Secondo Sabino Cassese, presidente emerito della Corte costituzionale, che ha fornito un parere agli avvocati di Giovanni Toti, i provvedimenti di custodia cautelare a cui quest’ultimo è sottoposto sono indebiti. Il parere dovrebbe sostenere la richiesta di Toti al Tribunale del riesame di revocare o attenuare i domiciliari. Cassese invita i giudici a tenere conto «non solo della gravità dei fatti, ma anche degli effetti che si producono, direttamente e indirettamente, sul buon andamento della pubblica amministrazione, che richiede la continuità dell’attività amministrativa, nonché sul rispetto della volontà popolare manifestata con la scelta del presidente “per diretta investitura popolare”».

Gli aspetti più strettamente giuridici del parere sfuggono alla competenza di chi scrive. Cassese richiama varie sentenze della Corte costituzionale e articoli della Costituzione. Il succo del ragionamento è che i giudici dovrebbero tenere conto degli interessi in gioco, fra cui l’interesse degli elettori di Toti e naturalmente l’interesse dell’imputato  legato alla presunzione d’innocenza.

Il bilanciamento degli interessi non è affare solo giuridico, ma anche politico, e su questo si può dire qualcosa. Gli elettori liguri hanno votato in maggioranza per Toti. Può questo voler dire che per i suoi elettori Toti è letteralmente indispensabile all’attività amministrativa e che tale indispensabilità sovrasta la cautela necessaria a difendere gli interessi generali protetti da un’indagine su eventuali suoi comportamenti illeciti? È così importante l’attività amministrativa di Toti e così indispensabile il suo ruolo che si debbono correre i rischi che i giudici evidentemente avevano in mente imponendogli i domiciliari?

Può il voto voler dire che Toti si deve considerare al di sopra di ogni rilievo di ordine politico sinché non si arrivi alla verità giudiziaria completa?

Possono gli elettori aver pensato: «Eleggiamo Toti e gli diamo una delega in bianco, il mandato di fare qualunque cosa, tranne che tre gradi di giudizio non stabiliscano che ha commesso un reato?». Anche senza presupporre un vincolo di mandato, sembra credibile che gli elettori di Toti abbiano invece pensato così: «Voto per Toti e mi aspetto che operi per il bene pubblico, mantenendosi nei limiti della moralità e della legge. Revocherei il mio voto ove avessi il sospetto che Toti possa commettere certi reati».

Quando scopre che chi ha votato è sospettato di illeciti, l’elettore può avere vari atteggiamenti. Il garantista sospende il giudizio, conformemente alla presunzione di innocenza. L’elettore ottimista spera che il processo termini con l’assoluzione. Il complottista sospetta malevole ragioni politiche dietro le indagini. Ma forse tutti gli elettori, se sono persone oneste, pensano pure che, al momento del voto, non avevano certo autorizzato il candidato a comportamenti men che irreprensibili.

Il sospetto, pur odioso, pur privo di basi, non può che proiettarsi sulla passata decisione di voto, rendendola meno limpida. Chi vota assume che l’eletto faccia politica secondo gli ideali della propria parte, ma sempre nei limiti della legge e dell’onestà. Gli elettori onesti assumono l’onestà del candidato, al di là delle loro scelte politiche. E cittadini onesti sono certamente molti di quelli che hanno votato per Toti.

Inoltre, il reato che Toti potrebbe aver commesso turba esso stesso la volontà popolare. Se ha chiesto finanziamenti illeciti alle sue campagne elettorali, Toti ha falsato la competizione, acquisendo vantaggi illeciti sui suoi avversari che non avevano la posizione per ottenere quei fondi o si facevano scrupoli a chiederli.

Ogni finanziamento illecito, ogni forma di corruzione, falsa la volontà popolare, perché rende il politico rispondente non agli elettori ma ai finanziatori: il politico finirà per tutelare gli interessi di chi lo finanzia e avrà il potere di farlo non per investitura della maggioranza, ma perché ha comprato tale investitura con una campagna elettorale migliore, ottenuta grazie a fondi conquistati in maniera sleale.

Prima che siano i giudici a violare la volontà popolare, potrebbe essere stato Toti a farlo: potrebbe aver violato sia la volontà dei suoi molti elettori, che lo reputavano onesto, sia quella dei pochi che non lo hanno votato, ed erano forse così pochi perché gli altri candidati hanno fatto campagne elettorali più povere e rutilanti di quella che Toti potrebbe aver condotto grazie ai finanziamenti ottenuti illecitamente. L’interesse generale a una competizione elettorale equa prevale sugli interessi degli elettori di Toti richiamati da Cassese. Se i domiciliari tutelano quest’interesse, allora almeno sotto questo aspetto non sono indebiti.

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