- Nelle carte dell’inchiesta sulla fondazione Open ci sono alcuni messaggi di Matteo Renzi inviati su WhatsApp a un imprenditore suo amico che, secondo i pm di Firenze che indagano per finanziamento illecito, proverebbero una delle accuse principali rivolte al leader di Italia viva. Quella, cioè, di essere il capo di un organismo che agiva «come un’articolazione di partito».
- I giudici fanno riferimento a una vicenda precisa: quella dell’affitto di un aereo privato, usato dall’ex segretario del Pd per volare da Roma a Washington nel giugno del 2018, e pagato dalla fondazione con un esborso di circa 130mila euro.
- La missione di Renzi in Usa? Tenere un discorso pubblico in occasione della commemorazione dell’anniversario dei 50 anni dell’omicidio di Robert Kennedy.
Nelle carte dell’inchiesta sulla fondazione Open ci sono alcuni messaggi di Matteo Renzi inviati su WhatsApp a un imprenditore suo amico che, secondo i pm di Firenze che indagano per finanziamento illecito, proverebbero una delle accuse principali rivolte al leader di Italia viva. Quella, cioè, di essere il capo di un organismo che agiva «come un’articolazione di partito».
Un ente di cui il senatore Renzi era «direttore di fatto», e che utilizzava i finanziamenti ottenuti da aziende e privati anche «per le spese vive, talvolta anche personali». Ora i messaggi renderebbero evidente anche la circostanza di come «Renzi si rivolgeva a Open anche per costi elevati da sostenere in poche ore».
I giudici fanno riferimento a una vicenda precisa: quella dell’affitto di un aereo privato, usato dall’ex segretario del Pd per volare da Roma a Washington nel giugno del 2018, e pagato dalla fondazione con un esborso di circa 130mila euro. La missione di Renzi in Usa? Tenere un discorso pubblico in occasione della commemorazione dell’anniversario dei 50 anni dell’omicidio di Robert Kennedy.
La storia dell’affitto del jet era nota, ma i messaggi inediti di Renzi e altri scambiati tra componenti del cda di Open come Alberto Bianchi e Luca Lotti permetterebbero, secondo i magistrati, di evidenziare come «Open fosse del tutto prona alle esigenze di Renzi».
«Morti di fame»
Partiamo dai messaggi tra il senatore e Vincenzo Manes, ex consulente pro bono di Renzi ai tempi di palazzo Chigi, già finanziatore di Open, ricco imprenditore del rame e filantropo della Fondazione Italia sociale e Dinamo camp, attive soprattutto nel terzo settore. I messaggi WhatsApp sono del 3 e del 4 giugno 2018, e sono stati estratti dal cellulare sequestrato tempo fa all’amico del senatore. Entro poche ore Renzi deve essere negli Stati Uniti, ma c’è un impedimento grave: voli di linea economici utili a tornare in tempo per presenziare all’importante voto di fiducia del governo sovranista del Conte I non ce ne sono.
«Una domanda, Enzo» parte il senatore «mi ha invitato Bill Clinton mercoledì mattina ad Arlington per la cerimonia di Bob Kennedy. Lui farà discorso ufficiale, a me hanno chiesto di leggere discorso sul Pil. Una roba da seghe. Devo però votare contro grillini alle 17, e rischio di non avere voli. C’è qualche tuo amico riccone che viaggia dopo le 18 verso Washington? O hai contatti per prendere un aereo a poco? È una figata storica parlare a Arlington ricordando Bob Kennedy, ma non posso evitare di votare la sfiducia a queste merde».
Manes gli chiede se ha «chiesto a Diego» («è in Cina», dice Renzi), poi suggerisce di chiedere a Sergio Marchionne, infine suggerisce che un aereo «privato costa 100mila euro». Renzi risponde secco: «Centomila è troppo anche per Bobby Kennedy». Manes: «Chiedo a Kerry? (ex segretario di Stato di Clinton, ndr). Renzi: «No, lascia stare: sembriamo morti di fame». Passa ancora qualche ora, ma soluzioni e passaggi a buon mercato Manes non ne trova. Renzi allora gli annuncia: «Stiamo prendendo un volo privato come fondazione, non abbiamo alternative temo. Speriamo di poter partire da Parigi o Londra in serata. Oppure voliamo direttamente su Washington».
