Una leader, Giorgia Meloni, ossessionata dai complotti esterni, si ritrova a fare pure i conti con l’ombra di Mario Draghi. L’ex presidente del Consiglio, lo scorso 11 settembre, ha incontrato Marina Berlusconi a Milano. Un faccia a faccia rimasto riservato per qualche giorno, prima della rivelazione diffusa ieri dall’Ansa. Insieme ai due ci sarebbe stato anche Gianni Letta.

A confermare l’indiscrezione è stato l’entourage della figlia di Silvio Berlusconi: «Un incontro di cortesia già pianificato da tempo, oltre che un’occasione di conoscenza reciproca. Rientra nella prassi consolidata di incontri a vari livelli che la presidente Berlusconi svolge in qualità di imprenditore».

Ma la spiegazione formale non convince di certo Meloni, rinchiusa nel fortino dei sospetti. E da tempo preoccupata dall’attivismo degli eredi del Cavaliere. La notizia le è piombata sul tavolo in ore complicate. Anche perché appena il giorno prima – il 10 settembre – la premier aveva telefonato a Draghi invitandolo a palazzo Chigi per un confronto.

All’improvviso, a destra, è scattata la corsa ad avvicinare l’ex banchiere centrale, che giusto questa settimana ha illustrato il suo programma di rilancio per l’Unione europea. Con tanto di richiesta a Bruxelles di un cambio di passo. Cosa si saranno detti l’erede di Berlusconi e Draghi? Questa è la domanda che riecheggia nelle stanze di palazzo Chigi. Temendo un aumento del livello di scontro con Forza Italia.

Downgrade Lollobrigida

Come se non bastasse con la sindrome del complotto, Meloni deve fronteggiare le peggiori grane direttamente in casa. Francesco Lollobrigida è ormai considerato un problema dai vertici di Fratelli d’Italia e quindi a palazzo Chigi. Nessuno lo nega più nei conversari privati. La cosa non sorprende, nonostante risulti grottesca: nell’èra del potere meloniano, i fatti di famiglia diventano una questione di primaria rilevanza.

È il prezzo da pagare a un partito familistico.La fine della lunga relazione tra Francesco Lollobrigida e Arianna Meloni sta avendo un impatto sugli equilibri del governo. Le parole della sorella della premier durante il commiato a Lollobrigida («il nostro progetto politico va avanti») sono state frasi di circostanza.

Una vicenda che ha portato a sdoganare una parola impronunciabile fino a qualche giorno fa: rimpasto. La presidente del Consiglio sta facendo un po’ di riflessioni e qualche conto per capire come gestire la situazione senza dover salire al Quirinale per un nuovo giuramento e un governo Meloni II. Cerca consigli, si consulta con gli esperti e prova a capire l’orientamento di Sergio Mattarella.

La certezza è l’estromissione di Lollobrigida dal cerchio magico. Nel partito è iniziata a circolare la voce che sia stato lui a provocare l’allontanamento di Meloni dal vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli. Pettegolezzi tardivi che diventano segnali del fatto che il ministro è stato scaricato. E che potrebbero portarlo a lasciare il dicastero dell’Agricoltura.

Così si torna al punto di partenza: il nodo è personale. A «Lollo» sono stati perdonati gli errori, non la fine del rapporto con l’ex compagna, la sorella della premier, sebbene fosse deteriorato da tempo. E non giova il fatto che il nome di Lollobrigida sia stato tirato in ballo nell’affaire-Boccia, alla luce di quel primo contatto risalente all’agosto del 2023.

Per la sostituzione ci sono varie idee. La più plausibile è quella di portare Ettore Prandini, presidente della Coldiretti, al comando del Masaf, sfruttando i buoni uffici con le sorelle Meloni. Sarebbe una soluzione tecnica e politica allo stesso tempo. Ma ne esiste un’altra al vaglio dei vertici di Fratelli d’Italia: promuovere l’attuale capogruppo alla Camera, Tommaso Foti.

L’operazione farebbe aumentare il tasso di lealtà all’interno dell’esecutivo. Foti è considerato un fedelissimo. Con il passaggio a via XX Settembre, peraltro, si potrebbe trovare una collocazione a Lollobrigida nel “vecchio” ruolo di capogruppo. «Così da non farlo apparire un siluramento, magari dicendo che lascia il ministero perché è stanco», ragiona una fonte parlamentare di centrodestra ben informata sui fatti di governo.

Ipotesi rimpasto

C’è però una questione di timing. Dal 26 al 28 settembre è in programma a Siracusa il G7 Agricoltura. Meloni non vorrebbe presentarsi con il secondo ministro, dopo Gennaro Sangiuliano, sostituito in pochi giorni. Per questo prevale la linea attendista, il dossier sarà trattato da ottobre in poi.

Il prossimo mese sarà decisivo per gli equilibri governativi. Di sicuro bisognerà individuare il successore, o i successori, di Raffaele Fitto, destinato a diventare commissario europeo. Lo sdoganamento del rimpasto apre la strada all’assegnazione delle deleghe a profili non al governo, senza accentrarle a palazzo Chigi. Agli Affari europei un nome spendibile è quello di Giulio Terzi, già ministro degli Esteri nel governo Monti.

Per il ministero del Sud non mancano pretendenti: dalla deputata, sempre più in rampa di lancio, Ylenia Lucaselli, al vicecapogruppo alla Camera, Manlio Messina, c’è chi scalpita per avere l’incarico. Ma queste sono le briciole lasciate dalla partenza di Fitto. Il piatto forte arriva con le deleghe per il Pnrr e le politiche di coesione, ormai inscindibili per come è stata impostata l’attuazione del piano dal governo. I papabili non abbondano. Si vocifera di uno spostamento di Giovanbattista Fazzolari alla supervisione del Pnrr.

Il piglio deciso non gli fa difetto, lo ammettono pure i suoi detrattori. E tra una pedina e l’altra resta la questione di Daniele Santanchè, la ministra del Turismo con problemi giudiziari. Se la situazione diventasse insostenibile, in questo caso non ci sarebbero molti dubbi: Meloni promuoverebbe Gianluca Caramanna, deputato di Fratelli d’Italia esperto della materia.

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