«Questa è una piazza è una promessa, è un progetto», ha concluso ieri Elly Schlein la manifestazione del Pd, aperta con le note di Stayin' Alive dei Bee Gees e chiusa con Bella ciao, ballata dalla segretaria circondata da giovani, i dirigenti tutti giù. Il pomeriggio di piazza del Popolo rappresenta, è stata la segretaria a dirlo, l'inizio di una fase nuova, la fase due della sua leadership, quella decisiva. Così come, specularmente, anche Giorgia Meloni è entrata in un secondo tempo della sua partita, dopo quasi tredici mesi di governo.

Per entrambe, il punto di arrivo sono le elezioni europee del 2024, tra sette mesi. Per la premier è il momento degli appunti da sventolare on line come cambiamenti epocali. Per la leader del Pd è l'ora di dimostrare che l'alternativa al centrodestra si può costruire, con «le altre opposizioni», che Schlein ha più volte ringraziato, senza mai chiamarle per nome. Il principale potenziale alleato era lì, nel backstage, il capo del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte, applaudito dalla piazza. A nominare lo scomodo partner è stata, a sorpresa, la neo-sindaca di Foggia Maria Aida Episcopo, l'ultima a parlare prima di Schlein. È stata lei a citare come primo partito della coalizione vincente nella città pugliese M5s, seguito dal Pd. E qui la reazione della piazza è stata molto meno calorosa. Il sondaggio di Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera di ieri fotografa infatti una destra in crisi di consenso nella doppia versione FdI e Lega, ma anche un Pd al 18 per cento e il Movimento di Conte al 17, a un solo punto. Per Elly Schlein è forse il principale fronte aperto.

Il Pd dell'11 novembre è apparso diviso in tre. Il retropalco dei dirigenti, rimasti rigorosamente nascosti agli occhi: gli eterni (Franceschini, Zingaretti, Guerini, Fassino), gli aspiranti eterni (Boccia), i contingenti (gli uomini e le donne della segretaria).

C'era poi il palco, i tanti interventi che nel complesso servivano a dare l'immagine dell'Italia cui Schlein vorrebbe dare voce: la sanità pubblica ferita, il lavoro, le famiglie arcobaleno, i migranti, i diritti sociali e civili, gli amministratori della Romagna e della Toscana alluvionate. E infine la piazza, che assomigliava alle piazze del Pd viste altre volte: un pezzo di paese pulito. Nell'insieme: un vecchio partito reduce da mille sconfitte e da riforme mancate, con i suoi generali che non si sono vergognati di vergognarsi del loro partito e che hanno spalancato le porte alla destra; un mondo associativo e intellettuale che in tanti anni di crisi è venuto giù e anche in qualche intervento sul palco è riuscito a nascondere la mancanza di abitudine a un confronto con la politica; una piazza partecipe ma anche un po' disorientata. La manifestazione di ieri era la sintesi della frattura che si è creata in questi anni, tra un mondo della politica ufficiale, distante dalla società, e pezzi di società a loro volta chiusi in una auto-referenzialità che spesso diventa inconsistenza politica. Per la politica è il problema, per il Pd è il dramma.

Di questo dramma bisognerà tornare a ragionare. Ma ieri a fare da cerniera tra questi tre mondi c'era solo lei, Elly Schlein. L'unica sintesi possibile, difficile da aggirare, nonostante le bordate quotidiane che le riversano addosso avversari e amici. Una frontiera, anche: posizione scomoda, che rischia di scontentare tutti. Il punto di partenza è questo, si sapeva già, le macerie di anni di incuria. Il punto di arrivo, se la riforma Meloni non è un bluff totale al tavolo da poker della destra, è lo scontro referendario in arrivo sul cambio della Costituzione e poi, in caso di approvazione, la ricerca di una leadership da contrapporre alla premier che punta a essere la prima eletta direttamente dai cittadini. Una strada è stata indicata ieri da Rosy Bindi su La Stampa: costituire subito i comitati di difesa della Costituzione, su modello di quelli creati dal monaco Giuseppe Dossetti nel 1994, citato da Sergio Mattarella nel suo discorso al meeting di Rimini la scorsa estate.

Chi ha memoria, però, ricorda che i comitati del 1994 contro le proposte di riscrittura della Carta del primo berlusconismo furono seguiti, nel 1995, dalla nascita dell'Ulivo di Romano Prodi. Il no che tenne insieme le opposizioni di allora erano la premessa di una nuova coalizione di centrosinistra, con un leader in grado di tenerla insieme. E allora verrà il momento in cui le figure di cerniera, sintesi, frontiera torneranno utili. Una promessa, un progetto.
 

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