- Le nomine per la società Stretto di Messina hanno riportato in auge Ciucci e Recchia, passati già da Anas, Eni e Tim.
- Descalzi ha espanso il business dell’Eni dalla Libia al Mozambico, e piace moltissimo alla compagine di governo, tra Adolfo Urso che auspica una maggiore presenza militare in Africa e il “piano Mattei” annunciato da Meloni. Pazienza se la prima nomina è renziana.
- Di fronte alle grandi sfide per il futuro delle riforme, il governo Meloni ha pensato bene di farsi proteggere da un altro highlander della repubblica: Sabino Cassese, 87 anni.
Chi se lo ricorda più quando la destra amava «la maschia gioventù», quando dicevano «vogliamo che i giovani raccolgano la fiaccola». Senza fretta. Di certo non ne ha il governo di Giorgia Meloni, la presidente del Consiglio che un anno fa urlava in comizio ai suoi elettori «penso che bastiate, e basteremo», come una volta si doveva vincere e ardire a ogni impresa. Al momento delle nomine si guarda intorno e giovani non ne vede, per aziende di stato e vertici le resta solo gente venuta dal passato. La fiaccola, la raccolgano loro.
Il vicepremier e segretario della Lega Matteo Salvini, ministro dei Trasporti, ha stupito tutti con i nomi selezionati per la società Stretto di Messina. Per fare il ponte ha deciso di nominare ad Pietro Ciucci, anni 72, già passato dallo stesso incarico dalla prima nascita alla (prima) morte della società, dal 2002 al 2013.
La Stretto di Messina
Era giovanissimo e aveva già una poltrona in Società autostrade, poi nell’Iri e infine in Anas (azionista della Società dello stretto) con altri incarichi collaterali, tra 2006 e 2015. Poltrone ha continuato ad averne anche quando si avvicinava la pensione.
Tanto che quando nel 2013 ha assunto la triplice carica di amministratore, presidente e direttore generale, ha deciso di lasciare l’ultima con una buonuscita da 1,8 milioni, auto-attribuendosi un’indennità di “risoluzione senza preavviso”.
A una figura così esperta, Salvini ha deciso di affiancare come presidente Giuseppe Recchi, 59 anni, quasi un ragazzino, imprenditore e manager nel settore delle grandi costruzioni. Nel maggio 2011 era stato nominato dal governo Berlusconi IV presidente del gruppo Eni. Poi l’approdo a Telecom e il passaggio dal 2017 ad Affidea, multinazionale dei servizi di diagnostica per immagini.
Si conoscono tutti
Nomi che parlano non solo di patria, ma quasi di famiglia. I campioni del governo si conoscono bene tra loro. Il caso vuole che Recchi sia stato presidente Eni durante il secondo mandato di Paolo Scaroni, l’ex ad del Cane a sei zampe, adesso tornato per presiedere Enel.
Classe 1946 (76 anni) fino al 2002 si è segnalato come manager privato, ma con il secondo governo Berlusconi, si specializza anche in aziende di Stato, a partire dall’Enel. Imputato varie volte, sempre assolto, tranne in un caso, quando ha patteggiato: inchiesta Mani pulite, tangenti al Partito socialista nel 1992.
Ha siglato i contratti con Mosca che hanno reso l’Italia dipendente dal metano russo fino allo scoppio nel conflitto in Ucraina. Nel 2008 ha avviato la scommessa sull'esplorazione oil and gas, con Claudio Descalzi, all’epoca direttore della divisione Eni Exploration & Production oggi amministratore delegato dell’Eni per la quarta volta. Un amore predestinato. Descalzi ha espanso il business dell’Eni dalla Libia al Mozambico, e piace moltissimo alla compagine di governo, tra Adolfo Urso che auspica una maggiore presenza militare in Africa e il “piano Mattei” annunciato da Meloni. Pazienza se la prima nomina è renziana.
Giovani in Rai ne abbiamo? Oddio, c’è Roberto Sergio, nuovo ad, anni 63. La sua presenza nelle società pubbliche è partita nel 1985 e si deve alla Democrazia Cristiana. Ad accrescere la sua allure da boiardo è emerso che Pier Ferdinando Casini (40 anni in parlamento e dieci legislature) è stato suo testimone di nozze. Nel 2004 è chiamato in Rai come direttore dell'area Nuovi Media e da allora è rimasto nella Tv di stato in vari ruoli. La destra cerca la controegemonia, e lui ne ha viste cinque o sei.
Infine il generale Francesco Paolo Figliuolo. L’alpino è stato scelto dall’ex presidente del Consiglio Mario Draghi come commissario per il Covid-19, poi è passato al Covi, il comando operativo interforze. Per l’esecutivo potrebbe essere buono pure per la ricostruzione in Emilia-Romagna, rispetto agli altri risulta ancora poco usato. Di fronte alle grandi sfide per il futuro delle riforme, il governo Meloni ha pensato bene di farsi proteggere da un altro highlander della repubblica: Sabino Cassese, 87 anni.
Era a palazzo Chigi quando c’era Craxi, addirittura, già ministro per la pubblica amministrazione con Carlo Azeglio Ciampi nei primi anni ‘90, passato dalla Corte costituzionale, in passato ha appoggiato la riforma della Carta propugnata dal governo Renzi del 2016 (e bocciata dal referendum). Adesso interviene sulle riforme di Meloni e presiede il comitato del ministro Roberto Calderoli sui Lep. «Non siamo gli ultimi di ieri ma i primi del domani», diceva una frase del 1928. Sono comunque sempre gli stessi.
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