La neosindaca di Firenze Sara Funaro è da sempre favorevole allo Ius soli. Comprensibile, per questioni di formazione culturale e politica. Intanto perché con le differenze e le diversità ci è cresciuta da bambina: classe ‘76, madre cattolica e padre di religione ebraica, di religione ebrea a sua volta, è psicologa e psicoterapeuta.

E prima di impegnarsi in politica ha lavorato con i minori, e per un periodo della sua vita si è trasferita a Salvador Bahia, in Brasile, dove ha lavorato con i bambini di strada. E dal 2014, con le due giunte di Dario Nardella, da assessora si è occupata dei “suoi” temi: welfare, sanità, casa, accoglienza, integrazione.

Nei giorni scorsi il dibattito pubblico è stato travolto dalle vicende del governo, l’affaire Sangiuliano e la sostituzione in corsa al ministero della Cultura. Il testacoda del governo ha oscurato il tema dei diritti dei nuovi italiani.

Le opposizioni si preparano a dare battaglia in parlamento. Firenze farà la sua parte. In Toscana, secondo il ministero dell’Istruzione, ci sono oltre 70mila alunni senza cittadinanza, il 15 per cento del paese: in prevalenza di origine cinese, albanese, marocchina, rumena, pakistana, bengalese e ucraina.

Firenze è la provincia con il numero maggiore di alunni senza cittadinanza, quasi diecimila nel capoluogo. In più di una classe su 10, oltre il 30 per cento degli alunni non ha la cittadinanza.

Sindaca Funaro, lei crede che sulla cittadinanza qualcosa si muova davvero?

Voglio crederci. Perché questo sullo Ius soli e sullo Ius scholae è un dibattito che da troppi anni va avanti nel paese. Io sono favorevole allo ius soli perché chi vive nel paese reale, cioè nelle nostre città, si rende perfettamente conto che stiamo segnando le diseguaglianze, che sono già troppe.

Per i nostri bambini e i per nostri ragazzi stiamo creando una condizione che di fatto rende loro impossibile capire perché hanno meno diritti. Faccio un esempio concreto. Ho conosciuto un bambino, di origine senegalese, che è arrivato in Italia quando aveva pochissimi mesi, in una condizione difficile, in una struttura d’accoglienza con la madre. La madre pian piano ha iniziato il suo percorso di integrazione, ha trovato lavoro, lui è cresciuto e sta andando a scuola.

Oggi è un bimbo con una vitalità straordinaria che parla l’italiano con una cadenza più fiorentina della mia. E ora che comincia a capire dove sta, bisogna spiegargli che lui non è italiano come gli altri compagni di scuola. Come si sentirà? Come crescerà? Questo, nel 2024, in un paese democratico, non è più possibile, non è un buon investimento per il nostro futuro.

Sullo Ius soli non c’è una maggioranza in parlamento.

Lo so, ma non smettiamo di batterci. Ma se non c’è ancora un consenso sullo Ius soli, almeno portiamo a casa lo Ius scholae, che sia un provvedimento che di fatto ci faccia fare un passo in avanti sui diritti fondamentali.

Siamo già in ritardo rispetto a quasi tutti i paesi europei. Per noi sindaci si tratta di una risposta da dare molto rapidamente. Perché ci troviamo ad affrontare questi temi quotidianamente.

E per chi parla con i cittadini, come è capitato a me da assessora prima e ora da sindaca, non è più possibile spiegare il perché di questa situazione senza rassegnarsi ad ammettere che il nostro non è un paese inclusivo. Quindi ben venga lo Ius scholae, come primo passo.

Lei crede che il sì di Forza Italia si trasformerà in un sì alla legge?

Voglio crederci. Da una parte Forza Italia dice di essere d’accordo, dall’altra dice che non è nell’agenda di governo e quindi si tratta solo di un’opinione senza conseguenze concrete. In ogni caso, questo dibattito estivo qualche speranza l’ha sollevata.

E ora spero che si porti la discussione anche in parlamento. Ma intanto anche noi sindaci possiamo fare la nostra parte. Simbolica, ma anche concreta.

Che intende?

Anche il centrodestra di Firenze si è spaccato su questo dibattito. Oltre al mio avversario, l’ex candidato sindaco della destra Eike Schmidt, hanno dichiarato di essere favorevoli allo Ius scholae anche consiglieri di Forza Italia e Italia Viva.

Ora, a breve, ricominceranno i lavori del nostro consiglio comunale. Sono già d’accordo con i capigruppo della mia maggioranza di portare avanti delle proposte per dare a Firenze la cittadinanza onoraria a tutti i nostri bambini e alle nostre bambine figli di stranieri con il criterio dello Ius scholae.

Schmidt si è detto d’accordo, ma Lega e Fdi no, anzi dicono che lo Ius scholae è «l’antipasto» con cui la sinistra porterà a casa lo ius soli. Quello che spera lei, del resto.

Intanto vediamo se Schmidt e gli altri consiglieri saranno conseguenti. Del resto durante la campagna elettorale il candidato ha sempre tenuto a mostrare il suo volto più liberale, per distinguersi dalla destra radicale. Lo aspettiamo in consiglio. Intanto noi ci saremo, e pensiamo che sia un segnale importante da mandare alla città. E al paese: potremmo non essere gli unici. Anche su questo tema, infatti, dalle città possono arrivare segnali forti. Ricordo che Firenze varò il registro virtuale per le unioni civili quando ancora non c’era la legge. La mia città non è mai stata seconda alle altre sul tema dei diritti, non lo sarà neanche questa volta.

Dall’opposizione si aspetta ovviamente anche l’“aiuto” di Italia viva, che a livello nazionale ha offerto la sua collaborazione al Pd e al centrosinistra?

A Firenze abbiamo fatto una coalizione di centrosinistra ampia, che andava dalle forze progressiste a quelle riformiste; una coalizione frutto di un percorso che è iniziato a dicembre, durante il quale abbiamo costruito il nostro progetto a partire dai temi.

C’è stata una fase nella quale abbiamo provato ad aprire un dialogo con le altre forze del centrosinistra, a partire da M5S e Iv, ma non c’è stata la possibilità di chiudere quel percorso e a quel punto abbiamo iniziato la nostra campagna elettorale, raccontando ai cittadini il nostro progetto di città e i nostri valori e punti identitari. È stata una battaglia dura e complicata, il campo del centrosinistra era molto frammentato, ma i cittadini hanno capito benissimo che la battaglia era tra noi, ovvero il centrosinistra, e la destra.

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