Il conduttore «moderato» registra videoeditoriali per FdI e in studio polemizza con gli ospiti delle opposizioni. Intanto cura e fa crescere le sue attività parallele. Anche quest’anno sta per ricominciare il Forum in masseria
Chissà se Max Steiner, quando ha composto il tema di Via col vento, avrebbe mai pensato che i telespettatori italiani avrebbero finito per associare quella melodia alle interviste politiche.
Secondo la vulgata l’intuizione di utilizzarlo come sigla di Porta a porta, il più longevo programma di approfondimento politico del servizio pubblico, è stata dell’autrice Antonella Martinelli. Ci sarebbe stato scetticismo, nel 1996, ma la scelta ricalcava l’idea iniziale del programma, quella di mescolare politica e spettacolo.
Prima puntata: Romano Prodi e Milly Carlucci, un bingo inaspettato. Oggi, 28 anni dopo, il programma è ormai più che adulto e le sue tre seconde serate girano intorno al conduttore e alle sue idee: gli ospiti sono solo sparring partner a cui decidere di volta in volta se alzare la palla oppure schiacciarla in faccia.
Bruno Vespa, ottant’anni appena compiuti, in una recente intervista al Corriere della Sera ha detto che se fosse stato di sinistra la sua carriera sarebbe stata più semplice. Un’affermazione forte, per chi è in onda dal 1962, ha ricoperto all’incirca qualunque direzione di peso nel servizio pubblico tra cui quella del Tg1, e arriva a indicare come suo editore di riferimento nientemeno che «il Padreterno».
Con gli anni è diventato signore dell’approfondimento politico in Rai. Ma nel suo stile, quello per cui a chi è al potere – editore della Rai forse più del Signore – non si fa mai troppo male. Una condizione che gli ha permesso di organizzare un mondo di rapporti di potere che ormai vanno ben oltre le serate tra le poltroncine bianche degli studi di via Teulada.
Visibilità e accoglienza
La contropartita che Vespa può offrire è sempre visibilità e accoglienza nel suo salotto. Che comunque è uno status symbol per chiunque, anche per chi non vorrebbe prestarsi ai riti rodati del sistema di potere politico-televisivo italiano. Certo, c’è chi ha approfittato della sua ospitalità più di altri, ma alla fine tutti si sono piegati.
Una certa resistenza l’avevano fatta i Cinque stelle, salvo poi cedere e adeguarsi, autorizzati dal grande ritorno in Rai di Beppe Grillo, che si era presentato con sottobraccio un plastico che raffigurava una “prigione” in cui erano rinchiusi politici e volti del sistema, incluso lo stesso Vespa. Ma per avere in studio il comico fondatore il giornalista sarebbe stato disposto a tutto: solo un intervento del centrosinistra di allora aveva evitato che Grillo portasse la sceneggiata in studio.
Ma offrire le condizioni migliori al potere per ospitarlo fa parte del ricettario di Vespa da sempre: indimenticato è anche il riferimento sulla puntata «cucita addosso» al leader di An Gianfranco Fini, come l’ex direttore aveva assicurato al suo portavoce prima della serata.
«Tutto stile personale» rispondono dall’azienda. In Rai ormai durano da più tempo di lui soltanto gli studi dai quali trasmette (perfino il Cavallo morente di viale Mazzini è arrivato quattro anni dopo la sua assunzione, nel 1966). Impossibile da mettere in discussione, impossibile negargli un desiderio.
Suo figlio Federico ha lavorato in azienda da esterno con contratti sia a Isoradio sia a Radio 2. La sua storica inviata Vittoriana Abate, sposata con il deputato leghista Simone Billi, è appena sbarcata ad Agorà estate. Stile Rai 3 poco, cronaca à la modellino della viletta di Cogne tanta. Ma dal servizio pubblico «nessuna perplessità» anche sulle ultime prese di posizione del conduttore che si definisce «moderato» ma registra videoeditoriali nella sede Rai con sovrimpresso il logo di FdI.
Tocco Bruno
È di pochi giorni fa l’ultimo exploit, andato in scena con ospiti Marco Furfaro (Pd) e il neo eurodeputato leghista Roberto Vannacci. Dopo l’ennesima tirata del generale sulla gloria della X Mas, il deputato dem aveva provato a replicare polemizzando sul fatto che non fosse accettabile ascoltare «nel servizio pubblico un parlamentare europeo che dice che la Decima ha avuto una stagione gloriosa».
