Dopo la Sardegna si teme l’effetto “emulazione” in Abruzzo e Basilicata. Sul governo peseranno la riduzione dei fondi del Pnrr e la cancellazione del reddito di cittadinanza
Non poteva esserci coincidenza peggiore per Giorgia Meloni. Se le manganellate di Pisa hanno avuto un peso sulle elezioni in Sardegna perse dal centrodestra, il voto sardo avrà altrettanti riflessi anche sulle prossime due scadenze regionali in Abruzzo e Basilicata. Difficile calcolarne gli effetti, ma certamente il successo del campo largo sull’isola ha già galvanizzato il candidato di centrosinistra Luciano D’Amico in Abruzzo, che il prossimo fine settimana andrà al voto. I sondaggi lo davano testa a testa con l’uscente e amico di gioventù di Meloni, Marco Marsilio. Ora la sfida è più che aperta.
La coincidenza negativa per il centrodestra, però, è duplice. Non c’è solo il rischio di un “effetto cascata”, ma anche il fatto che le prossime regioni al voto sono entrambe al sud.
Gli errori
Proprio nel Mezzogiorno sta montando il vero malcontento nei confronti del governo. Il taglio del reddito di cittadinanza (Rdc) pesa come un macigno nella percezione dell’opinione pubblica che più ne ha beneficiato. Il 31 luglio scorso in Abruzzo sono rimasti senza reddito 14.700 percettori su 24mila nuclei familiari totali. In Basilicata, su 11mila nuclei familiari, in 1.400 hanno subito l’interruzione. Da gennaio, infine, la misura è stata definitivamente sospesa e sostituita con l’assegno di inclusione. Non a caso – anche se Abruzzo e Basilicata non sono le regioni del sud che più hanno beneficiato del Rdc – il leader Cinque stelle Giuseppe Conte ha rilanciato: «Proporremo il reddito di cittadinanza in ogni regione conquistata».
Alla questione sociale si somma anche quella politica. Il governo Meloni ha inaugurato due misure che hanno messo in agitazione gli amministratori meridionali: da un lato l’autonomia differenziata voluta dalla Lega e in particolare dai suoi governatori del nord, dall’altra la rinegoziazione dei fondi del Pnrr che penalizza le grandi città e il sud Italia, con un taglio da quasi 8 miliardi. Inoltre, a subire un taglio è stato anche il fondo perequativo infrastrutturale, con un meno 3,5 miliardi.
Lo “scippo” non è da poco. Forse meno percepito dai cittadini rispetto alla cancellazione del reddito di cittadinanza, ma certamente ben chiaro ai sindaci che avevano proposto progetti e sperato di poter investire risorse. Questo, accanto alla paura che il centrodestra promuova un’Italia sempre più a due velocità con l’autonomia differenziata, ha spinto molti amministratori locali, anche abruzzesi, a seguire la protesta del presidente campano Vincenzo De Luca.
L’allarme non è sfuggito nemmeno all’uscente Marsilio, che infatti ha ottenuto dal governo un finanziamento da 720 milioni per la linea Roma-Pescara. Con Meloni che si è intestata – bruciando sul tempo dell’annuncio il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini – la «messa in sicurezza di un’opera strategica». Poca cosa, tuttavia, rispetto alle aspettative tradite.
Il rischio
Il rischio, in Abruzzo, riguarda soprattutto Fratelli d’Italia, che è il partito del presidente uscente. Alle passate regionali del 2019 aveva il 6 per cento. Alle politiche del 2022, come accaduto un po’ ovunque in Italia, è arrivato al 28 per cento ponendosi alla guida della coalizione di centrodestra locale. L’attenzione sull’esito, dunque, si riverbererà tutta sulla premier, vista anche la sua vicinanza al candidato, dirigente della sezione Msi di Garbatella che lei frequentava a quindici anni.
Proprio per questo la tentazione della Lega potrebbe essere quella di un disimpegno. Del resto, la parabola leghista in regione è stata uguale ma contraria a quella di FdI, con un passaggio dal 27 per cento alle regionali 2019 ad appena l’8 per cento alle politiche 2022, superata anche da Forza Italia che ha raccolto l’11 per cento.
Anche da questo è passata, nei ragionamenti interni di FdI, la scelta di ricandidare tutti gli uscenti in Umbria, Piemonte e soprattutto in Basilicata. La piccola regione meridionale, infatti, rappresenta un altro scoglio per il centrodestra, con il voto di aprile. Anche qui l’esito è incerto ma il candidato è il forzista Vito Bardi e il bis agli uscenti sgrava la premier dall’onere di doversi assumere in via diretta la responsabilità politica di una terza eventuale sconfitta.
Fantapolitica ancora, che il centrodestra è deciso a scongiurare. Certo è che – molto più del voto sardo, condizionato anche dalle dinamiche autonomiste dell’isola – un fallimento in Abruzzo e Basilicata sarebbe la prima vendetta del meridione alle scelte del governo.
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