- Le elezioni amministrative sono andate male per il terzo polo, che nei comuni superiori raccoglie poco più del 2 per cento dei voti.
- Il contraccolpo lo subisce soprattutto Azione, che perde dirigenti, consiglieri e parlamentari dalla Toscana al Piemonte.
- I dissidenti chiedono maggior condivisione e il ritorno di un percorso comune con Italia viva. Calenda però per il momento tira dritto.
Le amministrative non sono state una prova brillante per l’ex Terzo polo formato da Azione e Italia viva. Secondo YouTrend, nei 91 comuni con più di 15mila abitanti andati al voto, il Terzo polo ha raccolto poco più del 2 per cento dei voti. A Siena, città simbolo del disastro, la lista di Azione, che correva da sola, ha ottenuto appena 318 preferenze, e quella di Italia viva, che non ha nemmeno presentato il simbolo, anche meno.
A Brescia, dove alle politiche il Terzo polo aveva ottenuto il 13 per cento e più di 12mila voti, ha dimezzato il suo consenso: 7 per cento e poco più di 5mila preferenze. Il leader di Azione dice di essere «felicissimo» del risultato, mentre accoglieva nel partito gli ex finiani del movimento La buona destra di Filippo Rossi.
Ma nella sua inesorabile marcia verso destra, Calenda si sta perdendo mezzo partito. Negli ultimi due giorni, Azione ha visto una raffica di dimissioni dei suoi quadri dirigenti, che accusano Calenda di dirigismo, di ingerenze nella gestione locale e di continua incertezza e cambi di linea. Ma soprattutto, gli imputano la rottura del percorso con Italia Viva e non credono alla sua linea, che invece attribuisce a Matteo Renzi tutta la responsabilità per la fine del percorso comune.
Emilia-Romagna, addio
La regione ad aver subìto le defezioni più gravi è l’Emilia-Romagna e la città di Modena in particolare, patria del braccio destro di Calenda, il senatore Matteo Richetti. Qui si è dimessa la segretaria e consigliera regionale Giulia Pigoni insieme a tutta la dirigenza locale.
«Registro un forte scontento della base per le giravolte continue sia alle scorse politiche sia nel caso del partito unico. Le nostre richieste sono state totalmente inascoltate», dice Pigoni a Domani. La decisione, spiega, è stata presa dopo una riunione avvenuta dieci giorni fa, in cui i vertici del partito avevano confermato l’intenzione di correre da soli alle prossime europee e hanno criticato i dirigenti locali per il calo di iscritti. Per questi motivi, Pigoni ha deciso così di passare a Italia viva. «Renzi è l’unico ancora disposto a federare qualche cosa», dice.
Insieme a lei passa a Iv anche la deputata Naike Grupponi, imprenditrice eletta alla Camera nel collegio di Bologna. «Italia Viva è il partito con più struttura e visione – dice oggi – Azione si è trasformato da casa dei riformisti in casa Calenda».
Matteo Richetti, che era presente alla riunione di dieci giorni fa, oggi non vuole commentare. «Faccio gli auguri a tutti», dice. Ma nel partito romano il clima resta teso. Dopo le dimissioni di Pigoni e Grupponi, sono arrivate quelle dell’intero gruppo dirigente modenese, guidato dal segretario Pietro Borsari.
Le dimissioni, spiega Borsari, sono dovute alla decisione del nazionale di non proseguire i rapporti con Italia viva, che pure sul territorio erano andati avanti «proficuamente». La scelta delle dimissioni, di fronte allo scoramento di tanti iscritti, dice Borsari, ora serve a «mandare un segnale forte ai vertici di Roma che possa spingere il partito a una riflessione profonda».
Dal Piemonte a Firenze
Azione ha poi perso un altro segretario regionale, il piemontese Gianluca Susta. Anche lui protesta contro la decisione di spezzare l’alleanza con Renzi. «Non condivido una linea politica che parte dal presupposto che l'inaffidabilità di Italia viva è tale al punto che non si torna indietro dalla linea di rottura della costruzione del partito unico in vista delle europee». Ma Susta non lascia il partito e annuncia che continuerà a lavorare dentro Azione come semplice militante.
Un’altra defezione verso Italia viva arriva da Firenze. Il segretario cittadino Franco Baccani ha annunciato il passaggio con le consuete motivazioni: «Aderisco a Italia viva perché è il soggetto che ha dimostrato di voler davvero costruire seriamente quel polo liberaldemocratico che guarda a Renew Europe e che oggi ha un grande spazio politico».
Un partito in pezzi
La fila di abbandoni e dimissioni di questi giorni era già stata anticipata dall’addio di Niccolò Caretta, ex segretario in Lombardia che aveva trascorso due anni impegnato a costruire l’ossatura di Azione nella regione più produttiva d’Italia.
Scavalcato alle ultime regionali sia nella scelta dell’alleanza con Moratti che in quella della composizione delle liste, Carretta ha lasciato in polemica dopo il voto dello scorso febbraio. Critico con la rottura del progetto di partito unico («Sonore sconfitte e scelte sbagliate prese senza ascoltare. Ma la colpa è sempre degli altri»), in questi giorni si è limitato a fare gli auguri a Pigoni e Grupponi per il loro ingresso in Italia viva.
Nonostante il terremoto, Calenda per ora non sembra intenzionato a cambiare linea, ne a fare alcuna concessione ai fuoriusciti. «Mentre io stavo in giro per le amministrative per cercare di prendere voti – ha detto Calenda – Renzi è andato da una parlamentare di Azione e l'ha convinta a passare con lui. Uno che fa una cosa del genere poi ti chiede di andare alle europee insieme?».
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