Il 25 giugno la Camera dei deputati ha approvato all’unanimità la proposta di legge del Partito democratico per l'assistenza sanitaria alle persone senza fissa dimora. «È da come un Paese tratta la cura delle persone che si valuta il suo livello di civiltà – dice soddisfatto a Domani Marco Furfaro, responsabile welfare della segreteria del Pd e primo firmatario del ddl –. Questa legge non solo restituisce il pieno diritto alle cure a decine di migliaia di esseri umani, ma finalmente sapranno che lo Stato non li ha abbandonati».

Ora tocca al Senato discutere una misura che allarga anche a chi non ha una residenza l’accesso alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale. Un testo – quello approvato il 25 giugno a Montecitorio – meno ambizioso rispetto a quello originario, perché frutto di un compromesso tra le forze politiche, ma che comunque estende il diritto alla salute anche a chi, fino ad oggi, ne era escluso per motivi burocratici. «Approvando la misura all’unanimità, la politica riesce a dare di sé l’immagine più bella. Quella che cambia la vita delle persone, in meglio», sottolinea Furfaro.

«La legge sana un’ingiustizia»

Nonostante l’articolo 32 della costituzione parli della salute come un diritto fondamentale «dell’individuo», ancora oggi – e fino a quando l’iter non sarà concluso anche al Senato – l’iscrizione al Sistema sanitario nazionale è per questioni burocratiche, e come prevede la legge istitutiva del 1978, subordinata alla residenza anagrafica. Senza la quale non si può avere un medico di base, prenotare una visita medica o altri interventi di medicina preventiva. 

«La legge sana un’ingiustizia, restituendo a tante persone quanto gli è stato tolto da una stortura: il diritto ad accedere pienamente al sistema sanitario, pubblico e gratuito – afferma Furfaro –. Quel sistema che non dovrebbe lasciare indietro nessuno, che dovrebbe riservare cura e assistenza a tutte e tutti, senza distinzioni di nessun genere»

Al via da gennaio 2025

Nella sua versione originaria, il disegno di legge si proponeva di estendere l’assistenza sanitaria di base a tutte le persone senza fissa dimora, con un costo stimato di 4 milioni di euro, ma il dialogo delle opposizioni con i partiti di centrodestra ha portato a un compromesso più limitato. Si partirà con un «programma sperimentale», come si legge nel testo, e un finanziamento di due milioni di euro per il 2025 e per il 2026. 

«Il governo e la maggioranza hanno da subito interloquito con me, non mostrando problemi politici sul tema, ma di natura tecnica su platea e costi – spiega il primo firmatario della legge –. Per questo siamo arrivati al compromesso di iniziare dal 1 gennaio 2025, quando le persone senza dimora potranno iscriversi nei registri delle Asl e accedere al medico di base. Coinvolgeremo le associazioni del Terzo settore, in modo da individuare bene numeri e costi, per poi estendere la norma in tutto il territorio nazionale», aggiunge Furfaro.

Riguarderà 14 città metropolitane e 60mila homeless

Il fondo sarà destinato alle 14 città metropolitane istituite in Italia (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia): un territorio che copre il 16 per cento dei comuni e il 36 per cento della popolazione italiana. Nelle città più grandi, secondo l’ultimo censimento Istat, si trovano più del 60 per cento delle persone senza dimora, tra le 50 e le 60mila. E l’iscrizione nei registri delle Asl avverrà appoggiandosi alle associazioni.

Il ddl Furfaro approvato alla Camera estende su quasi tutto il territorio nazionale quanto già previsto in cinque regioni: due guidate dal centrosinistra (Emilia-Romagna e Puglia) e tre dal centrodestra (Abruzzo, Marche e Liguria), mentre in Piemonte esiste dal 2022 il “tutor socio-sanitario”, che ha il compito di accompagnare le persone senza dimora nella presa in carico.

Cosa cambia

Oggi una persona senza fissa dimora ha diritto alle cure in pronto soccorso e, più in generale, a tutti i servizi d’urgenza, a prescindere dal requisito della residenza. Con due conseguenze.

Anzitutto, senza medico di base viene meno la sua funzione di “filtro” e tutti quegli aspetti preventivi che spesso evitano l’aggravarsi di una situazione sanitaria. C’è poi un aspetto economico. La spesa per un intervento in pronto soccorso è mediamente di 250 euro, mentre il medico di base costa circa 70 euro annui. E secondo alcune stime, le persone senza tetto – proprio per l’assenza di filtri precedenti – si presentano ai pronto soccorsi anche dieci volte l’anno.

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