- Mentre nessuno in verità si aspettava di vederli, i manifesti stanno ricomparendo sui muri delle nostre città.
- Fra i primi a muoversi sono stati il Pd e FdI, con due campagne dai registri e gli obiettivi comunicativi opposti.
- Da una parte un Pd che ha la necessità di fare emergere la sua agenda, dall’altra FdI che mira a ribadire la leadership nel centrodestrra e, al contempo, a rassicurare e apparire un soggetto politico affidabile.
E all'improvviso eccoli. Mentre nessuno in verità si aspettava di vederli, stanno ricomparendo sui muri delle nostre città. Stiamo parlando dei vecchi e tradizionali manifesti elettorali grandi formato, protagonisti indiscussi delle campagne elettorali degli anni ‘90 e dei primi anni 2000, considerati, forse un po’ troppo precocemente, superati dalla rete e dalla loro evoluzione social: le web card.
Fra i primi a muoversi sono stati il Pd e FdI, due partiti molto distanti per collocazione e programma politico. Differenze che, a una attenta analisi, si ritrovano nei manifesti e nelle strategie comunicative adottate.
Il Partito democratico
Il partito guidato da Enrico Letta ha prodotto una serie tematica di ben dodici soggetti, ciascuno su una proposta specifica – lavoro, studenti, medici di famiglia, energie rinnovabili, ius scholae, etc – destinata a un’affissione su larga scala, comprendente 40 città, stazioni ferroviarie, aeroporti, porti marittimi, stazioni balneari, in modo da intercettare sia gli italiani rimasti a casa, sia quelli in viaggio, sia quelli in vacanza.
La campagna realizzata dall’agenzia Proforma, storica mente creativa della sinistra italiana a partire dalla famosa campagna per Nichi Vendola “pericoloso” ed “estremista” alla presidenza della regione Puglia nel 2005, punta sulla pulizia, semplicità e sobrietà della comunicazione.
Manifesti monocromatici, con il colore in alcuni casi collegato al tema, una proposta scritta in grande con un font pulito e bastoni, un sintetico sottotesto di spiegazione, che nella versione 6x3 non occupa più di una riga.
Quindi, il simbolo e lo slogan della campagna “Vincono le idee”, che rafforza il concept di una comunicazione senza eccessi, toni gridati, che mette in primo piano il partito e non il leader. Una campagna molto simile a quella realizzata sempre da Proforma per il Partito democratico nel 2018, meno dettagliata della attuale, allora dettata dalla necessità di depersonalizzarne il più possibile la comunicazione, eccessivamente connotata dalla figura del suo segretario Mattero Renzi, fortemente impopolare dopo la sconfitta elettorale al referendum istituzionale del 2016. Il quale però non ha resistito alla tentazione di essere presente almeno nello spot “Pensaci”, realizzato quell’anno per la rete e i cinema.
Fratelli d’Italia
Centrale nel manifesto di Fratelli d’Italia è invece l’immagine della sua leader Giorgia Meloni. Una personalizzazione esplicita, come nella tradizione di FdI e del centrodestra, solo in parte attenuata dalla forma plurale dello slogan «pronti a risollevare l’Italia», che per uso del grassetto e per dimensione della parola iniziale, risulta quasi urlato.
Si tratta di un manifesto istituzionale, che posiziona il partito e ne esplicita le ambizioni politiche, senza addentrarsi in punti programmatici specifici. Da una parte, proposte e temi enunciati da una forza politica, dall’altra un’autoaffermazione di adeguatezza da parte del leader che si autocandida a presidente del Consiglio.
Un cambio di status che impone un intervento sull’immagine di Giorgia Meloni, ritratta sorridente e serena con il capo appoggiato sulla mano sinistra in una posa che richiama riflessione e ponderatezza.
Una Meloni molto diversa dalla pasionaria dei manifesti del lontano 2013 quando, sguardo verso un orizzonte lontano, proclamava “Senza paura” o, solo l’anno scorso, con aria dura e di sfida annunciava “L’Italia del riscatto”.
Il risultato è una leader di FdI più vicina a Marine Le Pen dopo il restyling di immagine in vista del ballottaggio per le elezioni presidenziali francesi, e meno Giovanna d’Arco.
Due strategie e registi comunicativi opposti fra un Pd che ha la necessità di fare emergere la sua agenda, troppo spesso appannata da compromessi e alleanze, e FdI che mira a ribadire la leadership nel centrodestrra e, al contempo, rassicurare e apparire un soggetto politico affidabile.
Il peso che questi manifesti possono avere, in epoca di campagne digitali combattute a colpi di post e tweet, sull’orientamento delle opinioni degli italiani e sull’esito delle elezioni è dubbio. Ma la loro presenza sui muri delle nostre città serve quantomeno a ricordare agli elettori distratti dall’estate e che non vivono immersi nella rete, dove la pre campagna impazza, che il voto del 25 settembre si avvicina, e a tematizzare alcuni argomenti, ben rappresentando differenze programmatiche e valoriali.
Dati e materiali provengono dal monitoraggio della campagna elettorale sviluppato dall’Archivio spot politici dell'Università di Roma Tre in collaborazione con Extreme e Kapusons.
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