Quasi un anno fa l’esponente di Italia viva aveva provato a scoraggiare il procuratore aggiunto Luca Turco con una missiva con tanto di firma e indirizzo del Senato
Il senatore Matteo Renzi quasi un anno fa aveva provato a scoraggiare il procuratore aggiunto Luca Turco, che stava indagando su di lui, con una missiva inviata il 27 novembre 2020. Lettera con tanto di firma e indirizzo del Senato. Il testo, che riporta l’intestazione “Senato della Repubblica” in ogni pagina, inizia così: «Signor procuratore aggiunto, torno a scriverle nel procedimento che mi vede da lei iscritto nel registro degli indagati per finanziamento illecito ai partiti».
La lettera si trova tra le migliaia di pagine dell’inchiesta sulla fondazione Open. Renzi invoca l’immunità parlamentare ancor prima che si concludano le indagini, inviando copia della lettera alla presidente del Senato, Elisabetta Casellati, al procuratore della Repubblica di Firenze, Giuseppe Creazzo, al vice presidente del consiglio superiore della magistratura, David Ermini.
Alle autorità giudiziarie non è consentito, senza la preventiva autorizzazione della Camera di appartenenza, sottoporre a perquisizione personale o domiciliare un parlamentare, azione di fatto mai avvenuta. Renzi sostiene che l’acquisizione di «e-mails, sms, WhatsApp, messaggistica istantanea, posta tradizionale» finiti nel novero degli atti della procura viola i diritti del parlamentare: «Come Ella sicuramente sa signor procuratore – scrive Renzi –l’accusa ha il dovere di utilizzare la procedura prevista dalla Carta costituzionale e dalla Legge», e aggiunge: «Non posso credere che una inchiesta di così forte valore simbolico e mediatico possa essere viziata non solo da una invasione di campo nelle prerogative del potere legislativo a addirittura da profili di incostituzionalità.
Per rafforzare il messaggio ha allegato alla lettera al procuratore un suo intervento al Senato: «Ho avuto modo di intervenire su tali aspetti ribadendo con forza il principio di separazione dei poteri e criticando quindi le indebite invasioni di campo». Sia nella lettera sia nell’intervento al Senato, Renzi parlava inoltre della possibilità che fosse stato violato il segreto d’ufficio.
A un anno di distanza Renzi, come riportato dal Fatto Quotidiano, è tornato a invocare l’immunità parlamentare, questa volta scrivendo il 7 ottobre alla presidente Casellati per chiederle di far rispettare «le guarentigie costituzionali del parlamentare».
La Giunta per le immunità ne discuterà martedì 16 novembre. Turco nonostante la lettera di quasi un anno fa come ha dimostrato la chiusura delle indagini ha deciso di andare avanti.
Il 21 settembre l’ex presidente del consiglio ha riscritto alla procura, questa volta tramite i suoi avvocati: il 4 ottobre gli è stato risposto che «l’utilizzazione di dati processuali sia stata operata non già nei confronti del loro assistito, bensì di altro indagato non soggetto alle guarentigie invocate». Adesso tocca al parlamento esprimersi sul caso Renzi.
© Riproduzione riservata