La regola della televisione è che chi gestisce il direttore artistico del Festival è il vero padrone del palinsesto. Ecco i retroscena di un sistema che sta cambiando viale Mazzini. Ma su cui potrebbe pesare un divorzio storico
“Buongiorno a tutti #menouno”. Il tweet mattutino di Lucio Presta è sempre lo stesso, da anni, ma chi o cosa sia l’uno non si è mai capito. Quel che è certo, però, è che l’imprenditore attualmente ha un posto al sole, di cui godono anche quelli che gli stanno intorno. Perché ormai il nome che bisogna fare per avere un programma in Rai è quello dell’agente cosentino, che con la sua Arcobaleno3 è diventato padrone indiscusso dei palinsesti Rai e, soprattutto, del festival di Sanremo. A scapito del suo rivale di sempre, Beppe Caschetto.
La costellazione non è sempre stata così favorevole all’imprenditore dello spettacolo, ma a partire dal 2020 l’ex ballerino “Nato con la camicia”, come recita il titolo della sua autobiografia, ha scalato le gerarchie del business della tv: il punto di svolta è stato l’inizio del ciclo di conduzioni di Sanremo di Amadeus, attualmente il più desiderato degli artisti rappresentati da Presta, che condurrà quest’anno anche L’anno che verrà, per la settima volta di fila. Meglio di lui solo Carlo Conti, che ne ha all’attivo nove.
Il conduttore, in stato di grazia, nel 2020 era stato voluto al festival dall’ex direttrice di Raiuno, Teresa De Santis, poi defenestrata per la gioia di Giampaolo Rossi per non aver voluto avallare la nomina a vicedirettore di Angelo Mellone. Peccato che Amadeus starebbe per lasciare il suo storico agente, con un divorzio che sarebbe clamoroso, come anticipato ieri da Italia Oggi. Ne abbiamo chiesto conto a Presta, ma non ha voluto commentare.
Lo strapotere
Chi sa di televisione conosce bene i meccanismi che regolano la trattativa tra i dirigenti e gli agenti: «Se vuoi, per dire, Antonella Clerici devi accettare anche una serie di emergenti della scuderia da piazzare in palinsesto» dice chi ha esperienza nell’invenzione di nuovi programmi. Poi, chiaramente, c’è il pezzo da novanta, il direttore artistico di Sanremo: in un sistema che considera il festival il vero Natale della televisione italiana e si organizza definendo le proprie priorità e la (mancanza di) controprogrammazione di conseguenza non potrebbe essere diversamente.
Oltre a determinare gli altri artisti che calcheranno il palco dell’Ariston – o nel caso di Amadeus e Presta, perfino gli ospiti che siedono nel pubblico, visto che la presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella al festival dello scorso anno è stata garantita dalla mediazione dell’agente con il portavoce Giovanni Grasso – l’agente del direttore artistico ha anche tradizionalmente una posizione più forte per quanto riguarda la spartizione dei palinsesti.
A Sanremo 2024, per esempio, è rappresentata da lui anche una delle co-conduttrici, Lorella Cuccarini: quando la showgirl ha detto in un’intervista che «Sanremo era l’ultima cosa che avrei immaginato», i maligni hanno commentato che lo stupore era il sentimento più improbabile per una delle più quotate per un ingaggio in quanto della stessa scuderia del conduttore.
La regola non scritta che norma la spartizione è stata fondamentale soprattutto nell’epoca in cui il mercato era diviso tra Presta e Caschetto, l’altro grande protagonista del business dello spettacolo. Per individuare i momenti di grazia di ciascuno basta scorrere la lista dei conduttori di Sanremo: Presta la fa da padrone con i festival di Paolo Bonolis, Antonella Clerici e i due anni di Gianni Morandi (ovviamente senza tener conto del dominio delle ultime cinque edizioni di Amadeus).