Apriti cielo. «Non le consento di dire che sul servizio pubblico non si possa ospitare un parlamentare europeo che ha preso 500mila preferenze» ha tuonato Vespa, che ha continuato spiegando che la Decima ha avuto «due momenti».
Un episodio simile, pochi giorni prima, con Elly Schlein. Di fronte alla segretaria che prometteva battaglia contro i pro-vita che si accingono a entrare nei consultori grazie a uno degli ultimi provvedimenti del governo, Vespa la correggeva. «Sono lì per impedire alle donne un accesso a un’interruzione di gravidanza sicura». «Non per non farle abortire». «Per fare pressione, dottore, per noi è lo stesso» «Per informare, mettiamola così». Conversazione chiusa, per Vespa: saluta Schlein, che sorride in camera con la stessa serenità di Mike Tyson.
Per non parlare dell’ormai leggendaria serata in cui si discuteva di aborto con sette ospiti maschi e della pezza peggiore del buco per giustificare gli inviti: le donne contattate «non hanno dato disponibilità». Momenti di cui il servizio pubblico dell’èra Meloni, già sotto osservazione per una lunga serie di altri motivi, non avrebbe granché bisogno.
Peraltro, con le serate speciali che totalizzano ascolti che fanno dubitare di quanto sia davvero necessario l’esoso ingaggio del giornalista-artista, categorizzazione con cui Vespa da anni giustifica il fatto di essere oltre il tetto dei 240mila euro annui.
Flop pesante, per esempio, l’ultima serata post elettorale: il 10 giugno Vespa commentava i risultati delle europee con un’ampia platea di ospiti, incluso il direttore dell’Approfondimento Rai Paolo Corsini. Risultato: un misero 5,87 per cento, con Rai 1 battuta sia da Rete 4 sia da La7.
Anche se la vera trovata della Rai targata Meloni sta proprio nell’ennesima riproposizione di Vespa, stavolta nell’access time: il suo Cinque minuti, incastonato tra Tg 1 e Affari tuoi, anticipa l’ospite della seconda serata o, in alternativa, offre una piattaforma solida per trasmettere anche ai telespettatori che in seconda serata saranno altrove, i punti chiave dell’agenda meloniana. Tipo quando è partito da Chico Forti in carcere a Verona per raccontare il glorioso ritorno in Italia di un condannato per omicidio. Riportato in patria nientemeno che da Giorgia Meloni.
Tutto il resto
Vista l’ultima serata elettorale, però, meno male che il core business del giornalista si muove anche su altre strade. Una su tutte, la masseria Li Reni, tenuta di proprietà dove il Forum in masseria negli ultimi anni ha ospitato talmente tanti membri del governo da rivaleggiare con una riunione del Consiglio dei ministri.
Tanti di loro che poi sono ospiti nel programma, ma questo è un dettaglio. Per il mese prossimo sono già in agenda Matteo Renzi, Vittorio Sgarbi e il generale Vannacci: i bene informati giurano che i piatti forti devono ancora arrivare.
Nell’edizione invernale di febbraio, alle terme di Saturnia c’erano otto ministri: Anna Maria Bernini, Marina Elvira Calderone, Maria Elisabetta Alberti Casellati, Francesco Lollobrigida, Gilberto Pichetto Fratin, Gennaro Sangiuliano, Daniela Santanchè, Adolfo Urso.
C’è poco da stupirsi se appena qualche chilometro più in là, a Borgo Egnazia, la settimana scorsa ai capi di governo e di stato ospiti per il G7 veniva servito il suo vino (ma solo quando a offrire era palazzo Chigi, mentre il Quirinale ci ha tenuto a puntare su altre etichette).
Per assaggiarlo però basta prendere un Frecciarossa, dove pure c’è possibilità di gustare il suo primitivo “Il Bruno” in carrozza-bar. Così come non stupisce che alle presentazioni dei suoi libri ci siano sempre ospiti blasonati, oppure che ci sia sempre qualcuno che veda in lui il miglior moderatore possibile per un convegno di settore, dal Vinitaly alla candidatura dell’Aquila a capitale della cultura, passando per appuntamenti gestiti da ministeri di ogni tipo. Sempre gli stessi volti al tavolo, che sia il programma in seconda serata, una presentazione, una cena o un convegno.
Tanto domani è un altro giorno, come diceva Rossella O’Hara, e con un po’ di fortuna è uno di quelli in cui va in onda Porta a porta.
© Riproduzione riservata