Forza Italia ha tentato senza successo di bloccare la messa in onda della puntata su Berlusconi. Ora Gasparri promette conseguenze, ma gli alleati non lo sostengono
Fratelli d’Italia non dimentica. Anzi, alla prima occasione si vendica, o per lo meno rende pan per focaccia. È quello che è successo domenica sera con la messa in onda della puntata di Report dedicata all’eredità di Silvio Berlusconi e alla sua storia con Marta Fascina: in giornata si era fatto sentire soprattutto il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, che si era messo in contatto con viale Mazzini per polemizzare sull’opportunità di trasmettere il programma, andato in onda a urne ancora aperte. Nulla da fare, la Rai non ha ritenuto le elezioni suppletive nel collegio di Monza – quello in cui era stato eletto Berlusconi, per l’appunto, e dove batte il cuore pulsante della dinastia, ad Arcore – motivo sufficiente per ritoccare la scaletta del programma di Sigfrido Ranucci.
Una decisione che non avrebbe stupito in altri tempi, ma nel momento in cui ai vertici della Rai si collocano uomini di fiducia di Fratelli d’Italia tanta indisponibilità nei confronti dell’alleato è spiegabile soltanto con un certo gusto di rivincita nei confronti di Forza Italia: i Berlusconi, e di conseguenza tutti i colonnelli di Forza Italia, non vogliono aver saputo nulla della messa in onda dei due fuori onda di Andrea Giambruno, ex compagno della presidente del Consiglio scaricato a mezzo social dopo le sue dichiarazioni. E dopo che Striscia ha provocato la separazione della premier, allo stesso modo dalle parti di FdI nessuno si è affannato per intervenire sulla trasmissione d’inchiesta.
A poco sono servite le proteste di ieri di Gasparri, che a più riprese ha accusato Report di infangare Forza Italia. Il senatore ha detto che «la cultura del sospetto e della denigrazione ha trovato ampio spazio, peraltro ad urne aperte dal nord al sud per vari tipi di elezioni. Con intenti denigratori e diffamatori per un uso politico della Rai, simile all'uso politico della giustizia che fanno alcune toghe rosse». E ancora: «Che hanno da dire i supremi vertici della Rai della ulteriore vergogna che ricopre Report che dà spazio, fingendo di prendere le distanze, a notizie fantomatiche? Vogliamo audizioni immediate perché è uno sconcio ed una assoluta vergogna tutta questa vicenda».
La strategia in commissione
Per ora, il calendario della commissione di Vigilanza si limita all’audizione della Tgr Alessandro Casarin in programma per questa sera. Verosimilmente Gasparri darà sfogo alle sue richieste nell’ufficio di presidenza convocato per mercoledì mattina per bocca di Roberto Rosso, capogruppo di Forza Italia. Per ora, gli alleati però non si strappano le vesti per correre in soccorso a Forza Italia, anzi. Nessuna dichiarazione in chiaro su Report, che in passato è stato spesso oggetto delle attenzioni di meloniani e leghisti. Tutto tace: solo a taccuini chiusi qualcuno si lascia andare a qualche considerazione sulla vicenda. «Alla fine è sempre andato in onda, perfino quando si parlava di La Russa». Dalle parti di via della Scrofa non hanno dimenticato la puntata dedicata alla famiglia del presidente del Senato, che aveva a sua volta suscitato proteste e prodotto un’interrogazione ancora da depositare. Segue un consiglio beffardo ai cugini-rivali di Forza Italia: «Non è si può intervenire su ogni puntata». Si rischia di dare un alibi a Ranucci e i suoi, è il ragionamento, e dare fondamento a eventuali accuse di censura.
D’altra parte, il responsabile territori di Meloni l’aveva fatto capire, alla kermesse di partito di domenica al teatro Brancaccio. «Nessun problema» con il Biscione secondo Giovanni Donzelli. «Noi guardiamo con attenzione tutte le grandi aziende strategiche, non Mediaset in particolare». Nell’attesa che la vicenda dei fuori onda possa avere una coda velenosa con conseguenze sulle televisioni di famiglia, i Berlusconi intanto hanno dovuto assistere inermi alla messa in onda della puntata di Report, senza che nessuno dei tanti responsabili, né il direttore degli approfondimenti Paolo Corsini, né il direttore generale Giampaolo Rossi, ma neanche l’amministratore delegato Roberto Sergio, si mettessero di traverso.
Certo, se Rosso dovesse impuntarsi durante l’ufficio di presidenza per la convocazione dei vertici e di Ranucci a proposito di questa vicenda gli alleati non potranno che seguirlo e sostenere la sua richiesta. Che facciano le corse, però, è da escludere.
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