schlein. Che al pari di Bonaccini non vuole essere candidata di nessuna corrente, anzi vuole «destrutturare» le correnti. Ma se vuole provare a farcela dovrà convincere qualche capocorrente. E in primis della sinistra interna. E deve anche chiarire bene di non essere l’ex OccupyPd, l’ex scissionista, che a questo giro spinge i riformisti verso l’uscita. Che è già l’accusa che, più o meno apertamente, le viene rivolta...
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