In sala sventola la bandiera tricolore. Al cinema nell’èra del governo Meloni andranno di moda le storie agiografiche dell’identità nazionale, rigorosamente avallate da una commissione ad hoc del ministero della Cultura di Gennaro Sangiuliano. Film di patria e di famiglia, che avranno più facilmente gli sgravi fiscali a dispetto degli estrosi registi e autori esterofili, marchiati dal simbolo del progressismo.

Finora lo schermo del tax credit al cinema è stato spento. Il decreto era atteso da mesi: è diventato un thriller nient’affatto apprezzato dagli attori protagonisti. Produttori, distributori, sceneggiatori e maestranze sono rimasti con il fiato sospeso in attesa della firma al provvedimento del ministro della Cultura. Lo strumento per gli sgravi fiscali è stato riscritto. Non un lifting, ma una rivoluzione come promesso dal ministro stesso e dalla sottosegretaria Lucia Borgonzoni, titolare della delega sull’audiovisivo, nonché rivale interna di Sangiuliano al Mic, al netto dei buoni uffici conservati di facciata.

Alla base del nuovo tax credit c’è la volontà ufficiale di evitare l’elargizione di finanziamenti a film poco visti in sala. A priori si prova a prevedere cosa piacerà al pubblico.

Tra le righe si legge il desiderio di spostare l’arte audiovisiva più a destra per raccontare personaggi e storie graditi alla narrazione governativa. Il tax credit diventa identitario. Ma con un effetto paradossale: il rischio di favorire i “big” a discapito degli esordienti italiani, quelle piccole produzioni indipendenti che necessitano di sgravi e risorse per provare a realizzare le loro opere.

Storie italiane

Il film del tax credit è stato insomma un kolossal nel settore. Decine di produzioni hanno messo in stand-by gli investimenti nell’attesa del “testo Godot”, annunciato a più riprese dalla primavera e che nessuno ha visto arrivare fino all’estate inoltrata. «Ora è al vaglio della Corte dei conti, già firmato da Sangiuliano e Giorgetti», garantiscono fonti del ministero della Cultura. A fine luglio, dunque, dovrebbe essere disponibile, salvo sorprese, la versione definitiva.

Ma tra una bozza e l’altra, il contenuto è sufficientemente noto per mettere in ambasce una buona fetta del mondo del cinema. La narrazione sarà in stile Fratelli d’Italia con una quantità maggiore di soldi da mettere su film, come riferiscono dal ministero, di «storie italiane».

Come sempre il follow the money, seguire la direzione dei soldi, è utile a comprendere le dinamiche. L’operazione patriottica del tax credit made in Italy è contenuta nell’impiego significativo delle risorse. Oltre 70 milioni di euro saranno dirottati dai contributi automatici, quelli previsti per chi ha i requisiti di legge, ai contributi selettivi, assegnati da un’apposita commissione che, come mission, avrà appunto quella di valorizzare – testuale – le «opere su personaggi avvenimenti dell’entità culturale italiana». Dall’entourage di Borgonzoni, in attesa di leggere il testo definitivo, trapela che dovrebbe trattarsi di una quota aggiuntiva.

Fatto sta che, secondo le ultime indiscrezioni, 52 milioni di euro dovrebbero essere riversati esclusivamente su progetti che valorizzino l’identità nazionale attraverso apposite figure storiche. Più cantori italici che cervellotici registi. Tradotto in termini pratici, aumenta la discrezionalità sull’assegnazione dei fondi per i film e si orienta la produzione verso la filosofia patriottica meloniana.

«Ce lo hanno chiesto direttamente i produttori», è la tesi veicolata dal Mic in via informale. In realtà gran parte del comparto è sul piede di guerra. Soprattutto monta la perplessità sulla composizione della commissione, che avrà un peso cruciale per l’assegnazione dei soldi necessari a realizzare i film. La richiesta è un ampliamento di questa “super giuria”, includendo profili delle imprese e delle associazioni che operano nel mondo del cinema.

Regista Borgonzoni

Più che il sempre loquace Sangiuliano, dunque, la vera regista del nuovo tax credit è Borgonzoni, sottosegretaria fedelissima di Matteo Salvini, che si sta costruendo un ruolo centrale nel mondo del cinema, valorizzando al massimo la sua delega al Mic. «Non si muove foglia senza che lei lo sappia e voglia metterci mano», raccontano fonti ben informate. Non senza creare perplessità e malumori tra gli addetti ai lavori.

