Italia viva dice che i parlamentari sono pronti tutti al passo indietro se il presidente della commissione Esteri non si dimette, il Pd si limita a ribadire l’opportunità che se ne vada, mentre la Lega non esclude il boicottaggio. Alla fine si rimanda tutto alla capigruppo
Il destino di Vito Petrocelli, il presidente filo-russo della commissione Esteri del Senato, dice il senatore Stefano Lucidi della Lega, «è diventato più che una questione politica una questione umana». Tutta la maggioranza non lo vuole più a capo della della commissione; il Movimento 5 stelle lo ha minacciato di espulsione dopo che non ha votato la fiducia al decreto Ucraina. Ma lui resiste.
Oggi si preparava una seduta che tutti i parlamentari della commissione si aspettavano movimentata, ma alla fine si è risolta nell’ennesimo nulla di fatto. Per prima con più veemenza si è espressa Italia viva, che ha minacciato le dimissioni di massa: «Se non sarà lui a fare il passo indietro, lo faremo tutti. Non si può continuare così un minuto di più. Non dopo l'escalation di orrori di Bucha» riporta un comunicato di prima mattina della vicepresidente dei senatori di Iv, Laura Garavini, che è anche vicepresidente della commissione Esteri.
Il Partito democratico non ha ancora preso decisioni così drastiche, ma conferma che non lo vuole più: «In questo momento siamo decidendo come muoverci», spiega il senatore Fabio Porta. «Quel che è certo è che riteniamo incompatibile la sua posizione confermata peraltro dal voto di fiducia contrario al governo sul decreto Ucraina» che si è svolto la settimana scorsa. Secondo il Pd, le dimissioni «sono la strada più opportuna».
Il leghista Lucidi aggiunge: «La sfiducia da parte della commissione è unanime e il fatto che la situazione in Ucraina si stia aggravando dovrebbe porre fine alla questione». Non si esclude il boicottaggio dei lavori della commissione da parte dei suoi membri: «Quando partirà la seduta alle 14.30 capiremo cosa fare».
Alla fine la commissione si è riunita, niente boicottaggi, niente litigi per il momento, ma i parlamentari continuano a lavorare per raggiungere il risultato. Dopo alcuni scambi di maggioranza, la situazione è stata aggiornata alla conferenza dei capigruppo convocata per il giorno successivo.
Il presidente della commissione Esteri non molla la sua linea, e nelle scorse settimane ha chiesto di arrivare alla crisi di governo: «Penso che per il M5s sia arrivato il momento di ritirare ministri e sottosegretari dal governo Draghi. Questo governo ha deciso di inviare armi all’Ucraina in guerra, rendendo di fatto l’Italia un paese co-belligerante».
Il presidente dei Cinque stelle, Giuseppe Conte, ha replicato minacciando la sua espulsione: «Se lui dichiara questo oggi, a dispetto del ruolo che ha avuto sin qui in commissione, evidentemente si pone fuori da M5s, per scelta personale».
La missione negli Usa
Da tempo Petrocelli tiene contatti con la Russia, inclusi appuntamenti in ambasciata e viaggi. In passato avevano anche fatto scalpore alcune sue dichiarazioni filo putiniane, ormai celebre la frase sull’oppositore Aleksej Navalny nel 2017 «Navalny che blogger è? Rispetto a Grillo, un blogger del piffero».
Subito dopo l’esplosione della guerra, Petrocelli ha deciso di votare contro la risoluzione per l’invio di armi e la fiducia posta sul decreto Ucraina. Quando il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha tenuto il suo discorso in video collegamento con il parlamento Italiano, Petrocelli ha deciso di non partecipare.
Due settimane fa ha fatto discutere l’annullamento della missione dei parlamentari negli Usa. La delegazione che sarebbe stata presieduta dal parlamentare M5s e che si sarebbe dovuta recare negli Stati Uniti alla fine non è mai partita, la presidente del Senato, Elisabetta Casellati ha preferito cancellare la missione.
Sia Lega sia Italia viva rimarcano il cortocircuito: il presidente della commissione è dello stesso partito del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. «Sono del tutto inopportuni atteggiamenti filo Putin in parlamento e a maggior ragione di chi rappresenta una commissione così importante, in un partito che esprime per giunta il ministro degli Esteri», dice Garavini.
E il senatore Lucidi aggiunge: «Lo stesso ministro che oggi ha ritenuto opportuno espellere 30 diplomatici russi». Si pensa già al dopo Petrocelli. Per non squilibrare la maggioranza, i partiti sarebbero pronti a nominare un nuovo pentastellato, Gianluca Ferrara o Simona Nocerino. Ma per ora resta Petrocelli.
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