- Ferri era stato la sorpresa del primo turno: candidato terzo incomodo in una città che non è la sua (lui è nato a Pontremoli) ma dove ha fatto il magistrato fino al 2013, ha preso il 15,2 per cento. Al ballottaggio, la sua scelta a sorpresa: l’apparentamento con Caffaz, candidato della Lega.
- Invece ha vinto con il 57 per cento la candidata del centrosinistra Cosima Arrighi, con il centrodestra di Simone Caffaz fermo quindici punti più in basso.
- . Ad allargare la crepa coi dem, però, è stato il tocco irrisorio che Ferri ha voulto farsi scappare quando ha dichiarato l’apparentamento con la Lega: «Spero che il Pd perda».
«Siamo pronti all’opposizione», sono state le prime parole di Cosimo Ferri, quando sullo schermo è comparso il risultato del voto al ballottaggio per il comune di Carrara: 57 per cento per la candidata del centrosinistra Cosima Arrighi, con il centrodestra di Simone Caffaz fermo quindici punti più in basso. Terzo arrivato al primo turno, Ferri aveva scelto l’apparentamento con il candidato leghista uscito sconfitto.
Non è abituato a perdere, Ferri. Magistrato in aspettativa, ex capocorrente di Magistratura indipendente e tra i nomi del caso Palamara, figlio del ministro democristiano Enrico Ferri, è noto per la sua abilità a destreggiarsi al confine politico tra destra e sinistra: sottosegretario del governo Monti in quota Forza Italia, nel 2018 si è candidato con il Pd e poi è passato a Italia Viva. Questa volta, però, il suo fiuto politico ha sbagliato.
Ferri era stato la sorpresa del primo turno: terzo incomodo in una città che non è la sua (lui è nato a Pontremoli) ma dove ha fatto il magistrato fino al 2013, si è candidato – aveva detto a Repubblica– perchè «non se l’è sentita nessuno» e ha preso il 15,2 per cento. Al ballottaggio, la sua scelta a sorpresa: l’apparentamento con Caffaz, candidato della Lega. «Ma non è un vero leghista, è un civico», si è giustificato, spiegando che il centrosinistra gli aveva offerto solo «un piano B», ovvero non un apparentamento formale ma solo una sorta di appoggio esterno. Tradotto: nessuna spartizione del premio di maggioranza in caso di vittoria.
L’apparentamento con il centrodestra non ha colto alla sprovvista: Ferri è stato autonomo nelle scelte al ballottaggio come nell’iniziativa di caricarsi in proprio una campagna elettorale dagli esiti inaspettati anche per Italia Viva, che poco o nulla ha potuto davanti al deputato. Ad allargare la crepa coi dem, però, è stato il tocco irrisorio che Ferri ha voulto farsi scappare quando ha dichiarato l’apparentamento con la Lega: «Spero che il Pd perda».
Soprattutto questo ha suscitato reazioni durissime nel Pd, con cui Ferri è stato eletto in parlamento nel 2018 prima di passare a Italia Viva. La stessa Italia Viva che è parte integrante della maggioranza di centrosinistra al governo in regione Toscana. «Il Pd locale ha proposto a Ferri delle possibilità di accordo per il governo della citta' anche dopo il primo turno, ma nell'unico incontro che c'è stato con la candidata, Ferri ha sempre e solo chiesto l'apparentamento, per avere eletti in consiglio comunale», aveva ribattuto infuriata la dem Simona Bonafè, deputata e segretaria regionale del partito.
Nel giorno dopo i risultati, Ferri rilancia immemore della sconfitta: «Lancio nell'interesse di Carrara una prima sfida alla sindaca. Dimostri di essere indipendente e scelga una squadra di assessori sulla base delle competenze. Porti avanti la mia idea di un assessore alla transizione ecologica, alla disabilita' e indichi una persona alla cultura che sappia davvero rilanciarla».
Certamente lo strappo tra Italia Viva e il Pd locale è stato forte e ci vorrà tempo per rimarginarlo, anche se la vittoria del Pd nonostante il tentativo di sabotaggio di Ferri ha rafforzato i dem e messo in difficoltà i vertici locali del partito di Renzi.
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