La sottosegretaria leghista e Sangiuliano, peraltro, si marcano stretti. Il ministro, di tanto in tanto, lascia intendere che è lui a comandare: il decreto ministeriale sul tax credit è stato passato personalmente ai raggi X dall’ex direttore del Tg2 per evitare che ci fossero norme poco gradite. Alla fine è stato trovato un punto di caduta, lasciando molto malcontento in giro nel settore, tranne che in poche realtà, come l’Apa, l’Associazione produttori audiovisivi.

La cosa non sorprende: la presidente è Chiara Sbarigia, anche presidente della società pubblica Cinecittà, che vanta un legame di ferro con la sottosegretaria Borgonzoni. Nessuno avrebbe immaginato il contrario.

Sull’asse Cinecittà-Mic si è giocato anche il futuro di Nicola Maccanico, che ha rassegnato le dimissioni da amministratore delegato e direttore generale della società, nonostante la narrazione governativa lo indicasse disposto a tutto per restare incollato alla poltrona.

Maccanico ha tolto il disturbo per vari dissapori, in primis la scarsa condivisione della riforma del tax credit e del vento che spirava su Cinecittà. Tanto che al posto di Maccanico è pronta a sbarcare (all’inizio della prossima settimana) Manuela Cacciamani, altro profilo più vicino a Borgonzoni che a Sangiuliano.

Al festival di Berlino, la prossima amministratrice delegata della società di via Tuscolana ha tessuto le lodi del made in Italy cinematografico sotto lo sguardo compiaciuto della sottosegretaria. Una partita che intreccia nomi e norme, dunque.

Piccoli e danneggiati

Si torna al punto di partenza: il testo sul tax credit che riscrive i criteri di assegnazione dei fondi al cinema. Ci sono tante ombre per produttori e registi, soprattutto quelli in rampa di lancio.

Per accedere al beneficio bisognerà aver già coperto il 40 per cento del finanziamento complessivo previsto. Insomma, bisognerà avere in cassa quasi la metà dei fondi necessari, altrimenti non potranno arrivare le agevolazioni pubbliche.

Per un’opera da 2 milioni di euro servirà avere già pronti 800mila euro. La richiesta era quella di abbassare la soglia al 25 per cento, che rappresenta comunque un quarto. Borgonzoni, con il placet di Sangiuliano, non ha voluto sentire ragioni.

Il risultato? È più che probabile che molti autori e le piccole produzioni indipendenti dovranno rinunciare oppure rivolgersi ai big del settore, aumentando il peso specifico della Rai. Anche su questo punto dal ministero fanno professione di ottimismo: «Opere prime e seconde potranno beneficiare dei contributi selettivi». Di fatto bisognerà passare l’esame di una commissione ministeriale che esaminerà il contenuto. Premiando l’italianità delle storie come da decreto. E non solo. Per provare a beneficiare del tax credit bisognerà garantirsi una distribuzione importante, tra i primi venti per incassi. Con un’incognita: ogni anno cambia la graduatoria e diventa difficile comprendere a chi affidarsi.

Altri ritardi

Ma al ministero non ci sono solo i ritardi e le contestazioni sul tax credit. Altre risorse a disposizione sono finite a lungo nel dimenticatoio. Su tutti il caso del bando che finanzia, con un plafond di 7 milioni di euro, i festival cinematografici e le rassegne. Un contributo prezioso per alcune realtà, ma che quest’anno potrebbe arrivare fuori tempo massimo. I criteri per la partecipazione sono stati resi noti solo il 21 giugno: entro il 28 luglio si potranno presentare i progetti e la selezione finale arriverà – nella migliore delle ipotesi – in autunno, perché occorrono almeno un paio di mesi per la parte burocratica.

Un bel problema visto che lo stanziamento è chiamato a coprire i costi per le rassegne dell’anno in corso. Non a caso in passato il timing era stato diverso. Nel 2023 il bando era stato pubblicato ad aprile, mentre nel 2022 e nel 2021 era disponibile già prima della fine di febbraio. Un destino simile al bando Cips, cinema e immagini per la scuola. Il più classico dei film già visti.

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