- Il Partito democratico chiede di congelare le discussioni più difficili in parlamento, l’introduzione dello ius scholae (la cittadinanza per coloro che frequentano almeno cinque anni di scuola in Italia) e la legalizzazione della cannabis, ma solo per alcuni giorni.
- Come da consuetudine, i punti all’ordine del giorno che scavallano il mese devono essere riprogrammati per quello seguente. Una procedura che avrebbe portato l’esame dei due testi molto vicino alla chiusura delle attività parlamentari.
- Il rinvio invece ha certificato l’esame a luglio, a partire dal 5 del mese, ma verosimilmente verranno discussi dal 12 luglio in poi. Hanno la precedenza due decreti legge, il cosiddetto “Aiuti” e quello sulle semplificazioni.
Il Partito democratico chiede di congelare le discussioni più difficili in parlamento, l’introduzione dello ius scholae (la cittadinanza per coloro che frequentano almeno cinque anni di scuola in Italia) e la legalizzazione della cannabis, ma solo per alcuni giorni. E, utilizzando un espediente procedurale, si assicura in questo modo che entrambe le proposte di legge vengano discusse nel mese di luglio, senza che la consueta pausa estiva di agosto le faccia slittare inevitabilmente a settembre. Giovedì mattina, il deputato Pd Emanuele Fiano è intervenuto in aula alla Camera per chiedere il rinvio di cinque giorni dell’esame dei due provvedimenti, con 206 voti di differenza l’assemblea ha approvato la richiesta. La Lega ha votato a favore, facendo leva sulla sua contrarietà, resa pubblica in più occasioni e ribadita dal segretario Matteo Salvini negli ultimi giorni: «Altro che cittadinanza agli immigrati o droga libera: famiglie e imprese sono in una situazione drammatica e chiedono risposte. Chiediamo alla sinistra di non mettere a rischio la maggioranza e il governo, con proposte che nei fatti fanno male all’Italia», ha detto giovedì.
Posticipo tecnico
Il rinvio chiesto dal Pd è sia “tecnico” sia politico. Nel primo caso, va tenuto conto del calendario dei lavori dell’aula, deciso in precedenza dalla conferenza che riunisce i capigruppo di tutti i partiti. Almeno una volta al mese viene convocata per decidere quali provvedimenti dovranno passare dalle commissioni all’aula per essere esaminati e approvati. In una di queste riunioni era stato deciso di inserire in calendario le due leggi nel mese giugno; i lavori delle commissioni che si sono occupate rispettivamente dei due provvedimenti, Affari costituzionali e Giustizia, si sono prolungati, e l’aula li ha potuti discutere solo a fine giugno.
Come da consuetudine, i punti all’ordine del giorno che scavallano il mese devono essere riprogrammati per quello seguente, con il rischio di finire in coda a provvedimenti già inseriti in calendario, in questo caso del mese di luglio.
Una procedura che avrebbe portato l’esame dei due testi molto vicino alla chiusura delle attività parlamentari, che solitamente inizia nella seconda settimana di agosto fino a inizio settembre. Il rinvio invece ha certificato l’esame a luglio, a partire dal 5 del mese, ma verosimilmente verranno discussi dal 12 luglio in poi. Hanno la precedenza due decreti legge, il cosiddetto “Aiuti” e quello sulle semplificazioni.
Le mosse politiche
Il lato politico del rinvio, invece, ha due facce. Il governo continua a essere messo in discussione dalle divisioni e scissioni interne al Movimento 5 stelle, e più recentemente dalle prese di posizione della Lega sui due provvedimenti rinviati.
Tenere una discussione in aula su temi molto divisivi per la maggioranza non avrebbe giovato alla solidità dell’esecutivo, soprattutto se si tiene conto della convocazione del Consiglio dei ministri prevista nella stessa giornata di giovedì, in cui è stato esaminato il decreto Bollette ma anche la situazione politica interna. Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha lasciato in anticipo il vertice Nato a Madrid proprio per seguire in prima persona la riunione.
Il rinvio, infine, rappresenta anche una carta elettorale per il Pd. È praticamente certo che quando le due proposte di legge arriveranno al Senato non verranno portate avanti. I numeri della maggioranza sono più risicati rispetto a quelli della Camera, e la commissione Giustizia, che si occuperà sicuramente della cannabis, è in mano alla Lega.
Il suo presidente, Andrea Ostellari, ha già dimostrato di essere capace di frenare qualsiasi tipo di iniziativa legislativa invisa al suo partito, ne sono la riprova il provvedimento sul suicidio assistito (Fine vita) e il disegno di legge di Alessandro Zan (Pd) contro l’omotransfobia che giacciono nei cassetti di quel ramo del parlamento.
Per il Pd, però, è importante che i due provvedimenti vengano approvati almeno alla Camera e che lo si faccia prima di settembre, perché da ottobre in poi incombe l’esame della legge di Bilancio che inevitabilmente rallenta tutti gli altri provvedimenti. «Avendo la precedenza i lavori delle commissioni sul decreto Aiuti, che deve essere mandato al Senato», senza il rinvio, «lo ius scholae sarebbe finito in coda all’intero calendario di luglio già predisposto, mettendone a rischio il via libera», ha detto la capogruppo Debora Serracchiani.
Approvare ora la legge, così come quella sulla cannabis, rappresenta un segnale politico per il centrosinistra, da rivendicare davanti agli elettori. Se al Senato l’iter si fermerà, sarà più semplice attribuire le responsabilità al centrodestra e alla maggioranza eterogenea del governo Draghi.
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