La segretaria del Pd, Elly Schlein, aveva preso le redini del partito lanciando la campagna di liberazione dai cacicchi che tra i democratici controllano tessere, consensi e voti. Aveva usato parole chirurgiche: «Anche dentro di noi abbiamo dei mali da estirpare, non vogliamo più vedere stranezze e cose irregolari sui tesseramenti, non vogliamo più vedere capibastone e cacicchi».

Sotto al Garigliano, il fiume che segna il confine tra terra campana e quella laziale, il presidente della regione, Vincenzo De Luca, decide ancora quando albeggia e quando tramonta il sole dentro e fuori il partito. Dall’appello della segretaria, marzo 2023, sono passati oltre dodici mesi e i cacicchi sono sempre al loro posto.

Non tutti, nelle scorse ore Franco Alfieri è stato arrestato per corruzione e turbativa d’asta, siamo ancora nella fase delle indagini preliminari, ma oltre il dato giudiziario c’è quello politico: familismo e conflitto d’interessi erano tratti distintivi delle politiche del fedelissimo del governatore. Perché era ancora nel Pd? Nelle stesse ore un’altra indagine per corruzione ha coinvolto un altro peso massimo del potere deluchiano, il consigliere regionale Giovanni Zannini, nel feudo casertano.

«La verità è che il partito in Campania è ancora in emergenza, questa inchiesta giudiziaria allontana il congresso e il ritorno alla normalità», spiega Sandro Ruotolo, parlamentare europeo del partito, vicinissimo alla segretaria di cui è stato portavoce della mozione proprio in Campania. Il punto è che i cacicchi sono ancora tutti lì e la magistratura arriva a segnalare una questione nota e ignorata. «È vero, ma noi siamo una forza democratica e nel nostro partito si dibatte e si rispettano tempi e procedure.

Detto questo, personaggi come Alfieri penso che non possano far parte della nostra comunità. La questione morale deve arrivare prima dell’intervento giudiziario, la vicenda penale non mi riguarda, ma agire dopo è perfettamente inutile, fallimentare», dice Ruotolo che punta dritto al dominus politico campano.

Oliviero fuori

De Luca passa il tempo ad analizzare i conflitti internazionali, le politiche del governo, discetta anche di cucina molecolare, «una schifezza», con l’auspicio del ripristino della «cucina tradizionale». Di Alfieri, però, non parla. Un governatore brillante e per nulla pronto alla resa in vista delle regionali del prossimo anno. E qui si apre l’annosa questione del terzo mandato. «Noi siamo contrari, riteniamo che sia necessaria un’alternanza soprattutto quando ricopri per anni incarichi monocratici e hai la responsabilità di amministrare centinaia di milioni di euro. Urge il ricambio.

De Luca ha iniziato ad assumere incarichi di rilievo quando Schlein aveva cinque anni, ora inizia il decimo anno da presidente della regione Campania», ragiona Ruotolo che non risparmia bordate sul governo regionale. «Ci sono migliaia di campani che vanno fuori a curarsi, è l’unico presidente di regione, terminato il commissariamento, che si è tenuto la delega del settore. Dei risultati bisognerà pur tener conto o no?».

L’indagine della magistratura, che ha portato in carcere Alfieri, ha confermato quanto emerso negli anni e a conoscenza di molti, l’utilizzo di un sistema familistico di gestione della macchina amministrativa con l’impresa di famiglia impegnata in subappalti con ditte affidatarie di lavori nel comune di Capaccio Paestum, dove Alfieri è sindaco.

Proprio De Luca, suo mentore politico, lo aveva definito il re delle clientele. Nel 2019 le autoambulanze della ditta privata di un imprenditore amico furono utilizzate per festeggiare la vittoria elettorale, questo non ha impedito ad Alfieri di restare al suo posto nel Pd e di candidarsi alla guida della provincia di Salerno, con successo, nel 2022.

A festeggiarlo anche Piero De Luca, deputato democratico e figlio del governatore: «Un risultato straordinario, è stata la vittoria della politica del fare», diceva De Luca junior. Anche questa volta il Pd è arrivato tardi, perché nessuno è intervenuto prima?

«Bisogna dirsi chiaramente che il commissariamento del partito è stato causato da condotte che impongono delle scelte e la rimozione di quelle cause, al presidente del consiglio regionale, Gennaro Oliviero, non bisogna rinnovare la tessera visto quanto accaduto nel suo feudo a Sessa Aurunca», tuona Ruotolo. Eppure proprio in provincia di Caserta sono stati tremila gli iscritti ai nuovi circoli dem, con un record proprio a Sessa, risultato che ha portato gli uomini di Oliviero a pretendere le scuse.

Piuttosto che le scuse ora arriva questa presa di posizione di Ruotolo che potrebbe terremotare il partito. «Non è una battaglia tra corrente maggioritaria o minoritaria, ma tra medioevo e rinnovamento, ora bisogna scegliere. Il partito delle fritture è finito, bisogna liberare il Pd e aprire i circoli come già sta avvenendo, sono ottimista perché ci sono le condizioni per ricominciare», conclude Ruotolo.

© Riproduzione riservata