Anche in periodi diversi da quello elettorale andrebbero promossi confronti diretti fra tutti i leader politici, e non solo fra quelli dei due principali partiti. Faccia a faccia tra i vertici delle diverse formazioni consentirebbero ai cittadini di esercitare continuativamente il diritto alla conoscenza nel modo più completo e obiettivo
Fa discutere l’ipotesi di un confronto televisivo fra la presidente del consiglio e leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, e la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein. Dopo la mancata presenza di quest’ultima ad Atreju, forte è l’interesse per un duello fra le esponenti dei due maggiori partiti politici, e varie reti TV se lo stanno contendendo. Ma, al di là del clamore mediatico, qual è la cornice - giuridica e non - in cui il faccia a faccia va inquadrato? Il diritto alla conoscenza dei cittadini ne costituisce un elemento essenziale.
Il precedente Letta-Meloni
Il problema del confronto esclusivo fra due leader era stato sollevato prima delle ultime elezioni politiche, nel settembre 2022. Si poneva il dubbio che l’ipotizzato duello televisivo fra Enrico Letta e Giorgia Meloni, a Porta a Porta, violasse la “par condicio” tutelata dalla legge nel periodo precedente al voto, dato che a tutti gli altri leader sarebbe stata consentita un’intervista di pari minuti, ma senza dibattito con un concorrente. La Commissione per l’indirizzo e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi aveva investito della questione l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom). A parere di quest’ultima, «un unico confronto televisivo tra due soli soggetti politici, nonché le attività di comunicazione ad esso correlate» sarebbe risultato «non conforme ai principi di parità di trattamento e di imparzialità dell’informazione, essendo suscettibile di determinare, in capo ai soggetti partecipanti al confronto, un indebito vantaggio elettorale rispetto agli altri».
Ma la campagna elettorale è ormai permanente, cioè non più connessa alla specifica data di una qualche competizione politica. Perciò il principio che si evince dalla decisione dell’Agcom potrebbe ritenersi valido anche al di là della legge sulla “par condicio” e, quindi, del periodo pre-voto. Dunque, pure in periodi diversi andrebbe garantita una parità sostanziale tra i leader non solo dei due principali partiti, ma anche di tutti quelli che sul palcoscenico pubblico concorrono al dibattito politico. E non è soltanto una questione di “par condicio”.
Conoscere per deliberare
«Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare». Nella più famosa delle sue “Prediche inutili”, Luigi Einaudi, grande economista e secondo presidente della Repubblica italiana, poneva un principio che ancora oggi appare fondamentale.
La valutazione comparativa dei diversi esponenti dei vari partiti e delle idee da essi espresse, mediante confronti incrociati, dà un valore aggiunto all’informazione e rende i cittadini più pronti a decidere, al momento del voto. In altre parole, il principio del “conoscere per deliberare” è comunque essenziale in qualunque momento. Ma di certo esso non viene favorito se il confronto televisivo avviene solo fra due leader, ed esclusivamente su di loro si concentra l’attenzione mediatica. Ciò finisce per determinare una distorsione del dibattito politico, a discapito della molteplicità di voci di cui si compone uno scenario realmente democratico.
La Corte costituzionale
Il diritto dei cittadini di essere informati nel modo più completo e obiettivo mediante il confronto tra i vari leader e la contrapposizione fra le diverse opinioni da essi espresse, al di là del periodo pre-voto, è stato anche affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 155/2002). Tale diritto, infatti, è connesso «al corretto svolgimento del confronto politico su cui in permanenza si fonda, indipendentemente dai periodi di competizione elettorale, il sistema democratico». Mentre in tali periodi la “par condicio” è volta a tutelare la «pari visibilità dei partiti», in ogni altro momento «il processo continuo di informazione e formazione dell'opinione pubblica» è anche strettamente connesso alla «necessaria democraticità» dell’ordinamento. Tale processo deve avvenire attraverso il rigoroso rispetto del «criterio della partecipazione in contraddittorio e del confronto dialettico tra i soggetti intervenienti, secondo il canone della pari opportunità»,
Un contraddittorio limitato solo ai due leader dei maggiori partiti non sembra rispettare i canoni dettati dalla Consulta e, soprattutto, quelli che caratterizzano una buona informazione.
Se, come diceva Stuart Mill, la libertà d’espressione trova linfa grazie alla contrapposizione tra idee diverse, contrapporre in modo incrociato i vari esponenti politici, senza esclusioni determinate dalla loro diversa rilevanza o dal fatto che non si è in campagna elettorale, gioverebbe alla libertà di tutti.
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