- Non solo nel simbolo è tracciato il legame di Fratelli d’Italia con il fascismo storico, la stessa segretaria Giorgia Meloni nella suo libro richiama più volte l’ottantennale continuità ideale del suo movimento.
- Se il fascismo è il “male assoluto” la Repubblica sociale ne fu l’applicazione pratica. Come detto da quelle ceneri sconfitte dalla democrazie Alleate nasce il Movimento sociale italiano, quindi la domanda è lecita: quale è il contributo politico e culturale che quell’esperienza porta dentro Fratelli d’Italia, partito che non ha mai abiurato il fascismo.
- La paziente costruzione di una narrazione conservatrice in cui inserire il proprio partito è un’opera politica notevole, che già ha cambiato Fratelli d’Italia in alcuni aspetti e ne ha preparato l’arrivo al potere. Al contempo non c’è stato il minimo segnale di cesura con le radici ideali che affondano nel fascismo.
Non solo nel simbolo è tracciato il legame di Fratelli d’Italia con il fascismo storico, la stessa segretaria Giorgia Meloni nella suo libro richiama più volte l’ottantennale continuità ideale del suo movimento. La senatrice a vita Liliana Segre ha chiesto alla leader di Fratelli d’Italia di cambiare il logo del suo partito: «Nella mia vita ho sentito di tutto e di più, le parole pertanto non mi colpiscono più di un tanto. A Giorgia Meloni dico questo: inizi dal togliere la fiamma dal logo del suo partito», ha scritto su Pagine ebraiche.
Sulla scia del della Repubblica sociale
Ma cosa significano storicamente questi richiami? Alla fine del 1946 vari esponenti del fascismo storico che avevano partecipato all’ultima e più oscura fase fondarono il Movimento sociale italiano, che già nel nome scartava di poco da quello della Repubblica sociale italiana, per mantenere vive in Italia le idee del fascismo.
La Repubblica di Salò fu lo stato fantoccio voluto da Hitler e gestito da Mussolini e rappresenta il reale spartiacque della guerra in Italia, perché di fatto ha innescato la guerra civile innalzando a dismisura il livello di violenza in Italia.
Come hanno stabilito i maggiori storici, in quel periodo la Repubblica di Salò rappresenta il volto peggiore del fascismo: le retate contro gli ebrei, la deportazione politica e razziale ad Auschwitz e nei campi di concentramento, la partecipazione alle stragi contro i civili, la violenta repressione anti partigiana, la pena di morta inflitta ai renitenti e ai lavoratori coatti disobbedienti.
La repubblica sociale è nata sull’odio, sulla vendetta e sul risentimento verso i cosiddetti traditori, ovvero tutti quelli che non la pensavano come loro. “Chi non è con noi è contro di noi”, sentenziava il motto fascista.
Chi invece era con loro, saturo di credo e ideologia, si arruolò nelle varie schiere dell’esercito repubblichino per cercare di lavare l’onta del tradimento nei confronti del fascismo stesso e dell’alleato nazista; furono talmente convinti che qualcuno addirittura scelse di entrare direttamente nell’esercito tedesco giurando fedeltà a Hitler.
Come ha riportato sulle colonne di questo giornale lo storico Amedeo Osti Guerrazzi, «la guerra civile non fu, come scritto da autorevoli storici, un fatto limitato ai partigiani e ai fascisti, ma coinvolse (volente o nolente) l’intera popolazione italiana, considerata dalle camicie nere come “traditrice” e indegna di far parte del “Nuovo ordine europeo”, sognato da Hitler e appoggiato da Mussolini».
L’applicazione pratica del fascismo
Il primo segretario del Movimento sociale, Pino Romualdi, fu un fedelissimo di Mussolini, è stato il vice segretario del Partito fascista repubblicano, il tre dicembre 1943 all’indomani del congresso di Verona scrisse così sul giornale la Gazzetta di Parma: «Gli ebrei sono stati messi al loro posto. I puri sangui saranno messi in campi di concentramento, mentre i sangui misti saranno guardati e controllati molto da vicino dalle autorità di polizia».
Mentre il primo presidente fu niente meno che Junio Valerio Borghese, famigerato organizzatore della X flottiglia Mas, corpo militare italiano che dopo l’armistizio dell’otto settembre strinse accordi direttamente con i tedeschi occupanti e che durante la guerra di macchiò di numerosi episodi di crimini di guerra.
Fautore tra le altre cose del cosiddetto “Golpe borghese”, un tentativo di colpo di stato messo in atto la notte tra il 7 e 8 dicembre 1970. Secondo la commissione parlamentare sulla Loggia massonica P2 esiste un filo rosso unisce questi fatti e la successiva strategia della tensione.
L’eredità di Fratelli d’Italia
Se il fascismo è il “male assoluto” la Repubblica sociale ne fu l’applicazione pratica. Come detto da quelle ceneri sconfitte dalla democrazie Alleate nasce il Movimento sociale italiano, quindi la domanda è lecita: quale è il contributo politico e culturale che quell’esperienza porta dentro Fratelli d’Italia, partito che non ha mai abiurato il fascismo.
