Il presidente della Repubblica ha condannato la repubblica di Salò. E definito il culto della personalità e del capo un «virus micidiale»
In occasione delle celebrazioni del giorno della Memoria al Quirinale dedicata ai “Giusti tra le nazioni”, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato un discorso che è partito dal passato per affrontare i rischi del presente, mettendo l’attenzione sulla nuova ondata di antisemitismo emergente in Italia e in Europa e sulla situazione in medio oriente.
All’evento ha preso parte anche il sopravvissuto alla Shoah, Sami Modiano, al quale i presenti hanno tributato un lungo applauso. Presenti in platea i più alti rappresentanti della comunità ebraica. Davanti a loro, e alla presenza della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, di una folta delegazione di ministri e dei presidenti delle camere, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, il capo dello stato ha pronunciato parole nette di condanna della Repubblica di Salò e del fascismo.
«Non c’è torto maggiore che si possa commettere nei confronti della memoria delle vittime che annegare in un calderone indistinto le responsabilità o compiere superficiali operazioni di negazione o riduzione delle colpe, personali o collettive. Non si deve mai dimenticare che il nostro paese, l’Italia, adottò durante il fascismo – in un clima di complessiva indifferenza – le ignobili leggi razziste: il capitolo iniziale del terribile libro dello sterminio; e che gli appartenenti alla Repubblica di Salò collaborarono attivamente alla cattura, alla deportazione e persino alle stragi degli ebrei», ha detto Mattarella.
Il discorso del Colle, pur focalizzato sulla celebrazione del giorno della Memoria, ha contenuto una lezione sull’antifascismo che è diventata il tratto di molti suoi interventi istituzionali, come è stato anche per le celebrazioni del 25 aprile, in cui ha ricordato che la Repubblica è «fondata sulla Costituzione» e questa è «figlia della lotta antifascista».
Parole che, pur pronunciate in una cornice istituzionale e sempre pesate in modo attento, non passano mai inosservate. Molti dirigenti di FdI, nonché esponenti del governo Meloni, faticano a pronunciare parole di condanna nei confronti del fascismo, preferendo contestualizzarlo come fatto storico.
Il culto della personalità
«Le ideologie di superiorità razziale, la religione della morte e della guerra, il nazionalismo predatorio, la supremazia dello Stato, del partito, sul diritto inviolabile di ogni persona, il culto della personalità e del capo, sono stati virus micidiali, prodotti dall’uomo, che si sono diffusi rapidamente, contagiando gran parte d’Europa, scatenando istinti barbari e precipitando il mondo intero dentro una guerra funesta e rovinosa», ha detto Mattarella.
Il passaggio sulla tendenza al culto del capo, pur riferita all’ideologia novecentesca del nazifascismo, è stata colta come un accento non trascurabile. Tuttavia i discorsi del presidente non si commentano, dice il bon ton istituzionale, e così è stato per tutti i dirigenti di FdI.
Anche Meloni è rimasta in silenzio, commentando solo a margine della cerimonia i rischi per la manifestazione pro Palestina in programma per oggi. «Ci preoccupa abbastanza in questo momento», ma «in Italia, come sapete, rispettiamo il diritto di manifestare».
L’unico accenno è stato quello della segretaria del Pd, Elly Schlein, che ha definito quelle di Mattarella «parole che rinsaldano un patrimonio collettivo di memoria e consapevolezza. Un patrimonio che tutti farebbero bene a conservare e proteggere». L’affermazione della Shoah come male assoluto è «principio condiviso e verità storica cui nessuno può derogare».
Le parole del presidente si sono poi concentrate sulla situazione presente, ammonendo sul «ritorno, nel mondo, di pericolose fattispecie di antisemitismo: del pregiudizio che ricalca antichi stereotipi antiebraici, potenziato da social media senza controllo e senza pudore». E ha rivolto alle comunità ebraiche italiane un messaggio chiaro: «L’Italia è la loro casa e la Repubblica, di cui sono parte integrante, non tollererà, in alcun modo, minacce, intimidazioni e prepotenze nei loro confronti».
La situazione in Israele
Mattarella ha anche scelto con attenzione le parole da usare per affrontare la situazione in medio oriente e il conflitto in corso in Israele, con i bombardamenti sui civili a Gaza che hanno già prodotto oltre 27mila vittime, seguiti alla strage terroristica del 7 ottobre in cui hanno perso la vita circa 1200 israeliani.
Il presente, secondo Mattarella, mette i popoli davanti «a un nuovo crinale apocalittico»: il 7 ottobre rappresenta «una pagina di vergogna per l’umanità» che è «immagine di una raccapricciante replica degli orrori della Shoah».
Tuttavia – nonostante Israele sia «un paese a noi vicino e pienamente amico, una reazione con così drammatiche conseguenze sui civili, rischia di far sorgere nuove leve di risentimenti e di odio. Può accrescere gli ostacoli per il raggiungimento di una soluzione capace di assicurare pace e prosperità in quella regione, così centrale nella storia dell’umanità e così martoriata».
La posizione nei confronti delle violenze sui palestinesi, dunque, è nettissima e proprio a questo è dedicato il passaggio più netto del discorso, con riferimento al diritto della Palestina a esistere: «Coloro che hanno sofferto il turpe tentativo di cancellare il proprio popolo dalla terra sanno che non si può negare a un altro popolo il diritto a uno stato».
Il riferimento, inequivocabile, è alla strada del “due popoli, due Stati”, indicata dalla comunità internazionale come la via verso la pace in Israele.
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