Caschetto dalla sua ha le quattro edizioni di Fabio Fazio: elemento di rottura nella lista è Claudio Baglioni – edizioni 2018 e 2019 – che è seguito dalla Friends and partners di Ferdinando Salzano, che da parte sua si muove a cavallo fra musica e spettacolo. Non sono in tanti: musica e televisione sono mondi che comunicano ma in genere non sono sovrapponibili, motivo per cui analizzare le appartenenze degli artisti che si sfidano all’Ariston è ancora un’altra storia.
Nella squadra di Salzano figurano comunque nomi di peso come Annalisa, Antonello Venditti e Francesco De Gregori: in quei festival Presta quasi non toccò palla, i coconduttori del cantante romano erano Michelle Hunziker (Notoria lab, l’agenzia di Grazia Lapedota, ex braccio destro di “Franchino” Tuzio che segue anche Ilary Blasi e Silvia Toffanin) e Pierfrancesco Favino (legato alla Tna), Virginia Raffaele (con Caschetto) e Claudio Bisio.
Le varie edizioni del festival sono un’ottima prova di quanto potere abbiano gli agenti nel business della tv. Chiunque abbia mai dovuto compilare un palinsesto conosce i due e ha dovuto trovare l’equilibrio perfetto per mettere a terra il programma che aveva in mente e soddisfare le richieste del rappresentante di turno. Sfuggire è quasi impossibile: «Se anche formo un conduttore giovane, lo faccio crescere e inizia a diventare un volto, sono certo che dopo pochissimo me lo sfilano» racconta chi di palinsesti ne ha messi insieme parecchi. «Gli promettono una tranquillità che non possiamo garantire noi della rete e così il gioco ricomincia».
La squadra
Per ricostruire lo schema di Presta bisogna scandagliare anche il resto del palinsesto, sia Rai sia Mediaset: l’agente calabrese ha nella sua scuderia nomi come Antonella Clerici, il cui profilo già circola per il dopo-Amadeus all’Ariston, l’intramontabile Ezio Greggio ed Eleonora Daniele, al timone di Storie italiane (e Storie di sera).
L’ex candidato sindaco di Cosenza (da indipendente ma con il sostegno del Pd di Renzi, una corsa terminata in fretta per motivi personali) e i suoi vanno in onda dalla mattina alla sera in Rai: Presta lavora anche per Annalisa Bruchi – che conduce Restart dopo Agorà nella mattinata di Raitre con risultati non sempre indimenticabili – e segue il volto di Unomattina Daniela Ferolla, oltre che Federico Quaranta e Tinto (all’anagrafe Nicola Prudente), habitué dei programmi di racconto del territorio e dei branded content del daytime di Angelo Mellone.
Ma il grande successo di questa stagione per Presta è stata la conquista dell’Eredità. Il gioiellino di Raiuno che lancia il Tg1 ed era stato sfilato a Flavio Insinna per destinarlo all’amico personale di Giorgia Meloni Pino Insegno a gennaio, grazie al via libera di Mellone, ripartirà con la conduzione di Marco Liorni. Il conduttore che Diego Righini, il manager di Insegno ha definito niente meno che Presta’s boy.
«La guerra è con lui. Lui mi fa la guerra e io la faccio a lui. Lui si nasconde, io no. C’ha 16 conduttori… ma che vuole? Perché deve rompere a Pino? Forse perché non vuole vederlo competere coi suoi… Vedrà, adesso Presta farà di tutto perché lui ha timore che Pino faccia l’1-2 per cento in più rispetto a Liorni». Le parole dell’agente hanno suscitato l’ira di viale Mazzini, che ha dato mandato ai legali Rai per verificare la posizione dell’agente. Che fine farà Insegno, dato tempo fa come favorito per un programma radio, resta da vedere.
