Quattordici parlamentari hanno votato a favore, tranne due contrari, Grasso e l’ex pentastellato Gregorio De Falco, mentre Pd e M5S si sono astenuti. Adesso si va al giudizio dell’Aula. Renzi assicura che non si vuole sottrarre al processo: «Un battaglia di civiltà»
Matteo Renzi conquista un primo successo nell’ambito dell’inchiesta sulla fondazione Open che lo vede indagato per finanziamento illecito. Non riguarda l’aspetto giudiziario, su cui i magistrati hanno lavorato e continuano a lavorare, ma un aspetto più “procedurale”.
La giunta per le Immunità del Senato, infatti, ha dato il via libera alla relazione della senatrice di Forza Italia, Fiammetta Modena, che ha sollevato un conflitto di attribuzione alla Corte costituzionale contro i magistrati di Firenze che indagano sulla fondazione dell’ex premier. I pm avrebbero inserito nel fascicolo dell’inchiesta una chat con l’imprenditore Vincenzo Manes del 3-4 giugno 2018, ma all’epoca Renzi era già senatore. Secondo Modena, quindi, gli inquirenti avrebbero dovuto chiedere prima una formale autorizzazione al Senato. Cosa che non è avvenuta.
La relazione ha ottenuto 14 voti favorevoli (quelli di Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Italia viva). Due sono stati i contrari (l’ex presidente del Senato Pietro Grasso e l’ex M5s Gregorio De Falco) mentre i senatori di Pd e M5s si sono astenuti. Ora sarà l’aula di palazzo Madama a doversi esprimere sull’argomento, ma per Renzi questa prima vittoria è già sufficiente per esultare: «Oggi al Senato la giunta ha riconosciuto a larghissima maggioranza che esiste una violazione della Costituzione da parte dei pm fiorentini Turco e Nastasi. Si tratta di una decisione fondamentale per la battaglia di civiltà che sto combattendo».
«In altri casi – ha detto – alcuni colleghi parlamentari hanno chiesto di utilizzare l’articolo 68 della Costituzione per evitare il processo. Io no. Io non chiedo di evitare il processo: chiedo solo che si sanzioni il comportamento illegittimo e incostituzionale del dottor Turco e del dottor Nastasi. Io non ho violato la legge, gli inquirenti hanno violato la Costituzione: questo è ciò che dimostrerò in tutte le sedi istituzionalmente. Io non scappo dalla giustizia, io chiedo giustizia».
Versioni a confronto
I magistrati accusati da Renzi avevano già spiegato che i messaggi contestati sono finiti nelle carte dell’inchiesta perché inviati ad altri soggetti e non come acquisizioni dirette. Ma la relazione dell’ex presidente del Senato Grasso, che sosteneva proprio questa tesi, è stata respinta.
Per Modena, al contrario, pur essendo le intercettazioni indirette legittime, in questo caso si trattava di «corrispondenza». Per questo era necessario un diverso trattamento.
«Ritenendo che il messaggio scritto su WhatsApp rientri pleno iure nel concetto di “corrispondenza” – si legge nella relazione –, appare illegittimo il sequestro dello stesso senza una preventiva autorizzazione del Senato».
I messaggi tra Renzi e Manes riguardavano un viaggio dell’ex premier a Washington che sarebbe stato pagato dalla fondazione Open 135mila euro. Per Modena «non è solo un fatto tecnico», anzi: «Dopo l’irrazionalità nella determinazione dei conflitti tra potere giudiziario e legislativo, è necessario ritrovare dei punti di equilibrio oggettivi senza un abbrutimento del dibattito politico».
Voto vista Colle
Come spesso capita in questo periodo, anche la votazione della Giunta viene letta con le lenti, probabilmente distorte, dell’elezione del prossimo presidente della Repubblica. Ancora una volta, infatti, Lega, FdI, FI e Italia viva si sono trovati dalla stessa parte. Con Pd e M5s che sono stati messi in minoranza.
«In questa bella giornata – ha detto Renzi – dispiace per l’atteggiamento del Pd che finisce per astenersi inseguendo il Movimento 5 stelle. Quello che era un partito riformista e garantista insegue oggi Conte e i suoi adepti nel peggior populismo, quello giudiziario. Sono curioso di vedere come voteranno in aula a scrutinio palese i colleghi del Pd, ricordando i princìpi sui quali sono stati eletti».
I rappresentanti del M5s hanno spiegato di essersi astenuti dopo aver «chiesto un supplemento di istruttoria per acquisire il decreto di sequestro, il decreto di perquisizione e le ordinanze del tribunale del riesame». «Il nuovo fronte Lega-Forza Italia-Italia viva – hanno scritto in una nota – ha bocciato la nostra richiesta. C’era evidentemente una volontà politica precostituita». Anche il Pd aveva chiesto di raccogliere ulteriore documentazione.
Non è ancora chiaro quando verrà calendarizzato il voto in Aula mentre fonti parlamentari, forse con eccessiva sicurezza, spiegano che l’esito finale sarà uguale a quello della commissione. Di certo c’è che nel frattempo l’asse Lega-FI-FdI-Italia viva potrebbe risultare decisivo per eleggere il prossimo presidente della Repubblica.
Per il resto chissà se a Renzi basterà la linea “è tutta colpa dei magistrati” per fugare tutti i dubbi sull’operato della fondazione Open.
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