Per il Pd, il “day after” le vittorie del centrosinistra in Umbria ed Emilia-Romagna è il giorno dell’esultanza. Per gli alleati, invece, quello giusto per mettersi le dita negli occhi. A caldo, la sera della doppietta, Elly Schlein a Repubblica ha parlato di un partito, il suo, che «ha rialzato la testa, ritrovato un’anima, un profilo chiaro e una connessione con la nostra gente». Stamattina terrà una conferenza stampa al Nazareno. La linea resta quella dell’«unità» e dell’«umiltà», della «vittoria plurale e collettiva a cui hanno contribuito tutte le forze progressiste. I risultati ci dicono che siamo sulla strada giusta: non abbiamo nessuna presunzione di autosufficienza».

Al Pd è andata molto bene: ha quasi doppiato FdI in Emilia-Romagna (42,9 per cento contro il 23,7), l’ha staccato in Umbria (oltre il 30 per cento contro il 20). In Emilia-Romagna da solo ha portato a casa un risultato maggiore della somma di tutta la coalizione di destra, con punte stellari a Reggio Emilia, il 48 per cento. Nella famosa Bibbiano, da solo, ha preso il 53 per cento, e la coalizione il 66. In consiglio regionale, i 27 consiglieri dem hanno la maggioranza da soli. Lì la Lega passa dal 34 per cento al 5, e cioè dai precedenti 14 consiglieri a uno, e FdI da 3 a 11. Una evidente cannibalizzazione del partito di Giorgia Meloni su quello di Matteo Salvini. Nel 2024 le regioni al voto sono state sette: è iniziata 6 a uno per la destra, è finita 4 a 3. In questa competizione il Pd è il primo partito. Al Nazareno la sintesi è: «È finita una stagione». Tira un’aria nuova.

Il Pd forza trainante

Anche l’analisi dei flussi di voti fornisce indicazioni utili. «I candidati di centrosinistra sono stati più capaci di conservare i voti e, particolarmente in Emilia-Romagna, di attrarre l’elettorato centrista», spiega Fabrizio Masia, di Emg Different, una delle tre società del Consorzio Opinio che ha studiato i voti per la Rai. «Il calo dell’affluenza ha penalizzato il centrodestra, che, con un’affluenza pari alle tornate precedenti, in Emilia avrebbe perso di meno e in Umbria forse avrebbe persino potuto vincere». Morale di Masia: «Il Pd ha fatto una grande performance, e si conferma la forza trainante del campo largo».

Che poi, in altre parole, è quello che dice Matteo Ricci, già sindaco di Pesaro (ed essere stati sindaci si è rivelata la carta vincente, ha spiegato ieri il neopresidente dell’Emilia-Romagna Michele de Pascale) e papabile futuro candidato presidente delle Marche, regione al voto nel 2025: «La leadership del Pd nel centrosinistra è evidente», ma lo schema della coalizione non cambia, «noi dovremo essere intelligenti e generosi coi nostri alleati, ovvero l’ala movimentista rappresentata dal M5s, l’ala sinistra di Avs e una formazione al centro che attragga il voto moderato». Formazione, quest’ultima, di cui non c’è traccia, però.

In realtà fin qui il Pd è stato un asso-pigliatutto. E gli alleati già ricominciano a sfidarsi. Per Matteo Renzi senza Italia viva si perde, vedasi la Liguria. «Il centrosinistra in Italia è maggioranza numerica ma deve smettere di litigare», predica. Ma razzola male e lancia, ancora una volta, la sfida a Giuseppe Conte: «Spero che i Cinque stelle, visti i risultati non brillantissimi, possano finalmente capire che non c’è alternativa a ciò che Schlein ha detto qualche mese fa: “No veti, si va tutti insieme”. E quando si va tutti insieme si vince».

Per Conte la coalizione è un destino: «Da solo, ma ‘ndo va», è la battuta in romanesco per dire che ormai si sta «o di qua o di là». Per vantare l’indispensabilità di Iv, il senatore si intesta i risultati delle liste civiche: 3,8 per cento in Emilia (qui più di M5s, che hanno preso il 3,5), e 1,7 in Umbria. Eppure Iv non elegge nessun consigliere, né di qua né di là.

Iv incompatibile con Avs

Discorso che non va giù ai rossoverdi, anche loro non premiati dal voto. «L’impianto programmatico di chi prima era contrario al ponte sullo Stretto e oggi è a favore, di chi prima era contrario al nucleare e oggi a favore, di chi prima diceva che il petrolio fa male al clima e oggi dice che le trivellazioni sono necessarie non è compatibile con il nostro», chiude Angelo Bonelli: non sono «veti», ma «contenuti».

E se Conte tace sulle regionali, dopo aver fatto i complimenti “a caldo” ai due nuovi presidenti – in attesa del discorso alla costituente, il prossimo sabato 23 a Roma, l’ex premier ha parlato in aula sulla mozione sull’autonomia differenziata bocciata dalla maggioranza (le opposizioni hanno esposto i tricolori) – Nicola Fratoianni riferisce di averci parlato lunedì sera, lo ha trovato addirittura «molto contento» per aver contribuito alle due vittorie, «poi ogni passaggio elettorale ciascuno può misurarlo sulla base di un’attesa o di una speranza», ma il risultato «complessivo» dice «che la strada che Conte sta praticando è quella giusta».

Un dirigente M5s descrive questa strada con pennellate diverse: «La coalizione alle politiche si farà, ma fino a lì noi non possiamo legarci mani e piedi al Pd. Faremo le coalizioni alle amministrative dove sarà possibile». Ma senza precipitare in un matrimonio: «I nostri non lo vogliono».

Schlein ha rapporti freddi con Conte, ormai da mesi. Ma conosce la sua traiettoria. E non intende forzarlo. Un deputato a lei vicino tira le somme: «I nostri alleati non hanno capito che più litigano e più perdono voti. E il Pd viene premiato perché si presenta come una forza unitaria, un collante». Nessun veto a Renzi: «Il veto a Iv lo stanno mettendo gli elettori».

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