- Il professor Sabino Cassese ha affermato recentemente che una proroga dello stato di emergenza non sarebbe giustificata a fronte di un evento con cui si convive da quasi due anni. Tale stato viene usato come “attaccapanni” per provvedimenti vari, ma legittima solo l’emanazione di ordinanze della Protezione civile.
- In Germania, invece, esiste una legge-quadro per le emergenze sanitarie, che definisce il perimetro dell’azione del governo federale e dei Länder in caso di diffusione di malattie infettive.
- Anziché usare la legge sulla Protezione civile come “attaccapanni”, perché dopo quasi due anni Governo e Parlamento non hanno predisposto una normativa in stile tedesco, per una gestione strutturata dell’epidemia in corso e di altre future?
In una recente trasmissione televisiva, il professor Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale, si è espresso sulla proroga dello stato di emergenza che, in base alla legge sulla Protezione civile, può essere dichiarato per dodici mesi, e poi prorogato per altri dodici.
Il problema di un nuovo prolungamento – ha detto il professore – è che «si dichiara un’emergenza di fronte a un fatto imprevedibile. Possiamo chiamare imprevedibile un fatto con cui stiamo convivendo da quasi due anni?». L’obiezione di Cassese è la sintesi di quanto avevamo spiegato in un articolo precedente, motivando l’irragionevolezza di una estensione ulteriore.
Il professore ha anche affermato che lo stato di emergenza, già prorogato per cinque volte, viene usato come «attaccapanni» al quale attaccare singole misure disposte con provvedimenti vari. Al riguardo, avevamo chiarito come gli unici provvedimenti che possono essere “attaccati” alla legge sullo stato di emergenza sono le ordinanze della Protezione civile. Cassese ha pure detto che, al di là dello stato di emergenza, tutto quanto è necessario per fronteggiare l’attuale situazione epidemica può essere disposto da provvedimenti ordinari. Al riguardo, infatti, l’ordinamento prevede strumenti per intervenire con rapidità in situazioni di bisogno: dai decreti-legge, alle ordinanze contingibili e urgenti del ministro della Salute, dei presidenti di regione e dei sindaci in tema di igiene e sanità pubblica (l. n. 833/1978).
Non un attaccapanni
Una legge che non è un “attaccapanni”, ma costituisce una ben definita cornice per le emergenze, è quella tedesca attualmente vigente. Dal 2001, in Germania, la cosiddetta legge sulla protezione dalle infezioni (Infektionsschutzgesetz) delimita il perimetro dell’azione del governo federale e dei Länder in caso di diffusione di malattie infettive, di qualunque tipo. Tale disciplina - che costituisce la base giuridica dei provvedimenti adottati dal governo centrale e dai governi dei Länder dall’inizio della pandemia - si colloca a propria volta nel quadro della Legge Fondamentale tedesca, ai sensi della quale solo il Parlamento può emanare atti che limitano diritti e libertà, nonché autorizzare altre autorità a tali atti. Spetta al Bundestag la dichiarazione della «situazione epidemica d’importanza nazionale», a seguito della quale opera la legge sulla protezione dalle infezioni.
Questa legge è stata oggetto di successive integrazioni, in relazione alle esigenze poste dalla pandemia, al fine di meglio definire l’azione di contrasto al Sars-CoV-2, i poteri delle autorità interessate e gli strumenti di cui esse possono avvalersi, per evitare sovrapposizioni e incertezza, nonché per intervenire con la rapidità necessaria in caso di aumento dei contagi.
Sono elencate in dettaglio le misure che il governo centrale e quelli dei Länder possono imporre (mascherina, distanziamento, limiti alla circolazione, chiusura di attività ecc.). I Länder devono giustificare le restrizioni prescritte e limitare l’efficacia temporale dei provvedimenti con cui vengono disposte, nonché motivare un’eventuale proroga e fornire informative al Bundestag.
Dunque, il quadro è chiaro. In Germania, la legge sulla protezione dalle infezioni definisce la griglia delle misure e le soglie di contagi che le consentono, nel rispetto del principio di proporzionalità, disciplinando le competenze e il ruolo dei diversi attori preposti alla loro adozione. La dichiarazione della situazione epidemica d’importanza nazionale rappresenta la base di questo impianto normativo.
In Italia, come detto, la legge sull’emergenza, cioè il Codice della Protezione civile, consente solo ordinanze di quest’ultimo organismo. Decreti-legge, Dpcm e altri provvedimenti emanati da febbraio 2020 sono motivati dalla situazione sanitaria, ma non trovano base giuridica nello stato di emergenza, come talora sembrerebbe, ascoltando dichiarazioni di rappresentanti delle istituzioni. Infatti, non abbiamo una legge analoga a quella tedesca che, come visto, nel presupposto della dichiarazione dell’emergenza epidemiologica, costituisce il quadro giuridico della relativa regolamentazione, legittimando misure e provvedimenti puntualmente indicati.
Lo “stato di emergenza” in Italia va ormai snaturandosi in qualcosa di diverso rispetto a quanto delineato dalla legge che lo disciplina: non solo sostanzialmente, per la mancanza del presupposto di un evento inatteso e imprevedibile, ma anche formalmente, dato che l’ultima proroga è stata disposta con decreto-legge, anziché con delibera del Consiglio dei Ministri (come richiesto dal d.lgs. 1/2018). Insomma, sembra che tale stato stia andando oltre i paletti normativi.
A proposito, anziché continuare a usare l’emergenza come “attaccapanni”, perché dopo quasi due anni Governo e Parlamento non hanno pensato di predisporre una legge-quadro in stile tedesco, per gestire l’epidemia presente e quelle future in modo strutturato e certo?
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