Nel discorso conclusivo della kermesse di Fratelli d’Italia, la premier attacca l’opposizione, da Maurizio Landini a Elly Schlein fino a Romano Prodi: «I suoi improperi mi dicono che siamo ancora dalla parte giusta della storia»
Meloni non ha dubbi né le difetta la fiducia nella compattezza della sua coalizione. D’altra parte, la sua Atreju scoppia di gente: il tendone al centro del Circo Massimo che accoglie il pubblico ma soprattutto i suoi fan di ogni genere. Parlamentari sparsi, ministri e dirigenti sul territorio arrivati da tutti gli angoli del paese per celebrare Meloni. Giorgia, ma anche Arianna, che arriva a metà mattinata scortata dal parlamentare romano Francesco Filini attraverso il bagno di folla di chi vuole scattare un selfie con lei. La celebrerà anche la sorella minore dal palco ironizzando sulla sua «foga di piazzare amici e parenti e anche gente che non conosce».
L’obiettivo di Meloni è rilanciare l’azione del governo contro l’immigrazione. «I centri in Albania funzioneranno, dovessi passarci ogni notte da qui alla fine del governo italiano perché io voglio combattere la mafia», dice la premier tirando in ballo anche Falcone e Borsellino. «Abbiamo buttato fuori i camorristi che occupavano le case popolari a Caivano. Anche qui i complimenti dei guru dell'antimafia alla Roberto Saviano li aspettiamo domani, fosse mai che non ci sia più nulla su cui fare una serie televisiva milionaria».
Ma prima di arrivare all’intervento di Meloni attorno al tendone di Atreju ruotano tutti i pianeti e satelliti del sistema solare meloniano. Più fotografato, secondo soltanto al successo di Arianna, il ministro della Cultura Alessandro Giuli, in velluto bordeaux su camicia a righine azzurre e cravatta fantasia arancione, una combinazione degna solo di certe estrosità di Carlo Nordio. Al suo fianco svetta la sorella Antonella, da anni nel team della comunicazione di FdI (ma di recente assunta dall’ufficio stampa della Camera.
Super star anche il sottosegretario che «gode intimamente» nel sottrarre la libertà, Andrea Delmastro. Sigaretta in mano, scatta foto con chiunque: già suo il trofeo della frase che resterà di quest’edizione di Atreju, l’auspicio che chi occupa le case venga «preso per la pelle del culo». Fermo in un angolo e molto meno attenzionato il sottosegretario agli Esteri Edmondo Cirielli. Nel frattempo, dal palco il neocapogruppo alla Camera Galeazzo Bignami lancia la volata di interventi che porterà a quello di Meloni celebrando la premier con un tentativo di citare Politico che va ben oltre le intenzioni (e la realtà): «È la leader più potente del mondo», urla, e il pubblico esplode.
Poi tocca a Salvini: collegato via zoom, in camicia e maglioncino, con la prospettiva tipica delle sue dirette social. Un passaggio sul ponte Morandi, poi via con la celebrazione del nuovo Codice della strada. E se Vasco Rossi polemizza, peggio per lui: «Io invito Vasco Rossi non a confrontarsi con la politica o con me, ma a farsi due chiacchiere con i troppi genitori che hanno perso troppi figli per colpa di chi si è messo alla guida avendo utilizzando delle droghe. Non si scherza, non si ride e non si fa polemica quando c'è in ballo vita dei nostri figli». Sfilano gli altri leader, Lorenzo Cesa, Maurizio Lupi e poi il vicepremier Antonio Tajani, che raccomanda ai magistrati di «non scavalcare il loro confine» e si congeda con un «viva Gesù bambino».
E poi è il momento della premier. Cita l’inchiesta di Fanpage che tanto ha colpito Gioventù nazionale: «Voglio dirvi ancora una volta che sono fiera di voi e che nessuna gogna costruita sull'errore del singolo spiando la gente dal buco della serratura, contro di voi per colpire me, vi toglie chi siete, siate fieri di voi».
A seguire, via alle bordate alla sinistra. Si parte dal Maurizio Landini, che secondo la premier lavora per la sinistra, visto che «i lavoratori li difende la destra». Ma anche Elly Schlein a cui «si inceppa la lingua quando parla di Stellantis» ed è «troppo occupata in duetti rap con gli Articolo 31 e balli sui carri allegorici del Gay Pride».
In un intervento particolarmente identitario, l’obiettivo privilegiato di Meloni diventa però Romano Prodi, colpevole di averla accusata di obbedienza nei confronti dell’establishment. Al solo nome si scatenano i Buuu, nonostante Meloni abbia raccomandato pochi minuti prima tranquillità, «perché noi siamo persone educate». «Quando ho letto gli improperi che Prodi mi lancia ho aperto una bottiglia del mio vino migliore. Signori, siamo ancora dalla parte giusta della storia», dice la premier, che rimprovera all’ex presidente del Consiglio di «intendersene di obbedienza».
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