- L’origine di Fratelli d’Italia dimostra che i partiti continuano a essere gli attori centrali della politica, il canale fondamentale per allevare la classe dirigente.
- Una lezione per il centrosinistra: tornare a forze inclusive e democratiche, rappresentative del paese
- Questo articolo si trova sull’ultimo numero di POLITICA – il mensile a cura di Marco Damilano. Per leggerlo abbonati o compra una copia in edicola
Antonio Gramsci sosteneva che per creare un partito forte capace di installare un sistema di potere duraturo servissero tre elementi: una leadership coesa, un sostegno di massa nel paese e una struttura organizzativa robusta e radicata capillarmente.
Fratelli d’Italia, se ancora difetta di una struttura radicata territorialmente e una vasta schiera di amministratori locali, possiede sia il primo che il secondo elemento individuato da Gramsci. Da un lato ha un sostegno elettorale di massa, anche se non è ancora riuscita a convertirlo in una iscrizione di massa al partito, dall’altro ha un nucleo coeso di dirigenti al vertice del partito nazionale. Non è una cosa non da poco visto che, come diceva Gramsci, «si parla di capitani senza esercito, ma in realtà è più facile formare un esercito che formare dei capitani».
La militanza giovanile
Molte figure di punta di FdI, parte del cosiddetto “cerchio magico” di Giorgia Meloni, sono figure che provengono da una lunga storia di militanza in organizzazioni giovanili e universitarie di partito.
Dal Fuan, il Fronte universitario azione nazionale del vecchio Msi provengono – oltre a Giovanni Donzelli – Galeazzo Bignami, viceministro delle Infrastrutture, e la sottosegretaria all’Università Augusta Montaruli.
Dal Fronte della gioventù, giovanile dello stesso Msi, la stessa Meloni e Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla presidenza del Consiglio assurto recentemente agli onori delle cronache per la proposta (poi smentita) di insegnare il tiro a segno nelle scuole. Buona parte del mondo di Meloni proviene da organizzazioni legate al vecchio Msi il cui nome è stato poi modificato in Azione universitaria e Azione giovani come segno di discontinuità dopo la cosiddetta svolta di Fiuggi.
È noto il ruolo giocato dal circolo di Colle Oppio (prima dell’Msi e poi di An) in cui è cresciuta la stessa Meloni e da figure come Fabio Rampelli, attuale vicepresidente della Camera. Ed è anche significativo che Fratelli d’Italia abbia sede a Via della Scrofa 39, lo stesso edificio in cui aveva sede l’Msi, mentre Botteghe oscure, storica sede del Pci, è in via di trasformazione in un albergo di lusso.
Insomma, la storia di Giorgia Meloni è la storia di un movimento che è riuscito a mantenere accesa la “fiamma” del partito e il cui personale politico è molto marcato ideologicamente, cresciuto in buona parte in “giovanili” e “universitarie” di partito, in base a un cursus honorum partitico che era comune nella Prima repubblica, anche se andato in disuso durante la Seconda.
Ideologia antipartitica
Dopo la fine della Guerra fredda, con il trionfo della globalizzazione e l’illusione della classe media diffusa, l’idea era che bisognasse superare i partiti ritenuti troppo ingombranti e inadatti a una società sempre più complessa.
Coerente a questa visione era il mito della “società civile” e la ricerca di figure salvifiche “prestate alla politica”, come riflesso del forte sospetto della popolazione verso la politica istituzionale.
Anche a destra, nell’èra Berlusconi, si è cercato di sostituire la classe dirigente politica con personale proveniente dal mondo imprenditoriale o raccogliendo transfughi dal Psi e, addirittura, dai movimenti extraparlamentari degli anni Settanta.
Nonostante questo sospetto ideologico verso il partito politico e il fatto che i partiti di massa siano andati in crisi, buona parte del personale politico attuale continua a provenire da una esperienza di militanza di partito.
A sinistra
Anche nel Pd diverse figure centrali vengono del resto dalle organizzazioni giovanili, Nicola Zingaretti e Gianni Cuperlo sono stati segretari nazionali della sinistra giovanile (Cuperlo è stato anche l’ultimo segretario della Fgci, la giovanile del Partito comunista).
Enrico Letta e Dario Franceschini provenivano invece dal movimento giovanile della Dc, mentre il probabile nuovo segretario del Pd, Stefano Bonaccini, ha mosso i suoi primi passi come segretario provinciale della sinistra giovanile di Modena e poi come funzionario di partito.
Spostandosi più a sinistra sia il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni che l’altro leader del partito, Elisabetta Piccolotti, hanno militato nei Giovani comunisti (organizzazione giovanile di Rifondazione comunista ndr).
Tuttavia negli ultimi anni, a sinistra, le giovanili hanno perso buona parte dell’importanza che avevano 20 anni fa al tempo in cui sono cresciuti politicamente i leader attuali. Nel Pd i Giovani democratici hanno perso il loro peso e la capacità di creare classe dirigente.
Matteo Renzi – che fu più volte contestato dai giovani iscritti – è stato il segretario della giovanile di Partito popolare italiano.
Inoltre, la diminuzione degli iscritti e lo svuotamento della democrazia interna al partito, ha reso la classe dirigente di centrosinistra sempre più autoreferenziale.
Il caso M5s
La situazione è ancora più problematica nel Movimento 5 stelle che ha nel suo dna il sospetto per i partiti tradizionali, come il riferimento a una tradizione politica storica. È vero che nello statuto del 2021, promosso da Giuseppe Conte, i Cinque stelle ha cercato di rimediare ad alcune delle storture più estreme dell’èra Casaleggio, ma sono ben lungi da creare una macchina di partito e organizzazioni ausiliarie che gli permetta di creare classe dirigente.
Questa è una delle ragioni per la loro debolezza a livello locale, dove difettano non solo di “presenza fisica” nella forma di uffici e sedi aperti al pubblico, ma anche di personale politico preparato ad affrontare la difficile sfida dell’amministrazione.
Un attore ancora centrale
La natura del personale politico di Fratelli d’Italia mostra che, lungi dall’essere irrilevanti come predicevano alcuni durante i ruggenti Novanta e 2000, i partiti continuano a essere l’attore centrale della politica. Pur avendo perso molti degli iscritti che avevano qualche decennio fa, i partiti e loro organizzazioni giovanili continuano a essere il canale fondamentale attraverso cui viene allevata la classe dirigente.
Per fare fronte al governo Meloni le forze di centrosinistra dovrebbero tornare a creare partiti inclusivi e democratici, che siano effettivamente rappresentativi del paese, che siano capaci di selezionare la migliore classe dirigente e che invece di chiudersi su se stessi siano nuovamente capaci di dialogare con la società che vogliono rappresentare.
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