Zittire il dissenso. Ormai uno stile di casa del governo Meloni che punta a silenziare il semplice dovere di cronaca e diritto di critica. L’ultimo a farne sfoggio è stato il ministro all’Istruzione, Giuseppe Valditara che in un solo giorno ha fatto recapitare a due intellettuali, lo scrittore Nicola Lagioia e il giornalista-scrittore Giulio Cavalli due querele.

Il primo a annunciarlo è stato Cavalli: «Ieri mi è arrivata la richiesta di risarcimento danni per "diffamazione a mezzo stampa” del ministro dell’Istruzione» racconta. A Cavalli viene contestato un articolo scritto per il quotidiano online La Notizia il 15 aprile in cui commenta la battaglia del ministro contro le «festività non riconosciuta dallo Stato». «Non sono “feste riconosciute” nemmeno il cosiddetto martedì grasso che corrisponde alla chiusura delle scuole» è il commento di Cavalli «e non sono “feste riconosciute” nemmeno i giorni di ponte che abitualmente collegano il Natale al Capodanno. Infine c’è l’avversione (inutile, come abbiamo visto) alle altre fedi religiose e tradizioni. Quest’ultima è una pratica che non ha nulla a che vedere con le leggi ma è molto di questo tempo e di questo governo e si chiama razzismo».

Il ministro Valditara ha così querelato l’autore dell’articolo e il direttore della testata Gaetano Pedullà. Ma non vuole giustizia in sede penale, non gli interessa stabilire se quell’articolo riferisca il vero. Vuole soldi. Diecimila euro. Negli ultimi mesi lo stesso Cavalli ricorda di aver ricevuto una minaccia di querela dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari e una querela dal viceministro Galeazzo Bignami.

«Chiediamo al ministro Valditara e alla presidente Meloni se esista ancora in questo Paese la libertà di manifestare il proprio pensiero», attacca la segretaria del Pd Elly Schlein, a cui risponde il ministro: «Prendo atto che l'on. Schlein è per la libertà di insulto. Confonde la critica con l'offesa e l'ingiuria».

«Chi sarà il prossimo ad essere colpito dalla lesa maestà di Valditara?», si chiede la deputata Pd Laura Boldrini mentre per il segretario di Sinistra italiana e deputato di Avs Nicola Fratoianni «l’effetto che vuole ottenere è chiaramente quello di intimidire i giornalisti per evitare che esprimano liberamente il proprio parere»; e annuncia che «non mi rivolgerò a Valditara stesso, ma alla presidente del consiglio, affinché lo convinca a ritirare la querela».

Il caso Lagioia

Ma il deputato di Avs dovrà aggiornare la sua richiesta. Nelle stesse ore lo scrittore Nicola Lagioia ha ricevuto una querela sempre dal ministro Valditara: «La mia colpa consisterebbe nell’aver criticato mesi fa, alla trasmissione “Che sarà” di Serena Bortone su Rai3, lo stile di un suo tweet, scritto a mio parere molto male sulla limitazione degli stranieri nelle classi italiane».

Il tweet del ministro era stato giudicato da molti sgrammaticato, così tanto che lo stesso Valditara si giustificò: «L’ho dettato al telefono, pensavo ai contenuti, non alla forma». «Il ministro – racconta il premio Strega – si è sentito leso per come l’ho preso in giro in trasmissione, suggerendo che venisse sottoposto lui al test di italiano per stranieri. Nel paese in cui l’ultimo Nobel per la letteratura è andato a chi ‘nella tradizione dei giullari medievali fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati’ credevo fosse lecito. Ma forse non siamo più quel paese».

Saviano, Montanari, Canfora

Una questione di metodo quella del governo. E la lista dei querelati inizia diventare lunga. Roberto Saviano è a processo per avere definito Matteo Salvini «ministro della Mala Vita» (dal titolo di un celebre pamphlet di Gaetano Salvemini versus Giolitti. Era il 1910. Per la cronaca, Giolitti non querelò). Mentre lo scrittore di Gomorra ha perso quello per diffamazione nei confronti della premier, Giorgia Meloni (definita «bastarda» su La7) col pagamento di una sanzione di 1.000 euro.

Tomaso Montanari, storico dell’arte e rettore dell’Università per stranieri di Siena, è stato querelato dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, per un articolo in cui ha scritto che chi parla di “sostituzione etnica” usa le parole e i pensieri di Adolf Hitler e di Benito Mussolini. Anche la filosofa Donatella Di Cesare è stata querelata dal ministro Lollobrigida che aveva etichettato le parole dell’ex cognato Meloni come quelle di un “governatore neo hitleriano”.

Lo storico Luciano Canfora era stato querelato dalla Presidente del Consiglio definita dal filologo 82enne «neonazista nell’anima», «trattata come una mentecatta pericolosissima» nell’aprile 2022. Meloni aveva chiesto un risarcimento di 20mila euro, per poi ritirare la querela nei confronti di Canfora. Querela poi archiviata anche per lo storico Davide Conti per un suo articolo uscito sul Manifesto alla vigilia dell’anniversario della strage di piazza Fontana. Conti aveva commentato un’uscita della premier Meloni che, senza indicare la matrice neofascista del massacro del 12 dicembre 1969, invitava tutti a «non dimenticare le vittime innocenti di quella barbarie». Conti ci ha tenuto a precisare la presenza al governo, in qualità di sottosegretaria alla Difesa, di Isabella Rauti, figlia di Pino, «fondatore del gruppo eversivo filo-nazista Ordine Nuovo responsabile della strage di Piazza Fontana e sciolto per decreto dal ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani nel 1973». Passaggio che alla senatrice Rauti non era piaciuto.

Tra gli ultimi nel mirino del governo Christian Raimo, insegnante e scrittore, sospeso per tre mesi dall’insegnamento, con una decurtazione del 50% dello stipendio, dopo aver criticato il ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara.

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