Dall’inno di Azione Giovani cantato dal gruppo “la Compagnia dell’Anello” ai travestimenti da hobbit di Giorgia Meloni, fino alla mostra proposta da Sangiuliano. Con il post che passerà alla storia della sorella Arianna prima che Meloni diventasse premier: «Ti accompagnerò sul monte Fato a gettare quell'anello nel fuoco, come Sam con Frodo». Ma è tutto un grande fraintendimento
«Le radici profonde non gelano» è una delle citazioni più famose del Signore degli Anelli, e pare che sia alla base di uno dei più grandi fraintendimenti dell’interpretazione del romanzo di J. R. R. Tolkien. Sarebbe questa infatti la celebre frase che ha portato la destra ad appropriarsi di hobbit, terra di mezzo, draghi ed elfi, anche se non è ancora chiaro cosa c’entri la Contea da cui è partito il viaggio di Frodo Baggins, con il Movimento Sociale Italiano, il partito nato dalle ceneri del fascismo da cui deriva Fratelli d’Italia.
L’ultimo capitolo di questo amore verso il romanzo, arrivato in Italia nel 1970, è la mostra che il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha voluto fortemente per i 50 anni della morte dello scrittore: “TOLKIEN. Uomo, Professore, Autore”. Mercoledì 15 novembre è stata fissata l’anteprima stampa alla Galleria nazionale d’arte moderna, e soprattutto è stato promesso l’arrivo della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Nella sua autobiografia, la premier, oltre a raccontare di essersi travestita da “Sam”, uno dei protagonisti, si paragona metaforicamente a un hobbit, la “gente piccola alta la metà di noi”: «Sono le piccole mani a cambiare il mondo», scrive.
L’universo dei libri per lei «era un mito» ancora prima che arrivassero i film. Tra le pagine personali, cita l’esaltazione di «tradizione e memoria», che Meloni e gli amici camerati nei decenni hanno trovato nel testo. Nonostante lo stesso Tolkien mettesse in guardia dal trovare riferimenti nascosti, e anni di tesi di laurea li abbiano definiti «forzati».
Gli inizi
La strana appropriazione ha coinvolto nel tempo l’approfondimento giornalistico. In minima&moralia del 2010 si trova traccia dell’intervista a Gianfranco de Turris, scrittore e giornalista Rai che spiegava: «La narrativa di Tolkien e la “heroic fantasy” era per così dire più connaturale all’animus del ragazzo di Destra, al suo modo di vivere e di sentire, alla sua mitologia personale e collettiva. Nel mondo immaginario descritto in quei romanzi, negli eroi e nelle eroine, nei loro modi di essere e di vivere, si speculavano innumerevoli fantasie ideali sorte dall’humus ideale e politico in cui si erano formati personalmente e collettivamente. Non lo si può negare».
Al punto che la nuova destra organizzò i “Campi Hobbit”. «Nei momenti più tragici degli “anni di piombo”, nei momenti più deprimenti degli “anni di latta”, nei momenti più scoraggianti degli “anni di fango”, il ritrovarsi di parecchi giovani di Destra nella letteratura fantastica ha consentito loro di non perdersi, scoraggiarsi, deprimersi, riverberandosi in un mondo ideale, in un mito, che non trovavano più nella politica politicante, nell’attivismo del piccolo cabotaggio delle sezioni e delle federazioni. Invece di disperdersi, invece di annullarsi, invece di chiudersi in se stessi, sono sopravvissuti alla mediocrità, al conformismo, alla massificazione, al politicamente corretto».
Una descrizione che a ben guardare andrebbe bene per qualunque adolescente, ma l’organizzazione del partito ha fatto il resto.
Il 6 dicembre 1976, al Teatro delle Muse a Roma, si è esibito in concerto lo storico gruppo la Compagnia dell’Anello, dal nome della prima parte della saga di Tolkien. La canzone «Il domani appartiene a noi» è considerata oggi come «l’inno di Azione Giovani». Ed era solo l’inizio.
Nel 1976, il Movimento Sociale ha deciso di fondare una rivista per rilanciare la propria concezione della donna e l'ha chiamata «Eowyn», una donna tra i personaggi del Signore degli anelli che si ritroverà a combattere in guerra.
I campi hobbit
In questo clima sono nati i raduni giovanili dei “campi hobbit”. Il primo si è tenuto nel campo sportivo di Montesarchio, in provincia di Benevento, tra l’11 e il 12 giugno 1977. I promotori, si legge ancora su minima&moralia, sono un gruppo di dirigenti del Fronte della Gioventù di area rautiana, tra cui Generoso Simeone, Marco Tarchi (che ha scritto su queste pagine), e Nicola Cospito: «La scelta di Tolkien quale nume tutelare di un meeting di neofascisti in cerca di identità costringe inevitabilmente i promotori rautiani a giustificarsi in qualche modo di fronte agli occhi dei vecchi del partito e a elaborare una lettura del Signore degli Anelli che ne mettesse in evidenza le potenzialità politiche».
Si aggiungono poi campi hobbit su scala più ridotta, come quelli organizzati dai fratelli Tony e Andrea Augello. L’ultimo campo Hobbit, il quinto, sarà nel 1991 a Santa Severa, tra serate in spiaggia, proiezioni del film tratto dal libro, e dibattiti sul «Radicamento sociale e progetto nazionalpopolare».
Ormai Tolkien è uno di loro. La festa annuale del Fronte della Gioventù romano si chiamerà «Il raduno della Contea» e «Radici profonde non gelano» continua a essere motto di riferimento per gruppi di destra di varia estrazione.
I post
I riferimenti a Sam, Frodo e compagnia dell’anello arrivano così fino ai giorni nostri. Lo stesso New York Times ha pubblicato un articolo su cosa significhi l’opera di Tolkien per Giorgia Meloni. Se non bastasse l’entusiasmo di Sangiuliano per la mostra «ideata e promossa dal ministero della Cultura» a confermare che ormai è «un testo sacro» (cit. Nyt), resterà nella storia il post di Arianna Meloni subito dopo la vittoria della sorella Giorgia alle elezioni dello scorso 25 settembre: «Ti accompagnerò sul monte Fato a gettare quell’anello nel fuoco, come Sam con Frodo, sapendo che non è la mia storia che verrà raccontata, ma la tua, come è giusto che sia».
Poco importa che in altre aree geografiche e storiche Tolkien sia diventato a seconda dell’ispirazione paladino degli ambientalisti e degli hippy, o sieda tra i preferiti degli appassionati di fantasy un po’ nerd.
La giornalista e scrittrice, e già docente di lettere all’Università La Sapienza, Mirella Serri, in un recente articolo sulla Stampa ha individuato a conti fatti «una gran confusione e tanta ambiguità, come quelle che traspaiono dalle migliaia di pagine dell’autore britannico», e ha commentato: «La cultura di destra per il momento è ancora in cerca di autore».
Ed è così che per oltre quarant’anni è bastato, come recita la filastrocca di Tolkien, «un Anello per domarli, un Anello per trovarli, un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli».
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