L’approdo di Raffaele Fitto in Europa è un cammino lastricato di difficoltà. E non c’è solo il fardello dell’appartenenza alla destra di Fratelli d’Italia, estranea al perimetro della maggioranza a sostegno di Ursula von der Leyen, ma sul suo conto pesano lentezze e titubanze sull’attuazione del Pnrr in Italia.

Fino ad arrivare alle perplessità sull’assegnazione di incarichi a palazzo Chigi che hanno visto protagonista qualche profilo finito sotto i riflettori giudiziari. Insomma, il tentativo di Fitto di accreditarsi come il Mr. Wolf, oltre che Mr. Pnrr, del governo Meloni, ha funzionato nella propaganda. Ma, dopo le parole, servono i cantieri aperti e i lavori conclusi.

Resta indicativa la relazione della Corte dei conti europea, che ha svelato la strategia dilatoria del ministro. Nel 2026 dovranno essere finalizzati il 62 per cento degli investimenti previsti. Negli ultimi otto a disposizione per l’attuazione del Piano ci sarà da realizzare il 28 per cento delle misure.

In pratica due terzi dei target sono stati spostati alla fine. Nel caso le colpe saranno degli altri, è il mood. «Nel percorso di attuazione del Pnrr permangono problemi di accessibilità dei dati e di scarsa partecipazione delle parti sociali», ha denunciato proprio ieri la portavoce del Forum Terzo Settore, Vanessa Pallucchi.

Bisognerà andare di corsa. Eppure il governo ha licenziato una serie di interventi, spalmati su vari decreti, per velocizzare i lavori e rendere più accessibili i dati sull’attuazione.

Il bilancio non è dei migliori pure su altri versanti nelle mani del futuro commissario europeo: gli investimenti delle Zone economiche speciali pagano i ritardi nella realizzazione della norma, mentre gli accordi per il Fondo di sviluppo e coesione non sono ancora chiusi con le 3 regioni più importanti, che totalizzano circa il 40 per cento delle risorse messe a disposizione.

Il caso Grimaldi

Ma Fitto sta per lasciare un’eredità pesante anche sul capitolo staff. Tra assunzioni durate pochi giorni e nomine fuori luogo, con la ricaduta di tensioni politiche sui territori, lo spettacolo non è dei migliori.

La nomina di Massimo Grimaldi, 51 anni, consigliere regionale in Campania di Fratelli d’Italia, è stata uno degli svarioni. Il decreto di nomina è del 3 giugno, a pochi giorni dal voto per le europee, propedeutico al trasloco di Fitto a Bruxelles. Poco male. Il ministro ha deciso di reclutare un altro consulente, proveniente dal suo partito, per la gestione del Pnrr in Campania.

Un pasticcio che, paradossalmente, ha dovuto risolvere il diretto interessato. «La scorsa settimana, il 4 settembre, ho rassegnato le dimissioni perché il ministro è prossimo a lasciare. Il mandato sarebbe cessato tra poco», spiega Grimaldi a Domani. «Appena tornato dalle vacanze, ho deciso di rinunciare al ruolo a palazzo Chigi», aggiunge e «di fatto non sono mai stato operativo». Una nomina “balneare” che ha innescato una serie di cortocircuiti.

L’incarico, assegnato a titolo gratuito, è arrivato nel momento sbagliato: il 4 giugno, giorno dopo la formalizzazione dell’incarico, la Corte dei conti ha notificato a Grimaldi un «invito a fornire deduzioni» (paragonabile a un avviso di chiusura indagini) per un possibile danno erariale di oltre mezzo milione di euro.

La vicenda riguarda le retribuzioni assegnate ai componenti degli staff dei gruppi, con compiti di segreteria e di coordinamento, nel Consiglio regionale campano. Coinvolti diversi consiglieri.

