«Pochi giorni! Perché non posso godermi mio figlio? Perché non posso accudirlo? Perché non posso condividere la fatica, la stanchezza, il sonno, la felicità e i suoi progressi insieme alla mia compagna?». Oppure: «Se vogliamo davvero giungere alla parità di genere è necessario rendere uguali i congedi di paternità e maternità, di modo che i datori di lavoro smettano di considerare più conveniente assumere un uomo invece di una donna». O ancora, «non c’è più solo la madre a occuparsi dei figli ed è giusto così. Con le condizioni giuste le coppie potrebbero fare più figli».

Questi sono solo alcuni dei commenti dei padri che sono stati intervistati in un’indagine realizzata dal progetto europeo 4e-parents, pensato per promuovere una paternità inclusiva e compartecipe, necessaria anche a disincentivare la violenza di genere.

Dall’analisi, condotta su oltre 5mila persone per conoscere opinioni e esperienze dei neogenitori sui congedi di paternità, maternità e parentali, emerge con nitidezza il desiderio di poter usufruire di un congedo paritetico ben retribuito.

In modo da avere la possibilità di fare più figli, poter suddividere equamente il carico di cura e di lavoro domestico, costruire un equilibrio sano tra vita privata e vita lavorativa. E affinché le donne non siano costrette a uscire dal mondo del lavoro (oggi il 63,3 per cento delle dimissioni volontarie vengono motivate dalla difficoltà di conciliare lavoro e cura), o a rinunciare alla carriera.

Coinvolgere i padri

«Coinvolgere il padre nel processo di crescita del figlio porta benefici per lo sviluppo del bambino, come più elevati livelli di competenza cognitiva e sociale, maggiore capacità di empatia, migliore autoregolazione e autostima e migliori progressi scolastici. Ma i benefici sono provati anche per le madri e gli stessi padri, perché si attivano alcune reti neurali empatiche, aumentano i livelli di alcuni ormoni pro-sociali, come l’ossitocina, così avvengono piccole modifiche nei comportamenti quotidiani che portano un padre già emotivamente coinvolto ad esserlo ancora di più. Quindi permettere anche al padre di crescere insieme ai figli far star bene tutta la famiglia», chiarisce Giorgio Tamburlini, pediatra, presidente della onlus “Centro per la salute del bambino”, con rigore scientifico.

Evidenze che, però, in Italia restano sommerse. Visto che il nostro è uno dei paesi dell’Unione europea con il più alto divario tra i congedi di maternità e paternità: il primo è di 16 settimane retribuite all’80 per cento, oltre le 14 raccomandate dall’Ue. Il secondo è di 10 giorni (retribuiti al 100 per cento) per i lavoratori dipendenti. E sono pochi i padri a usufruirne: come emerge ancora dall’indagine sopra citata, solo il 45 per cento dei lavoratori intervistati che ha il diritto al congedo di paternità l’ha utilizzato, gli altri dicono di non averlo fatto: nel 53 per cento dei casi «perché non serviva, c’era la mia partner a casa», nel 33 per cento, perché «non sapevo di poterlo utilizzare». Il restante 14 per cento «temeva che avrebbe creato problemi sul posto di lavoro». A questi si aggiungono tutti quei padri che non ne hanno diritto, come tanti lavoratori autonomi.

La legge di Bilancio

Ecco perché 4e-parent ha portato all’attenzione della politica, anche in vista della legge di Bilancio del 2025, una riforma dei congedi che, tra vari i punti, prevede l’estensione ai padri freelance, iscritti alla gestione separata, del diritto al congedo di paternità e al congedo parentale alle medesime condizioni delle madri e il raddoppiare l’attuale congedo di paternità portandolo da 10 a 22 giorni.

Ma i soldi per favorire una genitorialità condivisa nella prossima manovra economica che l’Italia si prepara ad approvare non ci sono. «La legge arriva blindata al voto. I conti sono già stati fatti», spiega la deputata di Forza Italia Catia Polidori: «Il problema, però, è più complesso. Non basta mettere le risorse per indennizzare la forza lavoro, occorre pensare un sistema che non penalizzi le piccole e medie imprese di cui è fatta la nostra economia.

In tante aziende italiane i lavoratori non sono facilmente sostituibili. E anche se si trovassero tempo e fondi per formare un’altra risorsa per sostituire il lavoratore si rischierebbe di favorire il lavoro interinale in quanto non è detto che l’impresa sarebbe in grado di integrarla. Non si può pensare che dei benefici del congedo godano solo i dipendenti delle grande aziende», conclude Polidori.

Convinta che sia necessario fare un passo in avanti per promuovere una genitorialità condivisa ma non fino all’equiparazione dei congedi: «Anche un papà può cambiare pannolino, ma non può allattare. Inoltre la donna deve riprendersi dallo stress psicologico e fisico del parto. Va tutelata la sua salute».

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