Il governo Meloni continua a mostrarsi conciliante con i partner europei ed evita lo scontro sulla riforma del Mes, pur restando l’unico paese che non ha ancora ratificato le modifiche al fondo europeo. Ma a casa propria, toni e modi sono ben diversi. Meloni ha convocato i sindacati per oggi: intende presentargli il decreto lavoro che contiene la cancellazione del reddito di cittadinanza, un nuovo via libera ai contratti precari e una riduzione delle imposte pagate dai lavoratori che i sindacati hanno già giudicato insufficiente.

Lo spazio per la discussione questa sera sarà praticamente inesistente: il testo del decreto, come mostrano le bozze che circolano in questi giorni, è praticamente già pronto e il Consiglio dei ministri che dovrà approvarlo è già stato convocato per lunedì, nel giorno della festa dei lavoratori.

Missione Giorgetti

«Nei negoziati in atto a Bruxelles è molto importante presentare il proprio volto migliore», aveva chiesto questa settimana il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Il governo Meloni lo ha ascoltato e la riunione dei ministri dell’Economia dell’Unione a Stoccolma si è svolta senza incidenti. Merito anche dei modi felpati del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Mentre il suo compagno di partito, il senatore leghista Claudio Borghi, cannoneggiava («Servono i nostri soldi per garantire le banche tedesche e francesi»), Giorgetti ha trascorso due giorni a Stoccolma spiegando pazientemente ai colleghi ministri dell’Unione le ragioni del suo governo.

Sul Mes ha ricordato il voto del parlamento contro la sua ratificazione. Ostacolo superarabile, ma che richiede qualcosa da portare in dote: un accordo sull’Unione bancaria, che non piace ai tedeschi, ad esempio. Sulla modifica al nuovo patto di stabilità, Giorgetti ha chiesto ancora una volta lo scorporo dal computo del deficit delle spese per il Pnrr, battaglia nella quale l’Italia non è isolata. Con un piccolo colpo di teatro su questo fronte, Giorgetti ha ritirato fuori un’arma retorica che aveva già usato in qualche colloquio ristretto in passato: togliere dal computo anche le spese per la difesa: «È assurdo dover scegliere se aiutare ucraini o rompere le regole del patto», ha detto a Stoccolma: un argomento al quale è difficile ribattere in questo momento. Al vertice non erano previste decisioni definitive e così l’ammuina del ministro ha funzionato. E la riunione si è chiusa senza imbarazzi.

Il decreto lavoro

Mentre Giorgetti trattava con i guanti i nostri i partner europei, la presidente del Consiglio Meloni faceva recapitare ai sindacati una convocazione a Palazzo Chigi per domenica sera. Tema dell’incontro: la discussione sul nuovo decreto lavoro che Meloni ha annunciato per il primo maggio. In realtà, i leader dei sindacati riceveranno una semplice comunicazione di quanto il governo ha già deciso. Le bozze del decreto circolano da giorni e sono ormai quasi ultimate. Il punto centrale è la cancellazione del reddito di cittadinanza, sostituito da quello che si chiamerà probabilmente “assegno di inclusione”, meno generoso nelle cifre, più difficile da ottenere e da mantenere. Le offerte di lavoro, ad esempio, dovranno essere obbligatoriamente accettate su tutto il territorio nazionale per i contratto di almeno un anno. Sul lavoro precario, il decreto prevede la cancellazione dell’obbligo di causale per i contratti fino a 12 mesi e innalza fino a 15mila euro la soglia dei contratti per prestazione occasionale per il comparto del turismo, delle fiere e dell’accoglienza. Di positivo per i lavoratori c’è solo un taglio del cuneo fiscale da 3,4 miliardi euro, che porterà a una maggiorazione in busta paga di circa 9 euro al mese per i redditi più bassi e di una quindicina di euro per quelli medi.

«È chiaro che essere convocati la domenica sera per un provvedimento che hanno già deciso e che faranno il lunedì mattina non è quello che noi abbiamo chiesto», ha commentato il segretario della Cgil Maurizio Landini, ancora più duro sull’abolizione del reddito di cittadinanza: «In un momento in cui aumenta la povertà? Una follia».

 

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