I rilievi della Corte dei Conti

I magistrati contabili, al termine dell’istruttoria, hanno rilevato criticità in particolare per «l’inquadramento professionale configurato e le modalità di determinazione del trattamento economico». Un’indennità troppo alta rispetto alle funzioni e alle competenze dei profili scelti su base fiduciaria.

Grimaldi è uno dei più coinvolti dal punto di vista delle responsabilità. I magistrati contabili ravvisano due potenziali quote di danno: 394.855 euro per il periodo che va dal maggio 2019 all’aprile 2021 e 171.389 euro per l’arco temporale compreso tra il maggio 2021 dicembre 2022. In totale sono 566mila euro.

«Il caso riguarda tutti i componenti dell’ufficio di presidenza. Dimostreremo con sobrietà di non aver arrecato alcun danno alle casse pubbliche», si difende Grimaldi. Intanto Fitto gli aveva conferito un ruolo importante sulla gestione dei fondi del Pnrr sul territorio.

Ma non solo. L’atto di nomina ha irritato non poco il partito di Meloni in Campania, dove il consigliere regionale ha molti nemici. La candidatura all’Europarlamento – data per scontata fino a poche ora dalla chiusura delle liste – è saltata per un blitz degli avversari interni. Grimaldi è stato imputato in un processo per concorso esterno in associazione mafiosa, ma è stato assolto, perché «il fatto non sussiste», sia in primo grado che in appello.

Il procedimento è scattato dopo alcune rivelazioni di pentiti, secondo cui avrebbe beneficiato dei voti dei clan per entrare in Consiglio regionale. «La sentenza è stato il mio 25 aprile», ha commentato quando è stato assolto. Una dichiarazione incauta: dalle parti di FdI quella data non scatena entusiasmi.

I guai giudiziari sono stati la clava per colpire le ambizioni del Consigliere regionale. Secondo indiscrezioni sarebbe stata la deputata Chiara Colosimo, presidente della commissione Antimafia, a frenare sulla candidatura di Grimaldi, che per settimane era data per certa in rappresentanza del territorio casertano.

Il suggerimento di Colosimo, influenzata da dirigenti locali, è stato accolto dal coordinatore nazionale di FdI, Giovanni Donzelli che lo ha depennato dalla lista. Al suo posto è stato inserito il parlamentare Marco Cerreto.

Grimaldi «ha pagato il prezzo di non appartenere alla storia politica di Fratelli d’Italia», racconta una fonte che conosce le dinamiche politiche campane. Da sempre vicino a Stefano Caldoro, ex presidente della regione, ha fatto una trafila dal Nuovo Psi a Forza Italia. Troppo poco vicino alla fiamma (l’iscrizione a FdI risale al 2022), il suo nome ha scaldato poco.

La storia di Casal di Principe

La successiva chiamata a palazzo Chigi non ha reso felici i “fratelli campani”, facendo circolare una vecchia storia che grava sul conto di Grimaldi. Nel 2003 l’attuale consigliere regionale è stato interdetto per tre anni dal comune di Casal di Principe. In quel caso è stato scoperto in una sorta di bisca clandestina in compagnia di pregiudicati, alcuni armati, mentre giocava d’azzardo.

«È stata una dolorosa vicenda che ho pagato dal punto di vista personale», dice Grimaldi, ammettendo un problema di ludopatia. «All’epoca non ricoprivo alcun ruolo politico, ancora giocavo a calcio» aggiunge e «comunque quel provvedimento di interdizione nei miei confronti è stato poi cancellato».

Ma Fitto ha gestito a tentoni lo staff anche in altri casi. A maggio aveva chiamato tra i consulenti un fedelissimo, proveniente dalla “sua” Puglia, Pietro Guadalupo. Il contratto è durato meno di un mese. Risulta ancora in carica come consigliere per il Sud e le aree interne, Nicola Gatta, sindaco di Candela, in provincia di Foggia. Territori e personalità molto cari al ministro.

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