- Il decreto Genova del 2018 sancì che tutte le istanze di condono per gli immobili terremotati di Ischia fossero definite ai sensi della legge del 1985: se fossero rimaste assoggettate alla legge sul condono del 2003, non avrebbero potuto essere accolte.
- Il decreto del 2018 non si limitava a richiedere che le istanze di condono pendenti fossero definite, entro sei mesi, ma introduceva condizioni di sanabilità diverse e più lasche rispetto a quelle di cui alla legge del 2003. 2
- E se si cambiano le condizioni di sanabilità, elementi chiave di un condono, di fatto si sancisce un condono nuovo.
Il condono disposto nel 2018 per gli immobili di Ischia distrutti o danneggiati dal sisma del 21 agosto 2017 è il grande tema di questi giorni, a seguito della tragedia che ha colpito Casamicciola.
È bene mettere alcuni punti fermi e, soprattutto, chiarire talune inesattezze relative a quel condono che si sentono ripetere in questi giorni.
La norma sul condono a Ischia
Il cosiddetto decreto Genova (d.l. n. 109/2018, convertito in l. n. n. 130/2018, art. 25), emanato a seguito del crollo del ponte Morandi, ha previsto la definizione, cioè la conclusione, entro sei mesi delle procedure riguardanti istanze di sanatoria edilizia ancora in corso relative agli immobili distrutti o danneggiati dal sisma del 2017. Si tratta delle istanze presentate ai sensi delle tre normative di condono succedutesi dal 1985 al 2003 (l. n. 47/1985, governo Craxi; l. n. 724/1994, primo Governo Berlusconi; l. n. 326/2003, secondo Governo Berlusconi).
Il decreto del 2018 ha disposto che per la definizione di tali istanze trovi «esclusiva applicazione» la legge del 1985. Con un emendamento, poi, la definizione è stata subordinata al preventivo parere favorevole da parte dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico.
Infine, è stato previsto che la concessione dei contributi pubblici per la ricostruzione delle abitazioni distrutte o lesionate dal sisma sia condizionata all'accoglimento delle predette istanze. Ma tale contributo «non spetta per la parte relativa ad eventuali aumenti di volume oggetto del condono».
In buona sostanza, ai fini della concessione di contributi per il rifacimento delle abitazioni terremotate, è stata richiesta la preventiva definizione delle pratiche di condono riguardanti tali immobili, avanzate negli anni precedenti ai sensi delle diverse leggi citate. I contributi sono stati esclusi solo per la parte di sanatoria attinente agli aumenti di cubatura.
Questo, in sintesi, il contenuto dell’articolo 25, più volte citato negli ultimi giorni.
I vincoli idrogeologici
La questione relativa alla norma sul condono, emanata a seguito del terremoto di Ischia, è complessa. Occorre partire dai vincoli idrogeologici, vale a dire quella particolare forma di tutela del territorio rispetto a modifiche strutturali di terreni, corsi d’acqua ecc.. Secondo l’onorevole Sergio Costa, ministro dell’ambiente all’epoca della legge del 2018, governo Conte I, tali vincoli avrebbero precluso la condonabilità prevista. Le cose stanno un po’ diversamente.
La legge del 1985 (“primo condono”) consentiva la sanatoria in caso di violazione di vincoli idrogeologici, tra gli altri, a condizione che essi non comportassero inedificabilità assoluta, cioè non superabile dalla autorizzazione dell’autorità competente, e fossero stati apposti solo dopo l’edificazione dell’immobile per cui si chiedeva il condono. Quindi, salvo questi casi, i vincoli idrogeologici si potevano oltrepassare mediante autorizzazione amministrativa.
La legge sul condono del 2003 (“terzo condono”) introdusse una disciplina più severa e rigorosa rispetto quella del 1985, escludendo la possibilità di una sanatoria in presenza di inedificabilità non solo assoluta, ma anche relativa, cioè superabile a seguito di valutazione amministrativa.
