- Per i prossimi tre anni si potrà assumere nella pubblica amministrazione senza aver mai visto i candidati e senza sottoporli a nessuna prova orale né attitudinale.
- È questo il prodotto dell’incredibile emendamento di origine governativa approvato lo scorso primo giugno in commissione alla Camera.
- La ragione è la necessità di fare nuove assuzioni rapidamente, ma rinunciare a fare buoni concorsi perché non c’è tempo è sbagliato e pericoloso da più punti di vista.
Per i prossimi tre anni si potrà assumere nella pubblica amministrazione senza aver mai visto i candidati e senza sottoporli a nessuna prova orale né attitudinale. È questo il prodotto dell’incredibile emendamento di origine governativa approvato l’altro ieri alla Camera durante l’iter di conversione del decreto “per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche” (dl 44/23). Un emendamento che, modificando l’attuale legge introdotta meno di un anno fa, recita testualmente: «Fino al 31 dicembre 2026, in deroga al comma 1, lettera a), i bandi di concorso possono prevedere, per profili non apicali, lo svolgimento della sola prova scritta».
Una norma dettata probabilmente dalla malintesa preoccupazione di svolgere i concorsi nel minor tempo possibile, visti gli impegni e le sfide delle amministrazioni. Ma è proprio l’importanza di queste sfide che dovrebbe indurre il governo ad avere la massima cura nel selezionare i nuovi assunti sia dal punto di vista delle loro conoscenze, sia e soprattutto sulla base delle loro competenze, attitudini e motivazioni.
L’importanza della selezione
In un momento in cui le amministrazioni hanno bisogno di persone capaci di andare oltre la logica degli adempimenti procedurali e di prendere decisioni con discrezionalità, selezionare bene è un fattore decisivo per attrarre le nuove generazioni e per la qualità dell’azione pubblica. Rinunciare a fare buoni concorsi perché non c’è tempo è sbagliato e pericoloso da più punti di vista.
Innanzitutto, ridurre la selezione alla sola prova scritta conferma l’immagine del concorso pubblico come una lotteria, in cui si vince se si è fortunati con le domande dei quiz. Questa immagine non potrà che allontanare i migliori dal lavoro pubblico e attirare invece i “candidati seriali” che comprano tanti biglietti con la speranza di trovarne uno vincente. Si verifica così quella selezione avversa che, a parole, tutti dicono di voler evitare.
E poi, privarsi del contatto diretto tra la commissione e il candidato impedisce di portare in luce, magari attraverso prove che sfruttino le tecnologie digitali, le potenzialità, le attitudini, le capacità anche comportamentali, le aspirazioni e le motivazioni che sono fondamentali per ogni lavoro, ma ancor più per chi si candida ad essere un civil servant.
La questione dei tempi
Infine, è assolutamente infondato che non si possano fare concorsi accurati, con prove scritte e orali e, quando serve, anche prove attitudinali, in tempi ragionevoli. Le tante esperienze di successo di amministrazioni virtuose ed attente ci dimostrano che in poco più di cento giorni dalla pubblicazione alle graduatorie si possono svolgere ottimi concorsi. Lo abbiamo mostrato in un Vademecum per assumere presto e bene messo a disposizione da due anni da Forum Disuguaglianze e Diversità, ForumPA e Movimenta.
Eppure, la centralità delle persone che lavorano nelle amministrazioni e la qualità delle loro competenze sono state chiaramente indicate anche dal governo come decisive per il miglioramento di una Pa che deve sostenere le sfide del Pnrr e della programmazione europea. In occasione della sua partecipazione al Forum Pa 2023, la manifestazione centrale per l’innovazione nella Pa, il ministro delegato, Paolo Zangrillo, aveva affermato che «dobbiamo partire dalle persone: è questa la prima cosa che ho detto quando sono arrivato qui a Palazzo Vidoni fresco di nomina. Ogni organizzazione misura il proprio successo in ragione della capacità di valorizzare le persone, per cui questo è veramente uno dei temi cruciali anche per la nostra Pa».
Abdicare a questo impegno ed accettare come insuperabile l’incapacità delle amministrazioni di fare presto e bene, cercando pericolose scorciatoie, non solo è foriero di scelte che peseranno per decenni sulle nostre unità organizzative, ma dimostra la cronica sfiducia dei nostri legislatori verso le amministrazioni. Un messaggio che svaluta e scoraggia le tante esperienze positive che esistono in tutta Italia e da cui sarebbe necessario imparare, copiando metodi e strumenti e accompagnando con attenzione costante quelle amministrazioni che sono meno preparate.
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