Non solo la sospensione di Ambrosi: in provincia i deferimenti ai probiviri sono all’ordine del giorno. Ma dalla periferia sta montando il malcontento verso via della Scrofa
Il crepuscolo dell’Impero romano iniziò con le prime invasioni dei barbari venuti dal nord. Così, anche per la piramide romana che gestisce con pugno di ferro Fratelli d’Italia le prime scosse arrivano da un territorio periferico come il Trentino.
Dentro il partito è cosa nota che non si muova foglia senza l’approvazione di via della Scrofa, che passa lungo la filiera che collega la sorella della premier Arianna Meloni, il marito e ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, e il loro braccio operativo, il deputato Giovanni Donzelli. «Una gestione militare e senza appello», come la descrivono fonti interne al parlamento, «con una prepotenza che gli deriva dalla convinzione che nessuno si azzarderà mai a mettersi contro di loro».
In effetti è ancora così: i malumori territoriali vengono ingoiati nel silenzio ufficiale, ma l’insofferenza sta montando e ha iniziato a prendere forma in quel Trentino periferia dell’impero, dove però le radici autonomiste e di autogoverno sembrano aver provocato l’alzata di capo degli eletti davanti all’ennesimo schiaffo.
Il punto di non ritorno è stato il sabotaggio subito dalla deputata Alessia Ambrosi, che sta pagando la sua contrapposizione con il commissario provinciale (ma bolzanino di nascita ed eletto in Veneto), Alessandro Urzì, che ha come riferimenti nazionali il duo Donzelli- Lollobrigida. Aspirante candidata al congresso per guidare il partito locale con l’appoggio della maggioranza di FdI e col ministro Adolfo Urso come riferimento nazionale, su Ambrosi si è abbattuta la mannaia dei probiviri che l’hanno sospesa per 15 giorni, giusto il tempo necessario di impedirle di competere. Il suo torto, guarda caso, è stato di aver criticato pubblicamente Urzì – che l’ha deferita al “tribunalino” – per la gestione delle elezioni provinciali del 2023 in cui FdI ha perso circa la metà dei voti conquistati alle politiche.
Gli scontri
Il risultato è che l’unico candidato rimasto per la guida del partito provinciale è Alessandro Iurlaro, diretta emanazione di Urzì e per il quale il commissario – che dovrebbe essere neutro e di garanzia – starebbe facendo campagna elettorale, con messaggi WhatsApp che girano nelle chat dei militanti. Gli amministratori eletti con FdI, però, hanno mal accolto la decisione romana.
Con una iniziativa più unica che rara rispetto all’allineamento alle scelte del vertice, hanno lanciato un appello per lo slittamento del congresso di una settimana, in modo che Ambrosi possa rientrare in corsa per scongiurare il rischio di un «congresso gravemente falsato».
Peccato che anche questa sia stata percepita come una iniziativa indebita e tutti gli amministratori che hanno sottoscritto l’appello hanno ricevuto una lettera firmata da Donzelli che è stata interpretata come l’ennesimo deferimento ai probiviri. «È una notizia falsa che lede il partito», ha tuonato Urzì. Che una lettera sia arrivata e contenga un riferimento alla violazione del codice etico del partito, però, è notizia confermata.
E non è finita qui. Ieri davanti ai probiviri e sempre ad opera di Urzì è arrivato anche il consigliere provinciale Claudio Cia – già sospeso dal partito ed espulso dal gruppo - e l’aspettativa è di una espulsione definitiva. Cia, che ha portato in Trentino FdI e nel 2023 è stato il secondo più votato in lista, si è presentato davanti alla commissione con la sensazione di un esito già scritto.
Urzì ha portato davanti ai garanti nazionali il fatto che lui sia stato nominato assessore dal presidente leghista, Maurizio Fugatti, senza passare per il commissario e dunque in danno al partito. Dopo un braccio di ferro è arrivata la revoca dell’incarico e la frattura ormai insanabile. «Non sento alcuna necessità di chiedere una riabilitazione, ma solo di onorare la verità sulla gestione del commissario, con comportamenti estranei alla cultura trentina», ha scritto Cia ai probiviri.
Questi sono i due casi più recenti, ma a inizio gennaio è emerso anche un chat gate, sollevato dal quotidiano “ilT”: Urzì avrebbe condiviso per iscritto via chat il contenuto di un audio non autorizzato tra de Bertoldi e Ambrosi, mentre discutono di come minare l’accordo per la vicepresidenza provinciale di una eletta di FdI. Fatto grave, visto che le intercettazioni di parlamentari sono illecite, che avrebbe provocato anche l’apertura di una pratica in procura.
La regola aurea di FdI è l’egemonia incontestabile di via della Scrofa che però, secondo un dirigente nazionale, «sta diventando sempre più antidemocratica, nemmeno nella Russia di Stalin c’erano queste epurazioni». Per ora nessun big del partito intende mettere la faccia su questa insofferenza, segno della forza che ancora ha la piramide che fa capo alla cerchia familiare della leader Giorgia Meloni. Eppure dalle periferie sta montando l’onda che potrebbe travolgerla.
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