A sei mesi dall’insediamento da presidente della Regione Lazio, il bilancio è magro. Nessuna riforma è stata messa in cantiere tra quelle annunciate. L’attività legislativa regionale è impantanata. Ma tante pedine sono state piazzate secondo i propri desiderata in ruoli chiave, spesso combacianti con quelle della destra regionale
Ci voleva il portavoce Marcello De Angelis per farci ricordare chi fosse il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca. Certo, qualche settimana fa, l’ex presidente della Croce rossa ci ha messo del suo, ritirando il patrocinio assegnato al Roma Pride.
È stato l’unico momento in cui ha accantonato il basso profilo, la cifra dell’uomo in grado di riportare la destra al potere nel Lazio. Fin dalla campagna elettorale, Rocca è stato quasi invisibile, lasciando la platea agli altri, caratteristica che inizialmente è molto piaciuta alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Nella sua terra d’elezione, la premier non voleva uno di quei candidati iperattivi e smaniosi di visibilità. Rocca ha accettato il ruolo di buon grado, con la consapevolezza di avere la vittoria in tasca, grazie anche alle divisioni degli avversari, centrosinistra e Movimento 5 stelle.
Solo che, a sei mesi dal suo insediamento, il bilancio è magro: nessuna riforma messa in cantiere tra quelle annunciate, l’attività legislativa regionale impantanata. Ma tante pedine sono state piazzate secondo i propri desiderata, combacianti spesso con quelle della destra regionale.
Nonostante le movenze da uomo mite, infatti, Rocca non è stato con le mani in mano. Ha subito valorizzato il legame con l’imprenditore delle cliniche private e deputato della Lega, Antonio Angelucci, anche editore de Il Tempo, storico giornale di Roma.
La prima delibera di giunta ha garantito un finanziamento di 23 milioni di euro alla sanità privata e oltre 10 sono stati destinati alle strutture di Angelucci. La motivazione dell’investimento? Far fronte all’intasamento dei pronto soccorso, a conferma del progetto di privatizzazione in cantiere per la sanità.
Del resto il rapporto tra i due è di vecchia data. Rocca era, fino al 2022, nel cda della fondazione San Raffaele, creata dalla famiglia Angelucci, ed era alla presidenza di Confapi Sanità proprio insieme a Giampaolo Angelucci, figlio di Antonio Angelucci.
Salute privata
La salute, prima di tutto insomma. E su questo tema, l’ex presidente della Croce rossa italiana ha detto di volersi giocare tutto. Solo che le prime promesse vacillano. Aveva garantito un accorciamento delle liste di attesa e il potenziamento delle reti ospedaliere locali, perché il sistema era troppo romanocentrico.
Per quanto è ovvio che non abbia la bacchetta magica, non si scorge nulla all’orizzonte. Ci sono state alcune iniziative fantasiose. Tra gli atti della giunta di centrodestra, c'è la delibera che impone la richiesta di una «preventiva autorizzazione regionale» prima di decretare nuove assunzioni o scorrimenti in graduatoria.
Una decisione assunta quando la sanità laziale era sotto commissariamento e che ha rallentato, se non bloccato, assunzioni e concorsi nel periodo estivo, il più critico. Così come il potenziamento delle reti ospedaliere locali resta alla voce buoni propositi.
Tanto che la Asl di Frosinone ha provveduto, con risorse proprie, a effettuare dei lavori in emergenza. Ci sarebbe poi il piano di edilizia sanitaria, che prevede la realizzazione di nuove strutture ospedaliere: era già avviato, in parte, dalla giunta Zingaretti.
La restante quota è stata finanziata con una somma derivante da fondi Inail, regionali e del Pnrr. La rendicontazione sarà complicata. E, sempre nel settore sanitario, c’è la querelle dell’ex ospedale Forlanini: doveva tornare alla sanità pubblica, oggi prende quota l’ipotesi di cessione all’Inail per poi affidarlo alla fondazione Bambino Gesù.
Ritorno a destra
Rocca ha poi condotto un’operazione di restaurazione del vecchio sistema di potere della destra, con il ritorno in auge di figure legate alla presidenza di Francesco Storace e della giunta dell’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno.
Un nome su tutti rende chiaro la sua strategia: Alessandro Ridolfi, nominato direttore generale della Regione Lazio. La sua carriera è legata a doppio filo alla destra laziale.
È stato coordinatore della segreteria di Francesco Epurator Storace, ai tempi della presidenza. Un rapporto che si è consolidato in quegli anni. E infatti, quando nel 2005 Storace diventò ministro della Salute, lo volle con sé nei panni di direttore dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali.
A sua volta, già durante la presidenza alla Croce Rossa, Rocca piazzò Ridolfi alla guida della Sise, una società della Cri siciliana. Dal mondo di Storace proviene pure Marco Buttarelli, per cui era capo di gabinetto.
Con Rocca è balzato alla presidenza di Lazio Crea, la società che tra le varie cose «lavora alla realizzazione del sistema informativo regionale, contribuendo alla semplificazione e digitalizzazione dei processi interni della Regione Lazio».
Il direttore amministrativo dell’ospedale Sant’Andrea, Angelo Scozzafava, conduce all’epoca di Alemanno al Campidoglio: dal dicembre 2008 al giugno 2013 ha ricoperto l’incarico di direttore del dipartimento per la promozione dei servizi sociali.
Sempre vicino all’ex sindaco di Roma è Orazio Campo con cui era stato avviato un tavolo di lavoro urbanistico tra Comune di Roma e ordini professionali; con Rocca è diventato commissario dell’Ater di Roma.
Ed è tornato pure Giorgio Ciardi, già consigliere comunale e delegato alla sicurezza con la maggioranza di Alemanno, indicato come il nuovo commissario straordinario di Lazio Disco.
Oltre alle nomine di estrazione politica, c'è un altro profilo contestato dalle opposizioni, quello di Serafino Liberati, messo a capo dell’Osservatorio della legalità, nonostante l’ex generale dei carabinieri avesse in tasca la tessera della Loggia P2 di Licio Gelli.
Tra Rocca e Liberati la conoscenza è di vecchia data: è stato consigliere militare della Croce rossa per 15 anni. Oltre alla restaurazione, il felpato Rocca ha adottato una linea improntata allo scarso rispetto per le opposizioni. Le minoranze in consiglio regionale non ricevono informazioni sulle riunioni della giunta, nemmeno l’ordine del giorno, e apprendono tutto dai comunicati del giorno dopo.
© Riproduzione riservata