In altre parole, con le norme del “terzo condono” le opere soggette a vincolo idrogeologico, di qualunque tipo fosse, e difformi rispetto alle disposizioni urbanistiche, sono divenute non condonabili.
Questo è il motivo per cui nel decreto del 2018 si sancì che le richieste di condono per gli immobili terremotati, avanzate ai sensi della legge del 2003 e ancora pendenti, fossero definite ai sensi della legge sul condono del 1985: se tali richieste fossero rimaste soggette alla stessa legge del 2003 che, come detto, non consentiva condoni in caso di vincoli di edificabilità – sia assoluti sia relativi - molte delle case colpite dal terremoto del 2017 non avrebbero potuto essere oggetto di sanatoria, anzi, si sarebbe dovuto procedere alla loro totale demolizione. Ed era ciò che nel 2018 evidentemente si voleva evitare.
A ciò si aggiunga che prima del 1985, data della legge che dispone il condono più permissivo, l’unico vincolo idrogeologico previsto era quello di cui al Regio decreto legge n. 3267 del 1923, che tutela i terreni contro i danni da pascolo, dissodamenti del terreno per coltivazioni ecc..
Si trattava, peraltro, di un vincolo superabile mediante autorizzazione amministrativa. Solo molti anni dopo, a seguito di legislazione regionale, i vincoli idrogeologici definirono un quadro molto più articolato rispetto a quello previsto dal Regio decreto del 1923 e divennero anche assoluti, attraverso l’esclusione della possibilità di ovviarvi mediante autorizzazione.
Nel 2018 vi fu un condono nuovo?
La risposta a questa domanda non è nel titolo dell’articolo 25 - «Definizione delle procedure di condono» - come qualcuno afferma. In termini giuridici, “definizione” significa chiusura, conclusione a seguito di completamento della valutazione degli elementi necessari alla conclusione di un certo procedimento. Procedimento relativo a un condono, in questo caso.
Il titolo è confermato dalla lettera della disposizione, ai sensi della quale le procedure di condono rimaste ancora aperte vengono definite, cioè concluse positivamente o negativamente, nel termine di sei mesi. Quindi, citare il titolo per dimostrare che ci fu un nuovo condono è un autogol, perché il titolo attesterebbe l’esatto opposto.
Ma un nuovo condono comunque c’è, ed è nascosto nelle pieghe della norma (art. 25), là dove si afferma che per la definizione di tutte le istanze di condono pendenti, relativamente agli immobili lesionati o distrutti dal sisma del 2017, si applichi la legge del 1985.
Il riferimento a quest’ultima legge permette teoricamente di rendere oggetto di condono case abusive che altrimenti ne sarebbero rimaste escluse perché la legge del 2003 non l’avrebbe consentito, essendo molto più restrittiva di quella del 1985.
In altri termini, la legge del 2018 non si limita a richiedere che le istanze di condono pendenti siano definite, cioè concluse, entro sei mesi, ma introduce condizioni di sanabilità diverse e meno rigorose rispetto a quelle di cui alla legge del 2003. E se si cambiano le condizioni di sanabilità, elementi chiave per la definizione di un certo condono, di fatto si sancisce un condono nuovo.
Questo è il motivo per cui, nonostante nel titolo e nel corpo della norma si parli solo della definizione di condoni precedenti e la norma sia scritta in modo da configurare apparentemente solo una velocizzazione delle relative procedure, di fatto quello per Ischia fu un nuovo condono: la norma del 2018, innovando rispetto al condono del 2003, introduce di fatto un condono diverso e ulteriore.
Con buona pace di Giuseppe Conte, presidente del Consiglio all’epoca in cui fu emanato il decreto Genova, il quale afferma che con quel decreto si intese solo accelerare domande di condono impantanate. I fatti sono quelli che abbiamo spiegato, e ora chiunque può farsi un’opinione.
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