Effetto carro del vincitore per il bilancio 2023 del partito di Meloni che beneficia dell’aumento degli iscritti al partito in concomitanza dell’ascesa a palazzo Chigi
Il potere logora chi non ce l’ha. E soprattutto il potere fa bene alle casse di chi lo detiene. Il leggendario motto di Giulio Andreotti, riveduto e aggiornato, è sempre più valido anche di fronte ai bilanci dei partiti al governo, in particolare quello di maggioranza relativa.
Ne sanno qualcosa dalle parti di via della Scrofa, sede di Fratelli d’Italia, oggi cuore pulsante del potere politico italiano. Il partito di Giorgia Meloni ha chiuso il 2023 con i conti in attivo come mai era avvenuto nella sua storia.
Avanzo decuplicato
L’avanzo di esercizio ammonta infatti a 4 milioni e 900mila euro. Un balzo poderoso, praticamente dieci volte superiore rispetto al 2022 quando l’avanzo si aggirava intorno al mezzo milione di euro ed era già un record ritenuto eccezionale per un soggetto politico nato alla chetichella, lontano dai riflettori, all’epoca della scissione dal Popolo delle libertà. Un’èra fa, davvero.
La crescita degli introiti (in totale 11 milioni e 700mila di euro) è legata in gran parte all’aumento delle quote associative annuali, le risorse economiche provenienti dai tesseramenti: fino al 31 dicembre la somma è stata di 2 milioni e 800mila euro, molto più del doppio in confronto al milione e 200mila euro dell’anno precedente. C’è stata la corsa per avere in tasca la tessera ardente con la fiamma di Fratelli d’Italia.
La “Giorgiamania” è insomma esplosa da quando Meloni è approdata a palazzo Chigi. Era accaduto già con altre forze politiche, per informazioni citofonare a via Bellerio e chiedere a Matteo Salvini. Appena iniziato il declino elettorale, però, è scattata la fuga degli iscritti.
Fratelli di tessera
Poco male. Intanto FdI può gongolare e stappare spumante, rigorosamente made in Italy per evitare brutti scivoloni sull’acquisto di prodotti stranieri. Per capire le proporzioni, fino al 2021, quando FdI era all’opposizione dell’esecutivo di Mario Draghi, l’incasso per i tesseramenti non aveva mai superato il milione di euro. In due anni si è quintuplicato. Insomma, il buon vecchio carro del vincitore attira sempre frotte di persone.
Certo, il bilancio del partito della presidente del Consiglio viene rafforzato anche da altri fattori, come la performance del 2 per mille, la quota che ogni contribuente può destinare ai soggetti politici nella dichiarazione dei redditi. L’incasso del 2023 è stato di 4 milioni e 800mila euro.
Un bel bottino, secondo solo a quello del Partito democratico, che va proprio nella direzione di una capacità attrattiva esplosa in concomitanza dell’ascesa di Meloni.
Eletti e generosi
Il segretario amministrativo Roberto Carlo Mele ha potuto contare anche su laute donazioni, soprattutto da parte degli eletti in parlamento, chiamati a contribuire al benessere del bilancio di via della Scrofa.
Tra i campioni di contribuzioni ci sono nomi non di primo piano, come i deputati Paola Maria Chiesta, Marco Scurria e Andrea Volpi, e il senatore Michele Barcauiolo, che hanno destinato 42mila euro a testa al partito, 3.500 euro al mese.
Meno munifica invece la leader Meloni che ha versato solo 12mila euro, mille al mese in media, che comunque risulta più generosa di altri big come il responsabile organizzazione Giovanni Donzelli (11mila euro) e il presidente del Senato, Ignazio La Russa (6mila euro), giusto per fare due esempi.
Nel 2023 sono state relativamente poche le risorse, 81mila euro, arrivate da società e associazioni. Una delle più generose è stata la società di costruzioni Edit holding, che ha girato 20mila euro in totale.
La grande disponibilità economica ha permesso spese più spensierate. I costi sono stati di 6 milioni e 880mila euro. Solo a Gioventù nazionale, la giovanile di FdI, sono stati girati 342mila euro. Un premio all’attivismo tra le nuove leve. Ma anche le elezioni regionali hanno avuto un peso significativo sui costi sostenuto dai Fratelli d’Italia.
Dalle casse del partito di Meloni è uscito più di mezzo milione per la campagna elettorale a favore di Francesco Rocca, voluto proprio dalla premier come governatore della regione simbolo per un partito fortemente romanocentrico. Quello del 12-13 febbraio era un appuntamento da non fallire, quindi è stato necessario mette mano al portafogli.
Altri 163mila euro, poi, sono stati destinati alla campagna elettorale in Lombardia, uno sforzo minore visto che il candidato alla presidenza era il leghista Attilio Fontana con un esito dato scontato.
E chiaramente il bilancio solido ha consentito di aumentare gli esborsi per il pagamento degli stipendi: attualmente il partito di Meloni conta su otto dipendenti full time. E per gli stipendi sono stati spesi più di 400mila euro.
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