Meloni e Tajani sono in prima linea per ottenere i voti che consentirebbero Roma di andare al ballottaggio. Biden sostiene la capitale in ottica anti saudita mentre la Francia guarda a Riad
Al quartier generale dell’Expo 2030 di Riad iniziano ad appalesarsi i primi dubbi su quella che consideravano una vittoria sicura al primo turno.
A spostare gli equilibri è stato il forte endorsement pubblico da parte dell’amministrazione di Joe Biden alla candidatura di Roma, che insieme a Busan (Corea del Sud) e la città del regno saudita si contendono l’edizione di Expo 2030. «Gli Stati Uniti accolgono con favore la candidatura dell’Italia a ospitare l’esposizione universale nel 2030, riconoscendo l’opportunità di utilizzare l’Expo come piattaforma inclusiva per trovare soluzioni condivise a sfide comuni».
Un comunicato chiaro, pubblicato dopo l’incontro a Washington tra Biden e Meloni. Da giorni, la partita per l’assegnazione dell’Expo è diventata una questione geopolitica, di rapporti internazionali e di contrapposizioni. Il sostegno americano a Roma avviene nelle stesse ore in cui in Russia il presidente Vladimir Putin è seduto a tavolino con oltre 17 leader africani, molti dei quali sono ancora indecisi se votare per Roma o per Riad.
Da parte di Mosca, non c’è alcun interesse nel favorire il governo italiano di Meloni, che si conferma uno dei più atlantisti in Europa e tra i sostenitori più importanti di Kiev. Il Cremlino non ha scrupoli a influenzare il voto in favore di Riad (già in altre occasioni i servizi diplomatici russi hanno mostrato ingerenze esterne nei confronti dell’Italia). Il regno finora si è mantenuto equidistante nella guerra in Ucraina e con la Russia mantiene buoni rapporti.
La settimana di Meloni
A inizio luglio il principe ereditario Mohammed bin Salman era sicuro di ottenere i 120 voti necessari per la vittoria al primo turno. A Roma ne basterebbero circa una 60ina per andare al ballottaggio (di cui venti in Africa) e sperare poi in una rimonta. Non è un obiettivo impossibile. Lo sanno bene la premier Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani e i nostri servizi diplomatici e consolari all’estero.
La settimana per spingere la candidatura di Roma si è aperta la scorsa domenica quando alla Farnesina si è tenuta la conferenza sull’immigrazione e la cooperazione alla quale hanno partecipato oltre venti stati, dell’Africa e del medioriente.
In quell’occasione, Meloni è riuscita a ottenere anche il sostegno del capo di stato degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed bin Zayed. L’unico esponente di alto livello venuto dai paesi del Golfo Persico e che ha tutti gli interessi nel boicottare Riad. L’Arabia Saudita, invece, ha inviato a Roma solo il suo ministro dell’Interno.
Lunedì e martedì la capitale ha anche ospitato centinaia di diplomatici in occasione del vertice della Fao sulla sicurezza alimentare co-organizzato dall’Italia. Un’opportunità per realizzare incontri bilaterali e una prova di forza per dimostrare ai paesi indecisi che il governo italiano è in grado di gestire una logistica imponente, anche in vista di un Expo che porterebbe nella capitale milioni di visitatori (in quello di Dubai ne sono arrivati 24 milioni).
Rapporti internazionali
Non stupisce il sostegno pubblico degli Stati Uniti all’Italia. L’amministrazione Biden non ha mai avuto un ottimo rapporto con la monarchia saudita. Basta pensare che a poche settimane dal suo insediamento, i servizi di sicurezza americani avevano pubblicato un rapporto in cui il principe bin Salman veniva accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista saudita del Washington Post, Jamal Kashoggi, avvenuta nel consolato di Istanbul il 2 ottobre del 2018.
A questo si sommano le recenti tensioni per l’alzamento del prezzo del petrolio voluto da Riad all’interno dell’Opec e le distensioni tra il regno e l’Iran avvenute grazie alla mediazione cinese.
Il ruolo della Francia
«Mi pare che la Francia abbia da tempo dato il proprio appoggio a Riad», aveva detto la premier Meloni dopo aver incontrato il presidente francese Emmanuel Macron lo scorso giugno. «Non mi permetto di giudicare noi ci concentriamo su chi non ha ancora espresso le proprie preferenze». I rapporti tra i due governi non sono idilliaci in questo momento. E il nervosismo per la conferenza sulle migrazioni dello scorso 23 luglio – dove non erano state invitate Francia e Germania – non ha fatto altro che acuire le tensioni.
Non stona il sostegno francese a Riad, visto gli interessi economici di Parigi nei paesi del golfo Persico (vedi l’appoggio ai mondiali di calcio in Qatar).
Insomma, quella che si è appena conclusa è stata una settimana piena per l’Italia, ma competere con i sauditi – che hanno già investito in Expo oltre 7 miliardi di dollari – non è semplice. Questa lunga partita di scacchi si concluderà a Parigi a fine anno in uno scrutinio a voto segreto dove tutto può cambiare.
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