Il leader di Sinistra Italiana e co-portavoce dell’Alleanza rossoverde: «Concluso questo importante passaggio del Movimento, serve costruire una coalizione. L’immagine di litigiosità è francamente poco sopportabile. Non commento quello che dice il leader di Iv, ma i risultati del “centro” alle regionali sono stati poco significativi»
Giuseppe Conte ieri ha ancorato il M5s nel centrosinistra, che però lui chiama «campo progressista». È un fatto nuovo? No, per Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, nell’Alleanza rossoverde, «ma è un’ottima conferma di quello che avevamo sperimentato nelle amministrative e nelle iniziative parlamentari quotidiane, dopo il suicidio collettivo delle politiche del 2022».
Ora che succede nel centrosinistra?
Ora, concluso questo importante passaggio del M5s, mi auguro un salto di qualità sul piano della stabilità, dell’investimento e anche dell’accelerazione verso una coalizione. Non per fare schemini geometrici, ma per rendere credibile l’alternativa, che va definita nei contenuti e fatta vivere nel paese. Bisogna costruire alleanze nella società, con le persone in carne e ossa.
Su questo c’è meno certezza: Conte si dichiara «progressista indipendente», e dice che le alleanze le farà di volta in volta se ci sono le condizioni.
Le alleanze si fanno sempre se ci sono le condizioni, vale anche per me. Il punto è capire la natura di queste condizioni: ovviamente un’intesa programmatica. Ma oggi ci sono almeno due elementi sovraordinanti: uno è la legge elettorale, fingere che non imponga una coalizione è non fare i conti con la realtà; l’altro è quello che sta facendo la destra, scelte pericolose sul diritto alla salute, all’istruzione, a un lavoro sicuro e retribuito in modo dignitoso. E poi il suo investimento su un impianto ideologico regressivo. Insomma c’è molto di cui preoccuparsi, bisogna costruire un’alternativa, subito.
In due regioni il centrosinistra ha vinto. Perché in Liguria no?
Non si perde per una sola ragione. E a Genova abbiamo vinto contro chi governava la città. In più, la distanza con la destra è un frammento, rispetto al giro precedente. Abbiamo perso per 8mila voti, e di là le elezioni le ha vinte Scajola. Ma alla rimonta della destra ha contribuito un’immagine di litigiosità, francamente poco sopportabile.
Intendi dire i litigi fra Grillo e Conte, o quelli tra Conte e Renzi?
Intendo l’immagine generale che si produce, e che va molto al di là del perimetro geometrico della coalizione. Ha a che fare con l’immaginario che produciamo. Se dai l’impressione che hai una coalizione coesa, hai già fatto un pezzo del lavoro.
Non avete paura che ora M5s faccia un’opa ostile sul vostro elettorato di sinistra?
No. Avs non lavora all’unità della sinistra ma alla messa in comune di culture politiche: quella ecologista, ambientalista e verde e quella della sinistra. Comunque no, nessuna preoccupazione, né per M5s né per il Pd a trazione Schlein. Anzi sono contento. Io faccio politica per cambiare le cose, se qualche anno fa mi avesse chiesto se era realistico che in parlamento fosse depositata una legge sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario a prima firma Fratoianni, e firmata oltreché da Bonelli anche da Conte e Schlein, gli avrei dato del matto. Oggi invece è stato fatto, e così sul salario minimo, e su altre questioni. La mia filosofia è: più siamo e meglio è. Per la pace, per un lavoro dignitoso, per una grande battaglia per aumentare i salari.
Non temete di dovervi spartire l’elettorato della sinistra radicale?
Intanto l’elettorato a cui guardiamo non è quello della sinistra radicale. Noi continuiamo a crescere, in voti e radicamento, lo dimostrano i risultati in Piemonte, Sardegna, Emilia-Romagna, Umbria. Proprio perché la nostra proposta è ambiziosa, non è quella della sinistra radicale né della sinistra alternativa: è pacifista, ecologista e di sinistra. Il tema non è la spartizione, ma la crescita: dobbiamo occuparci tutti dell’astensione, un enorme problema democratico ma anche un gigantesco bacino per colmare il gap, sempre più ridotto, con la destra.
Sulla pace, il centrosinistra deve aspettare che finiscano le guerre per trovare un accordo?
