La presidente uscente non ha visto Meloni e ha incontrato Tajani solo privatamente. Nessun intervento all’evento di inizio campagna elettorale del leader di Forza Italia
«Ursula? Chi, Andress?» Quando dalle parti di Forza Italia si chiede del tour elettorale della presidente uscente della Commissione europea in Italia le battute si sprecano. Ursula von der Leyen è ancora presidente della Commissione europea e vuole continuare a esserlo anche dopo il 9 giugno. Se avrà il sostegno necessario per riuscirci, è tutto da vedere. Soprattutto in Italia, i suoi sostenitori sembrano diminuire di ora in ora. Anzi, a giudicare dall’agenda della sua trasferta romana, ad avere interesse ad ascoltarla è rimasto solo Fabio Fazio, che domenica sera l’ha ospitata per l’ultima puntata stagionale di Che tempo che fa (chiudendo con il 9,9 per cento di share).
Giorgia Meloni non ha potuto (o voluto?) riceverla. Lo staff della presidente si è precipitato a sminuire: una semplice questione di tempistiche incompatibili: «Von der Leyen, candidata alla presidenza della prossima Commissione, si è recata in Italia per un incontro politico e un incontro laterale. La presidente non è obbligata, quando si reca in un paese, a incontrare le autorità di quel paese».
Da Fratelli d’Italia una spiegazione più pragmatica. «Siamo in campagna elettorale – spiega un parlamentare – a nessuno interessa far crescere partiti diversi dal proprio. Abbiamo un approccio pragmatico: si è visto nel modo in cui Meloni ha gestito il rapporto tra i diversi ruoli istituzionali, ma sappiamo distinguere questo piano dalle legittime posizioni dei diversi partiti». Insomma, bene il rapporto con la presidente della Commissione, ma la candidata del Ppe meglio che resti lontana.
Nulla di traumatico, quindi, anche se non è un segreto che tra la premier e von der Leyen, negli ultimi mesi, si sia creato un solido rapporto, anche a livello umano. Non trovare nemmeno pochi minuti per un saluto è apparso abbastanza strano.
La trattativa
Sullo sfondo resta la possibile alleanza a Bruxelles tra popolari e conservatori. Un’alleanza «auspicabile», dicono da FdI: «Potremmo essere nella stessa maggioranza, ma apparteniamo a famiglie elettorali diverse». Ergo, fino al 9 giugno la gara è aperta, poi si vedrà.
D’altra parte sarà il numero di eletti a determinare il peso dei gruppi nella formazione del nuovo parlamento e della futura maggioranza. Per quanto riguarda il nome del candidato presidente, FdI si riserva di valutare. Anche se von der Leyen non sembra in cima alle preferenze dei conservatori, anzi: «Non è un nome per Ecr e tantomeno per FdI. Dopo il voto vedremo cosa proporrà il Ppe e valuteremo se sostenerlo».
E c’è chi si spinge a fare il nome della presidente del parlamento europeo Roberto Metsola. Ma guai a parlarne prima del tempo. Di certo per ora c’è il rifiuto – cordialmente ricambiato, come ha specificato lo Spitzenkandidat Pse Nicolas Schmit – di fare cosa comune con i socialisti. «Noi puntiamo a essere il terzo gruppo più importante nel parlamento». E pazienza se von der Leyen ha appena mandato il governatore della Baviera Markus Söder, uno dei suoi azionisti principali in quanto capo della Csu, a conoscere Meloni di persona per dimostrargli che, a differenza di AfD, con questi conservatori si può chiudere un’alleanza.
«Lavorerò quindi con tutti coloro che sono chiaramente impegnati a favore dello stato di diritto, dell’Unione europea e dell’Ucraina» ha specificato ieri la presidente, nel caso in cui qualcuno avesse ancora dubbi sulla sua disponibilità a collaborare con Ecr. Ma il suo profilo inizia a essere seriamente compromesso dalle vicende giudiziarie che la riguardano e dalla gestione del suo primo mandato. E von der Leyen non può neanche compensare il raffreddamento progressivo dei rapporti con FdI con l’accoglienza di quelli che dovrebbero essere – almeno su carta – i suoi alleati naturali.
Il suo intervento all’apertura della campagna elettorale di Antonio Tajani alle 18 di ieri è saltato. Anzi, spiegano da Forza Italia, non è mai stato previsto. La motivazione, paradossalmente, è speculare a quella citata per spiegare perché von der Leyen non ha incontrato Meloni: «von der Leyen è ancora presidente della Commissione, e quello in programma è un evento elettorale di uno dei quattro partiti italiani associati al Ppe».
Alla sede della Fondazione De Gasperi, dove von der Leyen ha incontrato Tajani, l’hanno peraltro attesa contestatori filopalestinesi. La presidente si è dovuta così accontentare di vedere, insieme al segretario di Forza Italia, i presidenti di Confagricoltura e Coldiretti e i giovani azzurri. Un bottino decisamente magro per quella che è comunque la Spitzenkandidatin per le prossime elezioni.
Ma niente da fare, al Salone delle Fontane all’Eur nell’aria c’era l’eco delle parole di Licia Ronzulli, che già da giorni si riferiva a von der Leyen indicandola come un «cavallo zoppo». Il segretario-capolista Tajani l’ha citata giusto per proporre di unificare il suo incarico con quello del presidente del Consiglio europeo, tra una tirata contro le tasse e una filippica contro le auto elettriche. L’appuntamento per gli azzurri è la chiusura di campagna elettorale a Napoli. Chissà se von der Leyen manderà un messaggio.
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