Al Senato arriverà il via libera al testo di Calderoli. Ora è possibile l’ok definitivo anche prima delle Europee. E Meloni è in affanno: vacilla la strategia di fare il pieno di voti nel Mezzogiorno
Sulle riforme il primo set è stato vinto dalla Lega. Come in una lunga partita a tennis, non importa la qualità dei colpi, ma l’aver messo a segno i punti al momento giusto. Anche grazie a un campione nello sfiancamento degli avversari, e in questo caso pure degli alleati: il ministro degli Affari regionali, Roberto Calderoli. E così, al massimo entro domani, il partito di Matteo Salvini potrà brindare all’approvazione dell’autonomia differenziata al Senato, un balzo fondamentale in vista dell’approvazione definitiva.
Dopo, infatti, resta solo l’esame alla Camera e la riforma – la madre di tutte le riforme per qualsiasi leghista d’antan – potrà diventare legge. Riscrivendo la geografia istituzionale dell’Italia verso un federalismo versione strong. La grancassa trionfalistica è già pronta, inaugurata da Alberto Stefano, deputato e segretario della Lega in Veneto: «Un risultato storico merito dei militanti della Lega».
Autonomia vs premierato
Salvini e soci, quindi, potrebbero sventolare la bandiera del via libera definitivo prima delle europee di giugno. La strategia perfetta per cercare una risalita dei consensi tra gli elettori del nord, Veneto e Lombardia in testa, ma anche in Piemonte. Le condizioni tecniche ci sono tutte, dipenderà solo dalle forze di maggioranza: alle opposizioni restano solo armi spuntate. A Palazzo Madama potranno esporre per un tempo limitato le rimostranze. Poi si rimetteranno al voto che si annuncia scontato. Certo, la situazione crea più di qualche imbarazzo negli alleati di Fratelli d’Italia, che puntano a fare il pieno di voti al Mezzogiorno, prendendosi i bacini elettorali che un tempo furono di Silvio Berlusconi. Un bel rebus per la presidente del Consiglio.
Anche perché la riforma costituzionale per il premierato, tanto cara a Giorgia Meloni, va inevitabilmente a rilento perché necessita di più passaggi: prima le audizioni, in cui peraltro non mancano rilievi mossi dai costituzionalisti, e poi i vari step a Montecitorio e Palazzo Madama. C’è bisogno di quattro letture per arrivare al via libera finale, almeno dal punto di vista parlamentare. Perché poi potrebbe esserci il referendum. Insomma, l’ipotesi di un cammino di pari passo con l’autonomia differenziata, almeno per la prima approvazione, è ampiamente sfumata. La Lega sta per ricevere il semaforo verde del Senato, nonostante i 366 emendamenti e le pregiudiziali di costituzionalità presentate dalle opposizioni. La sfida si sposterà per forza di cose alla Camera.
Ma già a febbraio il provvedimento potrebbe essere incardinato in commissione Affari costituzionali per far partire l’iter. C’è tutto il tempo per l’approvazione in aula entro la primavera e quindi prima del voto delle europee. In quella sede Salvini spingerà per un via libera senza alcun ritocco, chiudendo la pratica. Ma da Fratelli d’Italia si solleva più di qualche sopracciglio per manifestare scetticismo. Non c’è necessità di fare di corsa, è il ragionamento informale che filtra dal partito di Meloni. «L’itinerario della riforma, e lo stesso vale per il premierato, è aperto a miglioramenti», dice a Domani Gianfranco Rotondi, democristiano di lungo corso (e leader della sua piccola Dc) ed ex ministro berlusconiano, oggi però in parlamento con Fratelli d’Italia. Secondo Rotondi, «il tema centrale è una assicurazione blindata della parità di diritti di tutti i cittadini in materia di assistenza sanitaria». Un po’ di affanno c’è tra i parlamentari del sud. E Marco Sarracino, deputato del Pd, attacca proprio gli eletti al sud: «L’autonomia del governo Meloni prova a spaccare il paese. Tutto questo avviene nel silenzio dei parlamentari meridionali, che così abbandonano quei territori che dovrebbero rappresentare». I dem e il Movimento 5 stelle hanno aderito ai presidi di protesta promossi oggi dai comitati contrari alla riforma.
Calderoli superstar
Poco conta per la Lega. Il set, quello più importante, è stato portato a casa. Calderoli è stato sia la mente che il braccio dell’operazione. Il ministro, con la sua lunga esperienza parlamentare, ha smussato i nervosismi degli alleati e respinto gli assalti delle opposizioni, accogliendo i rilievi e modificando il testo iniziale. Ed evitando strappi netti, perché ha avuto l’intuizione di incardinare il testo fin dall’inizio della legislatura. In questo modo il passare del tempo non ha rappresentato un problema. Nemmeno il giudizio dei tecnici del servizio bilancio del Senato, che in un dossier hanno denunciato le storture e il danneggiamento delle regioni più vulnerabili. E nonostante i tentativi di dilatare la partita dell’autonomia Calderoli ha portato avanti il provvedimento. Fino all’approdo in aula. E adesso punta al match point: varare l’autonomia differenziata prima che il premierato riceva l’okay in prima lettura.
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