- Di Conte nel post di ieri il fondatore del Movimento scriveva che i problemi della sua creatura «non potrà risolverli perché non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione».
- Il “vaffa” del garante ha colto quasi tutti di sorpresa: sotto il suo post, su Facebook, sono tanti gli attivisti che disapprovano, ma anche l’assessora alla Transizione ecologica del Lazio, Roberta Lombardi, grillina della prima ora, dice di non condividere «neanche una virgola del post» .
- L’addio di Conte sembra inevitabile. L’avvocato ha alzato troppo il tiro nella conferenza stampa di lunedì, ha insistito troppo sull’assoluta imprescindibilità delle condizioni che poneva, prima fra tutte l’autonomia del leader nella determinazione della linea politica.
Il Movimento è tornato al 2017. Quando nessuno conosceva nemmeno il nome di Giuseppe Conte. «In alto i cuori e prepariamoci a non dover più vergognarci di chi ci rappresenta», scriveva Beppe Grillo nel 2018 sul suo blog presentando l’avvocato del popolo, il presidente del Consiglio venuto dal nulla che era capitato quasi per caso alla guida del governo giallo-verde. Di lui nel post di ieri il fondatore del Movimento scriveva che i problemi della sua creatura «non potrà risolverli perché non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione». Lo strappo è consumato, resta da vedere come si posizioneranno gli eletti.
L’ira del garante
Quello di Grillo è un giudizio senza appello, che non salva nulla dell’operato dell’ormai ex leader in pectore del Movimento, che a questo punto dovrà trovarsi un’altra occupazione. Il gruppo parlamentare è rimasto spiazzato. Nonostante l’insofferenza per i modi che aveva utilizzato negli ultimi mesi, durante l’elaborazione del nuovo statuto e nel confronto con il fondatore, la maggior parte degli eletti confidava in una conferma della leadership di Conte. Il “vaffa” del garante ha colto quasi tutti di sorpresa: sotto il suo post, su Facebook, sono tanti gli attivisti che disapprovano, ma anche l’assessora alla Transizione ecologica del Lazio, Roberta Lombardi, grillina della prima ora, dice di non condividere «neanche una virgola del post» e che «non so se trovo più folle le valutazioni su Conte, che ha guidato due governi tra crisi economica e pandemica, o il fatto di rimetterci nella gabbia Rousseau».
È proprio la riabilitazione della piattaforma ad aver indispettito parecchi parlamentari: nel suo post Grillo comunica anche che la votazione che indirà per eleggere il comitato direttivo (l’organo collegiale che doveva essere la nuova guida del Movimento secondo quanto deciso agli Stati generali di fine 2020) si terrà su Rousseau.
Un doppio schiaffo: a Conte, che per settimane si era arrovellato su come risolvere il legame tra M5s e piattaforma e recuperare i dati degli iscritti, e agli stessi parlamentari, che avevano finanziato una parte della cifra su cui si era trovato l’accordo per l’addio di Davide Casaleggio. Il manager ha già accettato la richiesta di Grillo di ospitare la votazione: la “pausa” con i Cinque stelle è durata appena due mesi e mezzo.
Una decisione di cui non era stata informata neanche SkyVote, la nuova piattaforma che era stata scelta dal Movimento per le votazioni che si sarebbero dovute tenere dopo la rottura.
L’addio di Conte sembra inevitabile. L’avvocato ha alzato troppo il tiro nella conferenza stampa di lunedì, ha insistito troppo sull’assoluta imprescindibilità delle condizioni che poneva, prima fra tutte l’autonomia del leader nella determinazione della linea politica.
Se quasi nessuno degli eletti Cinque stelle è contento del reintegro di Casaleggio, in tanti sono tentati dall’avventura con l’ex presidente del Consiglio, soprattutto al Senato. Alla Camera per il momento è stata indetta un’assemblea per stasera al termine dei lavori d’aula.
Dopo il post del fondatore, commenti e richieste varie si fanno insistenti, da chi domanda di riconsiderare anche la partecipazione al governo Draghi (Susy Matrisciano), a chi «si sente trattata come un pacco» (Alessandra Maiorino), e ancora a chi chiede una nuova mediazione: «Cercasi mediatori di comprovata esperienza, no perditempo», scrive l’ex ministro Vincenzo Spadafora su Facebook. Ma il ritorno alle origini di Grillo affascina soprattutto gli ex, primi fra tutti quelli che hanno lasciato dopo l’adesione del Movimento al governo Draghi. Il nuovo purismo Cinque stelle potrebbe riportare nei ranghi del partito figure storiche come il senatore Nicola Morra, che si dice pronto per mettersi «a disposizione di un MoVimento 5 stelle visionario e leader-less», una dichiarazione che è una discesa in campo nella corsa all’elezione del comitato direttivo. Entusiasta anche l’ex sottosegretario Alessio Villarosa, espulso anche lui dopo la fiducia a Draghi, che parla di un Grillo «rinsavito».
Il progetto di Conte
Se la nuova linea del garante potrebbe riportare nel Movimento il clima delle origini, l’idea di seguire Conte è nettamente più rischiosa per gli eletti. È vero che non ci sarebbe la presenza ingombrante di Casaleggio e il rischio che Grillo decida di mantenere intatto il vincolo dei due mandati, ma ci sono altre questioni da considerare.
I tempi per la presentazione sarebbero strettissimi, sia per non perdere il consenso che ancora oggi accompagna il nome di Conte, sia per poter incidere sulle amministrative. Un’altra questione da risolvere è quella dei fondi: le finanze del Movimento fino alla rottura erano intrecciate con quelle di Rousseau.
Il neomovimento doveva essere finanziato soprattutto dagli eletti e la decisione di farne il punto centrale dei primi incontri coi parlamentari non aveva incontrato molto favore.
Che adesso siano pronti a sborsare per un progetto che non è chiaro quali garanzie possa offrire privo del marchio Cinque stelle è tutt’altro che certo, come anche il fatto che vengano riconfermate tutte le cariche di governo, sottogoverno e intraparlamentari oggi ricoperte dai grillini.
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