L’Italia oggi dovrebbe mostrare un sussulto e la razionalità e il coraggio che non ha saputo mettere in campo sin qui, realizzando un discorso di verità sulle politiche migratorie. La legislazione attuale è fallimentare e permette la crescita di sfruttamento e violazione dei diritti umani
Mettersi alle spalle in modo netto e inequivocabile la legge Bossi-Fini. Questo imperativo non può più attendere. È una questione di civiltà. In Italia si è affermata un’idea secondo la quale il quadro legislativo in materia di immigrazione non debba essere realmente e poderosamente modificato. Ciò si sostiene (più o meno esplicitamente a seconda delle stagioni) favorirebbe gli “arrivi” alimentando il rischio dell’“invasione”.
In realtà questa, che è la narrazione della destra, è tutta una pura e semplice menzogna perché l’unica cosa vera – come testimoniato da numeri e voci provenienti da giuristi, organizzazioni dei diritti umani e organizzazioni di categoria – è semmai un’altra. La presenza di una legislazione tanto arretrata e inadatta sul piano dei veri processi di inclusione e gestione del fenomeno migratorio ottiene infatti un unico risultato: si favoriscono arrivi nell’illegalità, non si compie reale programmazione e gestione dei flussi, si alimenta la grande zona d’ombra dell’immigrazione non governata.
In fondo è, tutto ciò, pure una delle questioni drammaticamente chiamate in causa dalla terrificante vicenda di Satnam Singh. Il lavoratore morto di cinismo, di sfruttamento, di schiavismo in un contesto nel quale vanno spesso di pari passo varie forme di irregolarità. Quella dello status delle persone, quella contrattuale, quella delle condizioni di lavoro.
Una legislazione fallimentare
L’Italia oggi dovrebbe mostrare un sussulto e la razionalità e il coraggio che non ha saputo mettere in campo sin qui (anche, detto per inciso, quando ha governato il centrosinistra). E una classe dirigente politica ambiziosa e adeguata dovrebbe, per una volta, proprio in materia di politiche migratorie realizzare un discorso di verità. La legislazione attuale infatti è fallimentare e permette di far crescere sfruttamento e violazione permanente dei diritti umani.
Le persone non sono trattate come tali – e anzi la “disumanizzazione del migrante” diventa un ingrediente essenziale per la sua ricattabilità – e sono sottoposte ad un processo di regolarizzazione ostico e a un iter burocratico pazzesco, che peraltro grava pesantemente su prefetture, questure, enti territoriali.
Avremmo allora bisogno di tutt’altro, di una moderna legislazione – accompagnata da importanti innovazioni anche sul piano dell’irrobustimento di organismi ed enti improntati a gestire il fenomeno – che scommetta sul principio dell’emersione del fenomeno e della programmazione dei flussi. In pratica sulla risorsa che può rappresentare proprio l’immigrazione “legale”.
Le proposte dimenticate
Su questo terreno da tempo in parlamento giacciono proposte, in particolare quelle connesse alla campagna di anni fa “Ero Straniero” (che nell’indifferenza colpevole dell’opinione pubblica vide la mobilitazione di centinaia di migliaia di persone) e il Partito democratico è prontissimo a far valere le proprie ragioni sulle quali ha lavorato con grande attenzione innanzitutto il senatore Graziano Delrio, presidente del Comitato Schengen.
Il ragionamento in fondo è semplice: se si agevolano le opportunità di ingresso legale, se si irrobustiscono i canali d’accesso all’Italia e all’Europa, se si forniscono strumenti per l’ottenimento di permessi connessi alla ricerca del lavoro (quindi anche permessi di soggiorno temporanei in mano a chi il lavoro non lo ha), se si agevola lo strumento dello “sponsor”, le persone che arrivano saranno più capaci di far valere i propri diritti e non saranno l’oggetto delle forme di sfruttamento.
Viceversa proseguirà il modello che si è alimentato in tutti questi anni che, peraltro, impedisce qualsiasi forma di gestione programmata e quindi è un avversario del reperimento, nella legalità, di mano d’opera qualificata, tema che una parte della politica ha sempre paura di maneggiare ma che non può più essere rimosso.
Per favorire crescita e produzione noi abbiamo bisogno di reperire anche (ovviamente non solo!) lavoratrici e lavoratori d’origine straniera. Sin qui, nei fatti, abbiamo scommesso sulla loro dimensione di irregolarità permanente. Il che aiuta il caporalato e lo sfruttamento e di certo non la formazione e la qualificazione.
Bisognerebbe avere la forza di lasciarsi alle spalle tutto ciò.
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