Se le guerre finiscono è una splendida notizia. Ma no. Sul Medio Oriente, dove ogni giorno si produce l’ecatombe dell’umanità con il genocidio del popolo palestinese. Ora la Corte penale internazionale emette un mandato di arresto per Netanyahu, serve subito un’iniziativa parlamentare. Avs presenta una mozione per chiedere di dare piena attuazione a quella decisione a un governo che balbetta, e con Salvini che invita la Repubblica a violare le convenzioni internazionali. Su questo abbiamo posizioni progressivamente convergenti.
Se nella mozione c’è la parola «genocidio» il Pd non la voterà.
Non mi pare affatto scontato.
Sulla guerra di invasione contro Kiev restano distanze siderali.
Resta una differenza significativa sulla strategia con cui si affronta l’invasione criminale di Putin. Nella legislatura scorsa sono stato l’unico a dire no all’invio delle armi. Ora siamo molti di più. Chi ha sostenuto un’altra posizione oggi deve fare i conti con il fatto che l’invio delle armi, l’unica strategia messa in campo, sta producendo una escalation che precipita il mondo sul baratro della guerra nucleare. Con le armi, la guerra non si è fermata, chi ha detto sì al loro invio deve farci i conti. Ora serve un salto di qualità.
Sperate in Trump?
No. Trump non fa sperare niente di buono, il suo obiettivo non ha niente a che vedere con la pace. Spero che il fallimento della strategia delle armi costringa tutti a un cambio di passo. Si inverta rotta sul riarmo e sulla spesa militare, non bisogna portarla al 2 per cento del Pil, bisogna ridurla e investire altrove: meno armi, più medici e infermieri. L’economia di guerra alimenta paura, nazionalismo, altra guerra, e la destra.
Un Pd così forte è un problema?
Per noi no. Dalle europee, dove Avs ha fatto un salto di qualità, noi cresciamo. Nelle regionali pesano le liste civiche. Soffriamo dove non abbiamo una presenza organizzata. Ma ci stiamo lavorando.
Con M5s fate asse contro Renzi?
Non facciamo asse contro nessuno. Avs è una forza autonoma, ma molto unitaria, convinta che serva una coalizione in grado di fare una proposta coraggiosa e credibile. Ora che si è conclusa la Costituente M5s, spero di discutere non dei protagonisti più o meno immaginari del campo, ma dei bisogni collettivi e della capacità di mobilitazione del paese. Sabato in tutta Italia ci sono state grandissime manifestazioni del movimento femminista, uno dei soggetti più vitali, creativi e conflittuali. Discutiamo di questo. Senza la capacità di animare una partecipazione collettiva, in cui le forze politiche non sono gli attori esclusivi, non c’è speranza per il cambiamento.
Va bene, ma Renzi dice che senza Iv, il centro, il centrosinistra non vince.
Renzi ha diritto di dire quello che vuole. Ma io quello che dice Renzi non lo commento. Ma di che centro si tratta? La politica non è il Risiko. Si è parlato degli scarsi risultati del M5s alle regionali: quelli del “centro” sono stati molto meno significativi. Ma questa discussione infinita per me è finita.
Allora le chiedo: chi deve risolvere i conflitti fra alleati?
La coalizione: si discute delle cose da fare e di come si fanno. Nella prossima primavera c'è il referendum contro ciò che resta dello Spacca-Italia di Calderoli, e i referendum sociali promossi dalla Cgil, il 29 novembre c’è lo sciopero generale. Ci sono molte occasioni per incrociare una proposta alternativa con la mobilitazione sociale, capiremo chi c’è e chi no.
I Cinque stelle si dichiarano incompatibili con Renzi.
Ci sono scelte politiche, penso ai temi sociali, al lavoro, al nucleare, su cui la distanza è larga e concreta. Il cuore di questa coalizione, Pd-M5s-Avs, deve trovare un metodo con cui far vivere una proposta nel paese. E attorno a questa proposta deve misurare, quando sarà il momento, anche assetti e regole di comportamento. Sottraendosi al gioco delle interviste quotidiane, che provocano solo grandi sfuriate allergiche.
Quindi i leader di queste tre forze ora si devono riunire?
Noi ci vediamo sempre. Ma sì, auspico un confronto più stretto, senza l’ossessione di inscatolarci in uno schema a tre anni dal voto. Garantisce più di ogni altra cosa la costruzione di una coalizione che funzioni, cioè sia in grado di valorizzare ciò che ciascuno e ciascuna è in grado di portare, in termini di elettorato ma anche di parole d’ordine e capacità di mobilitazione. Ripeto: la legge elettorale c’è, ci dobbiamo fare i conti.
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