Dalla documentazione trovata dagli investigatori nella sede di Open, in effetti, si scopre che il 5 giugno la cassaforte dei renziani stipula un contratto di noleggio da quasi 135mila euro per un jet bireattore 12 posti tipo Dessault Falcon 900, per la tratta Ciampino-Washington. Andata lo stesso giorno, ritorno il 6 giugno.
Arriva Eyu
«Lo scambio dei messaggi tra Renzi e Manes, peraltro finanziatore della Open, evidenzia la posizione di preminenza del senatore Renzi rispetto agli impegni economici della fondazione stessa», scrivono in una relazione gli uomini del nucleo di polizia economico-finanziaria di Firenze.
Che poi aggiungono come, alla data del 5 giugno, l’organismo presieduto dall’avvocato Bianchi non aveva «la copertura necessaria a far fronte all’impegno economico assunto»: in cassa c’erano infatti poco più di seimila euro.
C’è dunque urgenza di trovare in tempi record contribuzioni per coprire le spese necessarie a Renzi per fare il discorso in inglese davanti al gotha del partito democratico americano.
Gli investigatori inseriscono nell’informativa alcuni scambi di sms tra Bianchi e Lotti che sembrano preoccupati dal costo esorbitante del volo. L’avvocato comincia: «134.900???! Ma ha perso la testa?». Lotti: «Non ho parole. Io gli ho detto che senza coperture non si può». Bianchi: «È il minimo». Lotti: «Eyu quanto mette?». Bianchi: «Senti Eleonora, ma non mi pare bastino».
In effetti, altri documenti evidenziano che la fondazione Eyu, guidata al tempo dal renzianissimo Francesco Bonifazi, il 6 giugno accredita sul conto corrente di Open “appena” 20mila euro, con la causale “contributo volontario” (per la cronaca, nel 2017 quando Bonifazi annunciò la nascita del nuovo ente poi chiuso dopo lo scandalo Parnasi dichiarò che Eyu si sarebbe occupata di temi vitali «quali l’immigrazione, la sharing economy, le prospettive di lavoro per i millenial e tanto altro»).
Per coprire il buco del jet mancano ancora 100mila euro. A chi chiedere altre «contribuzioni volontarie»?
Librandi il generoso
A leggere le carte dell’accusa, tocca a Gianfranco Librandi. Titolare della Tci Telecomunicazioni Italia, l’onorevole piddino, poi trasmigrato dentro Italia viva che ha donato negli anni ad Open la bellezza di 800mila euro, viene sollecitato. A luglio del 2018, in due tranche, arrivano proprio da lui i centomila mancanti.
Un appunto del 9 luglio 2018 sequestrato a Bianchi confermerebbe che il finanziamento del generoso politico e imprenditore arrivato a luglio 2018 serviva proprio a coprire i soldi del noleggio dell’aereo: «Dall’appunto manoscritto si evince che l’avvocato Alberto Bianchi attendeva l’arrivo di contributi per il pagamento dei debiti della fondazione Open tra cui le “utenze”, “l’aereo” e le “bollette MR”: «Librandi: prox sett...Open contributi, arrivati 50 Librandi», scrive in effetti l’avvocato di Renzi.
Gli altri 50mila della Tci Comunicazioni arriveranno l’11 luglio, e meno di una settimana dopo la Leader srl, la società che noleggiava l’aereo, dispone così una fattura da circa 129 mila euro a favore di Open, il prezzo finale del costo del volo di Renzi: «Volo effettuato per vostro ordine e conto in data 5 e 6 giugno 2018 sul percorso Roma Ciampino-Washington Dulles-Roma Ciampino», si legge nel documento contabile.
Renzi sarebbe dunque riuscito a volare in Usa grazie a Eyu e al suo amico Librandi. In due minuti e trenta secondi di discorso, davanti a una folta platea radunata al cimitero nazionale di Arlington, il senatore ha letto un brano di un celebre discorso di Robert Kennedy sul prodotto interno lordo che «non misura tutto, tantomeno lo spirito di una nazione» ha ripetuto Renzi.
«Con troppa insistenza e troppo a lungo sembra che abbiamo rinunciato alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni».
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