Gli equilibri di Mediaset e La7
Ma Presta – che rappresenta Roberto Benigni, ma pure Checco Zalone, per soddisfare tutti gli appetiti – ha le mani in pasta anche a Mediaset, dove ha fatto approdare lo scorso settembre Myrta Merlino: una trattativa che però si sta rivelando un pacco. Alla giornalista doveva andare una prima serata, ma l’arrivo di Bianca Berlinguer, a sua volta rappresentata da Caschetto, l’ha fatta “retrocedere” al pomeriggio di Canale 5, dove viene regolarmente staccata di diversi punti di share dalla Vita in diretta di Alberto Matano.
La capacità di Presta di salvare i suoi protetti si misurerà comunque a gennaio, quando ci sarà da definire il destino di Barbara D’Urso, da poco riappacificata con l’agente. Nel 2024 scadono gli ultimi scampoli di contratto con Mediaset, da dove Pier Silvio Berlusconi l’aveva allontanata senza permetterle nemmeno di salutare il suo pubblico. L’attesa per la vendetta di Presta, uno dei suoi più grandi talenti, è altissima.
Il destino di D’Urso, però, è legato a molte variabili: il tipo di televisione che fa e il suo stipendio non sono cosa da tutti, e poi la Rai ha già messo gli occhi su Massimo Giletti – rappresentato dal sottosegretario di FdI Giammarco Mazzi, ex socio di Presta – come peso massimo da riportare in azienda. Anche per quanto riguarda l’approfondimento Rai, però, Presta ha portato a casa un bel risultato quest’anno: è “sua” la conduttrice dell’ultimo programma di approfondimento politico in prima serata, Nunzia De Girolamo.
Salvo Sottile, al timone della prima serata del lunedì con le sue inchieste, è seguito invece da Caschetto. Ma è ormai un panda, uno degli ultimi giornalisti dell’agente “di sinistra”: il resto della sua ciurma si trova ormai altrove, sparso tra La7 e addirittura Nove, dove si è accasato il suo insieme a Luciana Littizzetto. Una scelta a metà tra la rivendicazione politica e la separazione consensuale tra giornalisti e azienda.
In Rai resistono come gli ultimi giapponesi Geppi Cucciari, Alessia Marcuzzi (che deve però fare i conti con uno stop al suo Boomerissima) ed Ema Stokholma. Saltato anche il programma del “suo” Roberto Saviano, Caschetto può consolarsi con una posizione fortissima in La7, dove rappresenta Lilli Gruber, Massimo Gramellini, Giovanni Floris e Corrado Formigli. Lavora con lui anche Lucia Annunziata, altro doloroso addio alla Rai prima della scadenza del contratto.
Insomma, una vera e propria spartizione a geometrie variabili dei generosi compensi che portano a casa artisti e giornalisti rappresentati dal duopolio. In Rai, in realtà, ci sarebbero delle regole da seguire per arginare lo strapotere del sistema: due legislature fa, nel 2017, la commissione di Vigilanza aveva prodotto un atto di indirizzo che obbligava l’azienda ad adottare procedure volte a evitare possibili conflitti d’interesse.
Nonostante le ripetute richieste di notizie sulla situazione in azienda da parte dell’allora presidente (oggi sottosegretario all’Editoria) Alberto Barachini e del segretario Michele Anzaldi, viale Mazzini non ha mai voluto diffondere un quadro della situazione. Rai non ha mai nemmeno mai voluto mettere in atto il provvedimento, ritenuto superato da un articolo della legge di riforma dell’audiovisivo che affidava all’Agcom il compito di regolamentare la materia.
Due anni dopo, le linee guida di Agcom sono arrivate – nonostante qualche aspetto da limare, segnalato al governo dall’authority – e hanno raccolto alcuni dei punti sollevati dalla vigilanza, come il divieto di rappresentare più di tre artisti in una produzione e partecipare contemporaneamente alla produzione del programma. Dall’epoca, però, di esposti per comportamenti contrari alle regole all’autorità non ne sono mai arrivati, da parte di nessuno: quasi che il bisogno di scardinare il sistema non fosse poi così forte.
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