Facciamo un salto temporale che ci porta direttamente all’oggi: Giorgia Meloni, fondatrice e attuale leader di Fratelli d’Italia, ribadisce con forza negli ultimi mesi alcuni concetti.
Il primo è quello di “rivoluzione conservatrice”. Superficialmente si può considerarlo uno slogan, che prefigura magari incisive azioni di governo. Ma storicamente è un richiamo al movimento politico-filosofico omonimo, attivo fra le due guerre mondiali e che aveva come più autorevole rappresentante in Italia Julius Evola.
Il secondo che vogliamo qui ricordare è l'affermazione con la quale Meloni sostiene di avere un «approccio spirituale alla vita». Anche qui non si tratta di una generica spiritualità ma di nuovo un riferimento preciso che rimanda ancora al “razzista spirituale”, complottista e promotore di un mito astorico e fascistissimo della romanità, Julius Evola.
Una spiritualità, quella di Evola, che è espressione di opposizione al materialismo, in una visione estrema, involuta e aggressiva del tradizionalismo. Una rappresentazione della destra che non ha niente a che vedere con il classico conservatorismo di matrice anglosassone e che ha più a che fare con gli estremi di un Adriano Romualdi, figlio del Pino già ricordato, nel suo senso delle gerarchie immutabili come unica, naturale e antiegualitaria forma di organizzazione della società.
Dio, patria, famiglia
Riecheggia infine il “Dio, patria, famiglia” che, pur di altra origine e antecedente al fascismo, venne dal fascismo ampiamente usato e che tutt’ora nel senso comune rimane ancorato al ventennio.
Parole che di per sé – al netto dell'ingombrante riferimento alle dottrine mortifere di Evola – non fanno di Meloni una “fascista”, di certo non nel senso storico del termine, sono però testimonianza del perno culturale attorno al quale si è sviluppato Fratelli d’Italia.
Meloni nel pronunciarle non è tanto guida ma soprattutto interprete, più che indicare una direzione verso cui andare dà la misura dell’appartenenza, rinnova il patto, rassicura la propria comunità. In tutti i casi citati queste frasi hanno una forte funzione interna, sono parole-simbolo riconoscibili, sono codici di identità.
Se vi sarà un governo, magari sostenuto da una netta maggioranza parlamentare, con Fratelli d’Italia in posizione principale non crediamo che vi saranno grandi virate nei posizionamenti internazionali, politici o economici, del nostro paese. Tali cambiamenti saranno possibili solamente se anche altre nazioni avranno governi che li vogliono, un solo paese, per quanto importante non potrà che adeguarsi.
Il post fascismo
Sì prefigura il ricongiungimento fra due entità separate da quasi ottant’anni: da una parte un pezzo della nostra società come l'area del post fascismo – non diluito in ampi “popoli della libertà” a rimorchio di altri leader, bensì con i propri simboli in bella evidenza e in prima fila – e dall'altra con le istituzioni di governo del paese. Sarà un nuovo incontro che cambierà entrambe le parti.
Del resto la paziente costruzione di una narrazione conservatrice in cui inserire il proprio partito è un’opera politica notevole, che già ha cambiato Fratelli d’Italia in alcuni aspetti e ne ha preparato l'arrivo al potere. Al contempo non c’è stato il minimo segnale di cesura con le radici ideali che affondano nel fascismo.
Crediamo inutile e perfino stucchevole elencare qui l’enorme mole di episodi di trito nostalgismo, di muscolari saluti romani, di antisemitismo ridanciano, di commemorazioni sospirose di questo o quel episodio del ventennio.
È evidente come tutto questo, che si esprime sia nella base che nella dirigenza del partito, non abbia mai causato negli ultimi anni una sola conseguenza. Del resto come si può andare oltre a qualche parola di circostanza quando i massimi vertici del partito dialogano con formazioni dell'estremismo neofascista?
Ed è notevole che la presenza di Ignazio La Russa alla festa nazionale di CasaPound, solo uno dei molti casi, sia avvenuta mentre già ricopriva l'attuale incarico di vicepresidente del Senato.
Merita una riflessione anche il ruolo dei pochi esponenti di Fratelli d'Italia estranei alla storia del Msi. Guido Crosetto, pur provenendo da ambienti distanti dal neofascismo, negli ultimi anni si è limitato a spendere la propria figura di liberale nel nascondere e far da paravento ai peggiori lati insoluti del proprio partito.
Se da un lato evidenzia la reale forza politica di Crosetto dall’altra lascia intendere che vi sia qualcosa di profondo e di intoccabile, qualcosa che Fratelli d’Italia intende continuare a rappresentare e, eventualmente, portare con sé alla guida di un governo.
Fratelli d’Italia è una chiara involuzione del percorso emancipatore che aveva intrapreso Gianfranco Fini, adesso la domanda vera rimane il come verrà cambiato il substrato culturale del paese se l'irrisolto nostalgico diventerà improvvisamente una delle parti che determinano leggi – ma anche parole – di profondo impatto sociale. Si prospettano sfide che dovranno essere raccolte.
© Riproduzione riservata